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Lavoro

Il brainstorming è morto (ma tutti lo usano)

L’esperienza delle imprese e i suggerimenti pratici per ottenere il massimo dalle riunioni di lavoro. Compreso quello di fare sport prima di mettersi a sedere

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Proust aveva colto nel segno: «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi». O così, oppure la fatica è vana, non dà frutti. A suo modo, il brainstorming può essere un’affascinante “viaggio di scoperta”, un’avventura dove chi vi partecipa mette la sua creatività al servizio di uno scopo: la competitività. Ma, specie in terra anglosassone, lo si dà per spacciato. Un po’ presto per una tecnica “inventata” nel ‘53 da Alex Faickney Osborn che illustrò il metodo per trovare soluzioni creative in gruppi di lavoro nel suo Applied Imagination. In Italia infatti ancora moltissime imprese usano il barinstorming per trovare idee. «Non c’è nulla di quello che c’è nella fantasia che non sia già nel reale: se il brainstorming non è un esercizio di realismo, diventa un inganno che non porterà ai risultati desiderati, ma solo a un senso di eccitante smarrimento», chiarisce Alessandro Kadolph, partner di Alef Consulting e docente della scuola d’impresa della Compagnia delle Opere. «Anche a fronte degli insuccessi di tecniche psicologistiche di pensiero creativo , oggi le organizzazioni stanno tornando a guardare ai processi qualitativi attraverso un esasperato funzionalismo meccanicistico. Occorre comprendere la natura della parola, spesso abusata, “creatività” per capire come possa aiutare a raggiungere gli obiettivi». Brainstorming sì, brainstorming no, brainstorming così così la questione è aperta. Quello di Gianluca Borgesi, marketing manager di Zanotta, una delle griffe di punta del made in Italy nel settore del mobile, è un invito a stare sulle cose: «Non esistono tecniche infallibili che assicurano un risultato creativo. Sarebbe troppo facile. Il brainstorming può essere utile nella fase iniziale di analisi di un processo che richiede una soluzione creativa». D’accordo anche Thomas Ingelfinger, amministratore delegato di Beiersdorf, multinazionale della bellezza che sottolinea anche come il brainstorming sia il metodo più diffuso nella distribuzione per creare nuovi approcci e «se gestito bene, può essere davvero divertente».«Io sono un grande sostenitore del brainstorming guidato», chiarisce Giorgio Boggero amministratore delegato di Leaf, una delle più importanti realtà industriali del confectionary, «dove una persona esterna all’azienda, quasi fosse un direttore d’orchestra, tiri le fila in modo da ottenere un indirizzo preciso. Solitamente “l’aiuto” esterno porta il gruppo a evadere dalla quotidianità ed è un contributo essenziale per un team abituato a viaggiare sugli stessi binari». Ecco quindi alcuni suggerimenti per ottenere il massimo da una tecnica ancora tanto in voga.

NON FARE IL CREATIVOPare che un partecipante a una seduta di “pensiero collettivo” si smonti a sentirsi dare del creativo, perché si sentirebbe “obbligato” ad avere idee. Mark Runco, docente presso la University of Georgia, un suggerimento per “andare oltre” l’ha messo nero su bianco. Ecco il nocciolo: «Fai qualcosa a cui solo tu potresti pensare, ovvero che non verrebbe mai in mente a nessuno dei tuoi amici». Può essere un’idea, lascia intendere Sergio Manias, amministratore dell’agenzia di comunicazione integrata Studiocreta. Ma per lui il brainstorming deve essere soprattutto un momento redditizio: Dice: «Deve dare tre risultati minimi: la prima spiaggia, cioè l’idea che il cliente si aspetta, la meno creativa, ma adatta; l’idea innovativa ed equilibrata, che piace tutto il team per il mix di novità e aspettativa; l’idea di rottura, perché un’agenzia deve sapere andare al di là delle richieste, stimolando il proprio cliente».

LA FORMA FISICA AIUTAUn po’ di corsa, lo stretching, una “raffica” di addominali. Il “corpore sano” è ritenuto un aspetto fondamentale per dare il meglio di sé nei focus group. Insomma, bisogna darsi una mossa perché l’attività cognitiva trae beneficio dall’attività fisica. Gli esperti suggeriscono almeno mezz’ora al giorno. E l’effetto dura per due ore, almeno. Ma attenzione. La tecnica vale solo per chi già frequenta le palestre. Chi si improvvisa non produrrà nulla di buono. Solo affaticamento. Fisico e mentale. E se il primo “affaticato” fosse il capo? «La questione è se chi tira le fila della riunione è in grado di riconoscere nuove idee come idee vincenti», spiega Stefano Bordone, presidente di Kundalini, azienda leader nel campo del lighting design. E aggiunge: «Nasce, quindi, qualche dubbio sulla reale flessibilità e preparazione culturale del “capo”. Sulla sua capacità di approvare schemi di pensiero diversi, provare nuove strade, andare contro il proprio modo di vedere le cose, ma anche accettare in pubblico che l’idea non sia sua».

NON IMITARE I BAMBINITroppa Tv e computer abbassano la creatività. Parola di Elizabeth Vandewater, professoressa della University of Texas. Dai suoi studi ha evinto che per ogni ora che un bambino passa davanti al televisore il suo totale di attività creative – dal gioco al disegno – cala dell’11%. Se si considera che i bambini passano circa tre ore al giorno davanti allo schermo, si arriva a un calo di un terzo del tempo dedicato alla creatività. Lo stesso effetto si ha anche nei manager: «Io di Tv ne guardo poca proprio per non cadere nell’abitudine e quindi nella scarsa creatività», confessa Borgesi. «La creatività non è fantasia pura fine a se stessa ma è la capacità di risolvere problemi con soluzioni semplici, nuove, originali, innovative. Non appartiene quindi esclusivamente a chi svolge attività “artistiche”. Un matematico può essere più creativo di un pittore. La creatività è una “sfida”. Un processo creativo nasce da analisi di dati complessi, pensieri rigorosi e razionali e ha obiettivi concreti e ambiziosi». E di sfida parla anche Ingelfinger: «Non conta tanto la durata della seduta o il numero di partecipanti ma la sfida che deve essere precisa e in linea con la logica aziendale. Poi mi aspetto uno “stream of consciousness” no limits, senza nessun tipo di barriera».

L’INTERCULTURALITÀ PAGAUn consiglio: esplora altre culture. Esperimenti divarie università Usa hanno dimostrato che chi ha vissuto all’estero supera gli altri nelle attività creative. La creatività è più sviluppata anche per gli immigrati e per chi parla più di una lingua. Le esperienze interculturali costringono le persone ad adattarsi e a essere flessibili. Concorda Stefano Bordone: «La massima efficienza di questo tipo di riunione si potrebbe avere in un ambiente multiculturale e multietnico cioè in un luogo dove pensieri diversi e lontani tra loro vengono messi su un tavolo». È di questo avviso anche Ingelfinger, che ribadisce come il gruppo sia tutto: «Contiamo sul fatto che ci siano persone diverse per back-ground e formazione; che ci siano donne, uomini e gente di tutte le nazionalità perché è solo grazie al giusto meltin’ pot che si raggiungono traguardi importanti».

COLTIVA LE PASSIONISegui le tue passioni. Rena Subotnik, ricercatrice per l’American psychological association, ha studiato la progressione dall’infanzia alla carriera creativa. I bambini conseguono risultati migliori quando possono sviluppare passioni profonde, invece di concentrarsi su un apprendimento generalista. «Quando si identificano con un ambiente creativo hanno più disciplina e affrontano meglio gli ostacoli», ha notato. «Al contrario, i bambini esposti superficialmente a diverse attività non hanno la stabilità necessaria per superare momenti difficili». E passione significa uno sguardo carico di positività. Quella che serve nei brainstorming, come ricorda Kadolph: «Si tratta anche di un esercizio interessante per sviluppare e incrementare il pensiero analogico. Le idee espresse nella sessione di brainstorming si concatenano l’una all’altra, le persone iniziano ad ascoltarsi e cercano punti d’incontro attorno a proposte comuni. Esiste un brainstorming che libera le positività presenti e che non “forza” la fantasia come fosse qualcosa di contrapposto al reale. Esiste un modo di concepire il brainstorming che è generativo, cioè porta alla scoperta di quello che è nel reale perché, come diceva Shakespeare: “Ci sono più cose in cielo e in terra che nella tua filosofia”». Boggero inoltre distingue il brainsorming dai team interfunzionali: «Noi utilizziamo il flusso di coscienza nel momento in cui affrontiamo terreni di gioco ostici e diversi rispetto allo status quo; ci affidiamo invece a gruppi interfunzionali per i campi più noti e meno vasti. Diciamo che questo secondo step rende il brainstorming efficace».

MENO BUROCRAZIALa cosiddetta scatola dei suggerimenti, posta nel corridoio delle aziende che hanno deciso di ascoltare i propri dipendenti, va messa in soffitta. Isaac Getz, professore all’Escp (Europe Business School in Paris) dice che un protocollo formalizzato per esprimere i propri suggerimenti, che sia una scatola attaccata al muro o una piattaforma intranet, in realtà soffoca l’innovazione con le pratiche burocratiche. Invece i dipendenti devono sentirsi liberi di mettere in pratica le loro idee. Una delle ragioni del successo della fabbrica Toyota in Kentucky è l’implementazione del 99% delle idee dei dipendenti. «Non ci può essere spazio per la burocrazia in un momento di costruzione e di divertimento, afferma Sergio Manias. Anche Boggero conferma che «per essere liberi di realizzare le proprie idee bisogna uscire dal circolo vizioso dell’istituzionalità: ecco perché è necessaria una location piacevole e fuori dalle mura dell’ufficio e l’informalità deve essere al primo posto. Solo in questo modo anche le sfide “proibite” si possono realizzare». E le idee apparentemente più assurde, diventare realtà.