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Gusto

Piccolo è buono

Producono meno di 50 mila bottiglie l’anno e collezionano i riconoscimenti delle guide enologiche più importanti. Viaggio tra le migliori micro-aziende vinicole del Belpaese

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Un vecchio adagio del mondo del vino dice che fare 10 mila bottiglie buone è facile, mentre il difficile è farne almeno dieci volte tanto. Nonostante la dimensione media piuttosto bassa delle aziende vinicole in Italia, in realtà quelle davvero piccole che raggiungono l’eccellenza in fatto di punteggi e riconoscimenti dalle guide principali (Gambero Rosso, Espresso, Bibenda Duemilavini, Slow Wine) sono davvero poche ma eccezionali. In Lombardia c’è una doc dove le eccellenze sono rare e spesso limitate alle bollicine, ed è quindi ancora più sorprendente trovare il mitico Barbacarlo, ovvero la creatura di Lino Maga in un Oltrepò Pavese poco frequentato dalle guide e dai premi. E invece questo vino da croatina, uva rara, vespolina, barbera è rarissimo e particolare, nato per dividere e impressionare presentandosi ogni anno diverso, secco o dolce, rifermentato o piatto, comunque intenso e unico. Da assaggiare prima di acquistare, ma certamente un’esperienza enoica tra le più irripetibili in Italia, soprattutto se riuscite a trovare una 2010. Per una zona più frequentata della regione consigliamo la Franciacorta, dove le piccole realtà eccellenti sono molte. Allora andiamo proprio da una piccolissima cantina, come le Colline della stella Arici che produce un Franciacorta Dosaggio Zero (a circa 25 euro in enoteca), un vero vino “da festa” grazie ai profumi di nocciola e crema pasticcera con un finale secco e sinuoso. Sempre di Arici, ottimo anche il Rosè, ancora più raro. Del Trentino si pensa spesso in termini di bollicina quindi, andando per piccoli numeri, puntiamo sul rosso ed ecco un nome nuovo, ma già pluripremiato come Elena Dalzocchio, che con il suo Pinot Nero Vigneti delle Dolomiti 2009 mette d’accordo (quasi) tutti: un vino dal colore rosso appena granato, che sa di mela e bergamotto, frutta di bosco, fragola e china, con bocca lieve all’inizio ma che prende corpo e slancio tra minerale speziato e una buona dose di alcol, risolta da un tannino ben estratto e un finale saporito e invitante. Per chi vuole vederlo nascere, viene prodotto sulla collina del Bosco di Rovereto, in regime bio quasi biodinamico, tramite fermentazione in tini di rovere aperti, poi affinato in piccole botti per 18 mesi. Sempre in Trentino non perdetevi le meraviglie di Eugenio Rosi in Vallagarina, un vigneron geniale e attento che quest’anno ha stupito con il Doron 2009, vino da uve rosse “stramature” a base di marzemino, il vitigno cantato da Mozart, che ne avrebbe apprezzato anche questa versione dolce e struggente.

Dai cugini (lontani) dell’Alto Adige l’eccellenza è ormai di casa e tra i piccoli segnaliamo l’ottima prova di Castel Juval con il loro Alto Adige Val Venosta Riesling Windbichel 2011, un concentrato di territorio, mineralità e intensità fruttata tra albicocca, resine e menta. Nelle Cinque Terre le dimensioni microscopiche sono la regola per evidenti motivi, ma di recente anche la qualità, sempre difficile in un territorio molto turistico come questo, è in crescita. Puntate sui rari preziosi ma non sempre costosissimi Sciacchetrà (si scrive con due “c” ma si legge con una sola, mi raccomando) unico passito nel Mediterraneo che non derivi da uve aromatiche (malvasie, moscati) ma dal vitigno “bosco”, che in pratica si trova solo qui. L’appassimento naturale e la vicinanza del mare producono prodigi di equilibrio dolce-sapido da brividi ed emozioni sublimi come nel caso di Buranco (che sfiora l’Eccellenza per l’Espresso ma guadagna il massimo riconoscimento con Bibenda e Gambero Rosso insieme a Forlini Cappellini). Vini con note di datteri e fichi, mandorle e ribes in confettura, bocca ampia e fitta dove non è raro incontrare succulenze di rabarbaro, menta e miele millefiori. Non è da meno il Centro-Sud con la chicca assoluta di Oasi degli Angeli nelle Marche e il loro celeberrimo Kurni, ricchissimo e concentrato Montepulciano in purezza, per poi passare alla Puglia con il mitico Es, capace per il terzo anno di fila di essere nominato vino più premiato d’Italia, un primitivo carnale e quasi feroce per intensità ma che si rivela insospettabilmente elegante e bevibile nel bicchiere e a tavola. Se sul Vulture quest’anno l’Aglianico più premiato è il Basilisco, con le sue note sulfuree e fruttate, in Campania stupisce per complessità ricchezza e soavità il Vino della Stella 2012, il Fiano di Avellino della cantina sperimentale di Raffaele Pagano. Se il Fiano d’Avellino è diventato il vino da conoscere per farsi notare in società, il suo percorso di qualità pare appena iniziato ed essere qui per restare. Questo Stella lo dimostra, mostrandosi vino di classe e forza con note di mango, miele, ginger, albicocca, menta e fior d’arancio, con struttura e sapidità, e apre la strada al rarissimo (solo mille bottiglie) JQN 203 Piante a Lapìo, vino archeologico dai più vecchi vigneti di Fiano presenti in zona, un puzzle di archeologia enoica che prova a raccontarci un’Irpinia diversa, fatta di boschi, vigne a piede franco quasi centenarie e botti di castagno che va riscoperta e gustata assolutamente.