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Lavoro

Lavori del futuro: in azienda 1 ruolo su 5 scomparirà entro il 2023

Dirigenti, Risorse umane e dipendenti a confronto sui trend del mercato del lavoro nei prossimi cinque anni

Il 2018 anno di importanti cambiamenti per le aziende italiane. Almeno sulla base del report globale realizzato da Mercer – Unlocking Growth in the Human Age – che ha messo a confronto oltre 7.600 dipendenti, Hr Manager, Executive e Board Members di 57 Paesi, tra cui l’Italia sui cambiamenti del mercato del lavoro nei prossimi cinque anni.

Preparare i dipendenti a un cambio di ruolo

Secondo il 71% dei top manager italiani (un dato tra i più alti a livello globale, di gran lunga superiore rispetto al 53% medio) almeno un ruolo su cinque nella propria azienda cesserà di esistere nei prossimi cinque anni. Per questo, essere in grado di preparare i dipendenti per un cambio di ruolo, o per la riqualificazione delle proprie competenze è fondamentale per ogni società. Purtroppo, solo il 31% delle aziende italiane sta aumentando l’accesso ai corsi di apprendimento online – il 9% in meno rispetto alla media – e ancora meno (il 17%) sta attivamente promuovendo la rotazione tra ruoli all’interno dell’azienda – anche qui, 9 punti percentuali sotto la media complessiva.

Offrire uno scopo e assistere i dipendenti: il compito delle aziende

Il 75% dei dipendenti che Mercer definisce “Thriving”, ovvero coloro che si sentono realizzati personalmente e professionalmente nella propria attività afferma che la loro azienda comunica un forte senso di direzione verso uno scopo. Nella loro ricerca di un significato da attribuire all’attività quotidiana, i dipendenti indicano di apprezzare nell’organizzazione la possibilità di movimento, in senso di crescita anche laterale, le opportunità di apprendimento e di sperimentazione. Se questi bisogni non vengono soddisfatti, i dipendenti sono pronti a cercare altrove maggiore soddisfazione (il 34% dei dipendenti attualmente soddisfatti dal proprio lavoro ha comunque manifestato il desiderio di lasciare l’azienda a causa di una mancanza percepita di opportunità di carriera, in linea con un dato globale pari al 39%).

Oltre ad offrire un senso di scopo, la “value proposition” delle società maggiormente attrattive ne prende in considerazione aspetti legati al benessere fisico e finanziario. I dipendenti italiani intervistati hanno dichiarato di trascorrere in media 7 ore lavorative a settimana preoccupandosi di questioni finanziarie, ma solo il 23% delle aziende ha già messo in atto politiche di sostegno ai dipendenti su queste tematiche – rispetto ad una media dell’intero campione pari al 26%.

Sono prioritarie anche la correttezza e l’equità delle politiche retributive e nel succession planning e opportunità di promozione: solo il 37% dei dipendenti italiani afferma che la propria azienda li garantisce, considerevolmente meno del 53% che sente di poterlo affermare su base mondiale.

Flessibilità e responsabilità: i due pilastri del lavoro

Permanent Flexibility: Come anticipato, i dipendenti chiedono oggi a gran voce maggiore controllo delle loro vite personali e professionali. I dipendenti desiderano opzioni di lavoro più flessibili e le organizzazioni intervistate si dichiarano pronti a recepire queste istanze: il 96% dei top manager considera l’offrire opportunità di flessibilizzazione del lavoro una parte fondamentale della value proposition della propria azienda (16 punti percentuali in più dell’80% della media globale).

Un dato da mettere a confronto con l’evidenza che sono il 15% dei direttori HR in Italia a considerare la propria azienda leader di settore in materia di opzioni di flessibilità o in cui la flessibilità sia visibilmente presente nelle scelte organizzative, e che oltre la metà (58%) dei dipendenti teme ancora che la scelta verso forme di lavoro flessibili possa incidere negativamente sulle loro prospettive di crescita – un dato di gran lunga superiore al 41% della media internazionale.

Talenti freelance

In un contesto in cui l’84% dei top manager italiani prevede un aumento della competizione per acquisire i migliori talenti, le aziende si rendono conto di dover prendere in considerazione un più vasto “ecosistema” e aggiornare i propri modelli HR in funzione di un’era digitale. Due aziende su cinque, nel campione globale, prevedono di ricorrere a formule non tradizionali nell’ingaggio di collaboratori nel 2018. A questa intenzione fa eco quell’83% (dato mondiale) di dipendenti di diverso livello, che prenderebbe in considerazione anche la possibilità di lavorare come freelance per più aziende.

Adottare questa mentalità implica anche un ripensamento del ruolo dei manager, chiamati non più a poter contare interamente sul tempo e la disponibilità di “sottoposti”, ma ad adottare una prospettiva di collaborazione, con talenti “trasversali” a dipartimenti o funzioni, spostando le competenze ove sono necessarie o creando hub di servizio dove le competenze già si accentrano con lavoratori molto qualificati ed esperti.

Poca tecnologia per l’HR

Digital from the Inside Out: il Report ha approfondito il tema della Digitalizzazione con particolare riferimento alla capacità della direzione HR di mediare la relazione tra i singoli e l’organizzazione aziendale attraverso la tecnologia. Nonostante il miglioramento rispetto alle risposte dello scorso anno, le aziende non si dichiarano ancora in grado di offrire una customer-experience di rilievo ai dipendenti, se non in misura pari al 14% – in linea con il 15% della media globale. Mentre il 62% dei dipendenti italiani ritiene che la tecnologia sia cruciale per il successo di business, solo un terzo (rispetto al 48% del dato Global) afferma di disporre degli strumenti digitali opportuni per svolgere il proprio lavoro e solo il 33% (anche qui, in rincorsa rispetto alla media del campione pari al 43%) interagisce già con le risorse umane attraverso canali digitali (ad esempio attraverso Employee Portal, piattaforme di gestione benefit, portali dedicati a percorsi di carriera, opportunità di crescita skill e gestione della formazione).

I top manager delle società italiane sono fiduciosi nella capacità dei loro HR manager di diventare un partner strategico nell’impostazione degli strumenti digitali per il futuro e convinti in percentuale pari all’82% che le direzioni Risorse Umane siano in grado di allineare la strategia HR alle priorità strategiche dell’azienda. Una fiducia che supera di 12 punti percentuali il dato internazionale.