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Lavoro

Il colletto verde

Il boom delle professioni legate all’ambiente. Come si diventa, quanto si guadagna e dove si studia per diventare manager della green economy

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Negli Stati Uniti, dove i neologismi vanno sempre di moda, li hanno già ribattezzati i “green collars”, i colletti verdi. Sono la nuova generazione di manager che lavorano nel campo della sosteibilità ambientale, del risparmio energetico e della ricerca di fonti di energia alternative al petrolio. Sul mercato del lavoro queste figure vanno a ruba: secondo le stime dell’American Solar Energy Society, un’associazione per l’energia pulita, oggi negli Stati Uniti ci sono otto milioni di colletti verdi, che potrebbero diventare 13 nel 2016. Il perché non è difficile da capire: con il prezzo del petrolio alle stelle e con il riscaldamento della terra che sembra minacciare il futuro dell’umanità, i governi dei Paesi industrializzati (almeno a parole) vogliono convertirsi a un’economia basata sull’energia pulita, sulla riduzione delle emissioni inquinanti e sulla salvaguardia dell’ambiente.

Ceo? No, CsoChe i proclami dei capi di stato siano sinceri o meno, poco importa. Sui mercati finanziari e in quello del lavoro la moda è comunque già iniziata e le figure professionali legate alla green economy spuntano come funghi. Aldilà dell’Atlantico la rivoluzione verde ha già toccato i piani alti della gerarchia aziendale, fino a raggiungere il top management. Tra i dirigenti delle aziende si trova non di rado la figura del chief sustainability officer, un manager che si occupa della sostenibilità del business. In che modo? Per esempio avviando programmi per il risparmio energetico o controllando l’impatto ambientale delle attività. Senza dimenticare gli aspetti più propriamente etici che consistono nel vigilare sul rispetto dei diritti umani di chi lavora per l’azienda e i suoi fornitori in tutto il mondo, Paesi in via di sviluppo compresi. In Europa, il chief sustainability officer, che ha quasi sempre una formazione economica, è ancora poco diffuso ma anche in Italia la caccia ai colletti verdi è iniziata. Anzi, in Italia le offerte di lavoro nella green economy sono tra le poche che, nel 2009 hanno registrato un aumento.Nei portali Internet dedicati alla selezione del personale, per esempio, la crescita annua di offerte di questo tipo è stata tra il 10 e il 20% mentre tutte le altre inserzioni si sono ridotte in media di oltre il 30%. «Le figure più ricercate sono di tipo tecnico, cioè laureati in ingegneria gestionale, ambientale, civile ed energetica», dice Nicoletta Botti, recruiting solution manager di Monster.it, portale italiano di selezione del personale. Secondo Botti è in ascesa anche il reclutamento di candidati con una formazione in discipline economiche e sociali. Tra i profili senior sono molto “gettonati” i dirigenti che hanno operato in aziende del settore energetico, in primis per i grandi gruppi come Enel o Eni ma anche per le più piccole utility locali. La necessità di assumere dei manager o dei laureati in economia, con una buona conoscenza dele dinamiche aziendali, ha una ragion d’essere ben precisa: oggi lo sviluppo dell’economia verde è legato a doppio filo al mondo della finanza e delle sovvenzioni statali. In altre parole, per avviare un progetto di green economy ci vogliono dei professionisti capaci di reperire sul mercato risorse finanziarie, trattando con le banche, le amministrazioni pubbliche o gli investitori istituzionali. Inoltre, occorrono degli esperti in grado di valutare la fattibilità economica di un investimento, attraverso un’attenta programmazione dei costi e dei ricavi. È questa, per esempio, una delle mansioni che spetta al business analyst, una figura di medio livello che sta ritagliando sempre più spazio nel mondo dell’economiae. «Il business analyst è molto ricercato tra le aziende che puntano sullo sviluppo dell’energia rinnovabile, in particolare eolica, idroelettrica e solare o che stanno avviando dei progetti di risparmio energetico», dice Andrea Pettinelli, manager della società di selezione del personale Seltis. «Di solito», spiega Pettinelli, «questo tipo di professionisti ha il compito di elaborare business plan o analizzare la redditività di un investimento». Lavorano a stretto contatto con colleghi che hanno competenze molto diverse, tecnici, ingegneri, funzionari amministrativi o fiscalisti devono fornire al business analyst gli input necessari per trasformare una semplice idea in un progetto concreto, con numeri, percentuali e previsioni, scritti nero su bianco nel business plan. Naturalmente, quello dell’analista è un lavoro preliminare, che si perfeziona ancor prima che un progetto diventi operativo. Quando si passa all’azione, c’è bisogno di altre figure professionali, che hanno il compito di seguire l’investimento in corso d’opera, reperire le risorse necessarie, monitorare costi e ricavi. È in questa fase che entra in gioco il project finance manager, una figura dirigenziale di medio-alto livello, che svolge il coordinamento finanziario e tecnico-amministrativo dei progetti e ha di solito una formazione economica alle spalle, oppure è un ingegnere con buona conoscenza delle dinamiche aziendali.

Ritorna il saper fareTra i profili più tecnici, invece, oggi sono molto ricercati i costruction manager, che quasi sempre sono laureati in ingegneria ambientale, civile o gestionale. «Si tratta di figure dirigenziali che hanno il compito di ideare e seguire la costruzione di impianti energetici, in particolare nel segmento del fotovoltaico», dice Pettinelli. Le mansioni del construction manager partono dai cantieri, ma spaziano su vari campi e toccano anche gli aspetti giuridici e amministrativi del progetto, come le trattative con i fornitori e la redazione dei contratti d’appalto. Ma la figura oggi forse più in voga, con l’avvento della green economy, è senz’altro quella dell’energy manager, ricercata da moltissime aziende industriali. Si tratta di un dirigente che promuove e sviluppa un uso più razionale dell’energia nelle imprese e nella pubblica amministrazione. Il compito dell’energy manager consiste in un’analisi continua dei consumi energetici della società, nel tentativo di individuare le possibili azioni da intraprendere per ridurre i costi nelle diverse unità produttive aziendale. Diego Erminio Caiazzo, fondatore del portale EnergyManager.net, una community on line dedicata alla green economy, non ha dubbi: il responsabile del risparmio energetico delle aziende oggi rappresenta la professione del futuro, che assumerà sempre più un ruolo chiave nell’organico di molte imprese. Laureato in ingegneria, Caiazzo ha ricoperto per alcuni anni l’incarico di energy manager per conto di diversi enti pubblici. Oggi si dedica a tempo pieno alle attività di consulenza e alla gestione della community. «Lo sviluppo della green economy», dice, «sta rimescolando le carte sul mercato del lavoro e aprendo nuove opportunità per le giovani generazioni». Secondo Caiazzo, infatti, per diventare un “colletto verde” non bisogna necessariamente avere un’esperienza professionale particolare o una formazione universitaria ad alto contenuto tecnico. In molti Paesi industrializzati stanno infatti nascendo dal nulla professionalità che, pur essendo riservate in prevalenza agli ingegneri, sono un terreno fertile per chiunque si affacci sul mercato del lavoro. Oggi, a detta del fondatore di EnergyManager.net, si sta verificando un processo simile a quello che avvenne un decennio fa con il boom di Internet. Anche allora lo sviluppo delle nuove tecnologie era un trampolino di lancio soprattutto gli addetti ai lavori, cioè per chi aveva un background universitario nell’informatica. Ma, in realtà, almeno agli albori, a fare fortuna sono stati i cosiddetti “garage boys”, una generazione di giovani imprenditori che avevano iniziato a “smanettare” i computer e ad appassionarsi al mondo della rete quasi per gioco. «Questo non significa», aggiunge Caiazzo, «che i giovani non debbano investire sulla propria formazione». Anzi, il consiglio del fondatore di EnergyManager.net è quello di approfittare del momento favorevole alle tematiche ambientali per acquisire nuove competenze nel campo con i corsi organizzati dalle università a da enti come l’Enea.La speranza, ovviamente, è che i nuovi protagonisti dell’economia verde non incontrino la stessa sorte di molti loro colleghi della new economy, rimasti scottati dalla crisi finanziaria di inizio millennio. «Non credo che gli errori di allora possano ripetersi», dice però Botti di Monster.it. Dieci anni fa, secondo la manager, c’era infatti un clima di euforia e molte figure professionali legate a Internet ricevevano retribuzioni troppo elevate. «Oggi c’è molto più realismo», aggiunge, «i compensi di chi opera nella green economy, seppur di buon livello, sono in linea con la media del mercato». «Per un business analyst», spiega per esempio Pettinelli, «la retribuzione annua lorda si aggira sui 35 mila-40 mila euro, per i project finance manager varia invece tra i 60 mila e i 75 mila mentre per gli energy manager e i construction manager raggiunge quota 80 mila». Cifre rispettabili, ma non da new economy.