
Si alza la vita media, calano le pensioni. Il 1° gennaio 2016 sono in arrivo nuovi coefficienti per il calcolo delle pensioni, che verranno ridotti, a seconda dell’età in cui si è smesso di versare i contributi, da un minimo dell’1,35 a un massimo del 2,50%. Un calo che va a sommarsi ai molti precedenti: dal 1995, anno in cui è entrata in vigore la riforma Dini, la discesa complessiva è pari al 12%.
I COEFFICIENTI. Nell’attuale criterio contributivo, i coefficienti si alzano se si resta a lavoro di più, abbassandosi qualora si scelga di andare in pensione prima. Con la revisione di essi, viene tenuto in considerazione l’allungamento della vita media: poiché, per ipotesi, l’assegno della pensione verrà ricevuto per più tempo, a parità di contributiversati l’importo sarà più basso. Una revisione, questa, che scatta automaticamente ogni tre anni; tale intervallo diventerà di due anni a partire dal 2019.
CALO DELLE PENSIONI. Nel 2016 avremo quindi, come risultato, pensioni in calo del 2% circa rispetto al 2015: nella pratica, pochi euro. Il taglio interesserà tutti i pensionati, ma risulterà più leggero per coloro che usufruiscono del sistema di calcolo misto, contributivo-retributivo: questi, infatti, continueranno comunque a beneficiare del più favorevole calcolo retributivo per la quota dianzianità maturata sino al 31 dicembre 2011, “sentendo meno” la revisione di gennaio.
LAVORARE DI PIÙ. La “soluzione”? L’unica possibile sembra sia lavorare più a lungo. Infatti, per godere della stessa pensione che si sarebbe ottenuta con i coefficienti del 1995, oggi un lavoratore dovrebbe restare attivo fino ai 69 anni, 4 anni in più rispetto ai 65 dell’epoca della legge Dini. La rendita pensionistica, dunque, è sempre più bassa, e ciò è determinato dal calo dei coefficienti, pari alla considerevole percentuale del 12% negli ultimi 20 anni.