Chi fa da sé, fa per tre
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Com’è che diceva quel proverbio tanto caro ai nostri nonni? «Chi fa da sé, fa per tre». Filosofia spicciola, terra-terra, una saggezza che tradisce un senso autarchico e individualista, ma rende bene le origini delle difficoltà in cui il sistema produttivo e, quindi l’economia stessa – non solo del nostro Paese ma dell’intero Occidente – sta affrontando in questa nostra travagliata epoca.
Già, perché gli effetti della pandemia e i ricatti della guerra in Ucraina hanno posto sul tavolo un’amara verità: demandare ad altri il flusso di commodity essenziali come l’energia, la componentistica elettronica così come le materie prime, ci pone nelle condizioni di dover dipendere dall’intemperanze e dalle contingenze altrui; Paesi, governi, multinazionali o baldi dittatori che siano.
La globalizzazione mostra così tutte le sue inevitabili lacune, quel che si dice il rovescio – drammatico – della medaglia. E per Paesi come l’Italia sono dolori. Basti vedere i viaggi della speranza che i nostri governanti sono costretti a fare per procacciare gas in giro per il mondo in vista dello stop delle forniture russe. E così come ci siamo mossi a livello europeo – seppur all’inizio in ordine sparso – per reperire i vaccini anti-Covid, per fortuna – con grande fatica e una certa confusione – stiamo piano piano cominciando a ragionare sul fatto che debba essere l’Europa unita a pensare a un grande piano per renderla meno ostaggio del fornitore di turno. Stiamo affrontando prove che, se sapremo coglierne il senso, potranno insegnarci (o forse obbligarci) ad assumerci una maggiore responsabilità a livello di sistema, sia esso Paese che Comunitario. Le diverse vulnerabilità delle singole nazioni, se affrontate insieme, possono contribuire a cementare un Continente che è certamente Vecchio, ma che ancora una volta sta dimostrando come permanga a livello globale la culla della – per quanto complicata, caotica e zoppicante – democrazia.
Dobbiamo abituarci a un nuovo modo di pensare e progettare la nostra economia, imparando ad approfittare di ciò che abbiamo (giacimenti di gas compresi), abituandoci a stringere relazioni sempre più costruttive con altri Paesi e aree (Mediaterraneo in primis), promuovendo la nascita di imprese tecnologiche destinate a supportare le esigenze produttive dei vari settori (la penuria di chip e batterie docet). Questo perché troppo spesso è accaduto che ci siamo fermati di fronte alle opposizioni mosse dalla sacrosanta salvaguardia dell’ambiente, rinunciando a risorse preziose per l’autonomia energetica del nostro Paese, solo perché non siamo stati abbastanza bravi da cercare nuove vie per conciliare economia ed ecologia. Oggi abbiamo a disposizione una tecnologia che ha del miracoloso. Approfittiamone! Armiamoci della consapevolezza della complessità, che è quanto le grandi aziende sono solite fare. Ecco, credo che sia giunto il tempo di diventare grandi, una nazione finalmente adulta.
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