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Lavoro

Gli scioperi degli altri

Dopo i casi di Mirafiori e Pomigliano una panoramica di Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna: ecco come è regolato all’estero il diritto di astenersi dal lavoro

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Anticostituzionale, contro i diritti dell’uomo, illegale. Sono le definizioni che la Cgil ha dato ai contratti di lavoro firmati da Cisl e Uil, e confermati da referendum tra i lavoratori, della Fiat di Pomigliano e di Mirafiori. Ma è proprio così? Business People ha voluto vedere come funziona tra i nostri maggiori competitori europei il diritto di sciopero, l’aspetto sul quale la Cgil ha più insistito per attaccare gli accordi al gruppo torinese. Facendo alcune scoperte interessanti. Ad esempio che in Francia uno sciopero può essere proclamato anche da soli due lavoratori mentre in Germania per astenersi dal lavoro occorre che la proposta venga approvata dal 75% dei dipendenti. Tra questi due opposti, la disciplina italiana è, ovviamente, più simile a quella francese nonostante, negli ultimi 20 anni, siano state introdotte importanti limitazioni. Il diritto di sciopero, nel nostro Paese, è tutelato innanzitutto dall’articolo 40 della Costituzione e regolato da disposizioni di legge, contenute nel codice civile e penale e nello Statuto dei lavoratori. Tutte le sigle sindacali, anche se minoritarie, possono proclamare una giornata di mobilitazione senza troppi vincoli. Fanno eccezione i lavoratori che operano nel settore dei servizi pubblici essenziali (come la sanità o i trasporti). Per queste categorie, esistono due leggi (la n. 146 del 1990 e la n. 83 del 2000) che pongono forti limiti, stabilendo l’obbligo di dare un preavviso di almeno dieci giorni. Nel 2009, l’attuale governo di centro-destra, con la regia del ministro del Welfare Maurizio Sacconi, ha approvato un disegno di legge delega, ora al vaglio del Parlamento, che mira a introdurre altri vincoli ancor più stringenti per i lavoratori dei trasporti. Nello specifico, in questo settore Sacconi vorrebbe vietare la proclamazione di uno sciopero quando non viene approvato dalle organizzazioni sindacali che rappresentano almeno il 50% della forza-lavoro di un’impresa. In alternativa, la mobilitazione può essere proposta da un sindacato che raccoglie almeno il 20% dei dipendenti, purché venga approvata da un referendum tra tutti i lavoratori. Il Ddl Sacconi ha sollevato non poche polemiche, incontrando ovviamente l’opposizione delle sigle sindacali minori, che lo considerano in contrasto con la Costituzione. A ben guardare, la consuetudine di effettuare un referendum tra i lavoratori è abbastanza diffusa in Europa, seppur con molte specificità a seconda dei singoli paesi. Ecco le analogie e le differenze più importanti riscontrabili negli altri grandi Paesi europei.

FRANCIA

Ampia libertà per i lavoratori delle aziende private e alcune limitazioni per i dipendenti dello Stato o per chi opera nel settore dei servizi pubblici. Può essere riassunta così la disciplina del diritto di sciopero in Francia, uno dei paesi europei dove è possibile incrociare le braccia più facilmente. In base alla Costituzione della Quinta Repubblica e secondo le disposizioni di legge, Oltralpe lo sciopero è un diritto che deve essere esercitato in maniera collettiva, ma non necessariamente con la mediazione dei sindacati. All’interno di un’impresa, infatti, possono scioperare anche due soli dipendenti o delle quote molto ridotte del personale, impiegate in una singola unità produttiva. Non è consentito invece lo sciopero individuale, se non in due casi: quando nell’impresa vi è un solo dipendente oppure quando c’è stato, in tutta la nazione, un appello alla mobilitazione generale dei lavoratori da parte dei sindacati. In linea generale, non esistono obblighi di preavviso, tranne che per i dipendenti dello Stato e delle imprese che erogano servizi pubblici, i quali devono comunicare l’astensione dal lavoro almeno cinque giorni prima. Esistono poi alcune categorie professionali alle quali il diritto di sciopero è precluso completamente. Si tratta delle forze di polizia, gli agenti penitenziari, i militari, alcuni dipendenti dell’amministrazione giudiziaria e dei ministeri degli Interni e degli Esteri. Infine, va ricordato che in Francia non è contemplata la possibilità di astenersi dal lavoro per motivi politici, anche se questo divieto è applicato in maniera blanda: è infatti considerato comunque legittimo dalla giurisprudenza lo sciopero che avviene per problematiche sociali ed economiche che hanno a che fare con le condizioni di vita dei lavoratori, come una riforma delle pensioni o una manovra di bilancio pubblico.

GERMANIA

Una votazione con maggioranza “bulgara” e divieto di qualsiasi finalità politica. Sono questi i due elementi essenziali che regolano il diritto di sciopero in Germania. Prima di proclamare una giornata di astensione dal lavoro, e organizzazioni sindacali tedesche effettuano una consultazione democratica tra tutti i dipendenti dell’azienda. Lo sciopero può essere effettuato soltanto se viene approvato da ben il 75% dei partecipanti al voto. A stabilirlo non è però la legge, bensì la consuetudine e gli accordi collettivi stipulati tra le parti sociali. La legge fissa invece dei paletti ben precisi per quanto riguarda le rivendicazioni avanzate dai sindacati, che non possono essere mai di tipo politico. Lo scopo principale dello sciopero deve infatti essere sempre il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori attraverso, per esempio, gli aumenti di salario, la riduzione dell’orario di lavoro, il blocco dei licenziamenti oppure il rinnovo o la stipula di accordi contrattuali collettivi con le aziende. Sono poche, invece, le categorie professionali a cui è negato totalmente il diritto di scioperare. Anche gli impiegati statali, la cui assunzione è regolata da contratti di diritto privato, possono in teoria astenersi sempre dal lavoro, pur essendo obbligati a coprire in ogni caso i servizi d’emergenza (non stabiliti dalla legge, ma da specifici accordi tra le parti sociali). Discorso diverso per chi, negli uffici pubblici, occupa posizioni di responsabilità, con la qualifica di funzionario o dirigente. A queste due categorie di dipendenti, il diritto di sciopero è completamente negato perché, secondo la legge, si tratta di lavoratori che rappresentano in “carne e ossa” l’autorità sovrana dello stato, regolata da norme di diritto pubblico.

GRAN BRETAGNA

Una libertà individuale e non un diritto. Così viene trattato lo sciopero nel sistema giuridico della Gran Bretagna, dove la disciplina del lavoro ha subìto numerose modifiche negli ultimi quarant’anni, per opera di diversi governi laburisti e conservatori. In particolare, l’astensione dal lavoro è stata più volte regolata da delle apposite leggi che prendono il nome di Trade Union Act. Si tratta di una serie di provvedimenti che impongono di subordinare la proclamazione dello sciopero all’esito di una consultazione democratica tra tutte le persone coinvolte. In altre parole, prima di decidere se astenersi dal lavoro, le organizzazioni sindacali devono effettuare una votazione tra i dipendenti, che si deve svolgere a scrutinio segreto ed essere approvata a maggioranza assoluta. Inoltre, se allo sciopero può partecipare più della metà degli addetti di un’impresa, la votazione deve avvenire necessariamente per posta. Sono previsti anche specifichi obblighi nei confronti del datore di lavoro, che ha diritto ad essere avvisato della votazione per iscritto e a ricevere, entro sette giorni dall’esito, la notizia dell’eventuale sciopero. Se un’azienda ritiene che un’astensione dal lavoro sia stata indetta senza rispettare le procedure previste dalla legge, può presentare un ricorso al giudice ordinario. Anche in Gran Bretagna le astensioni dal lavoro possono riguardare soltanto le vertenze contrattuali e non possono avere contenuto politico. Il diritto di sciopero, inoltre è vietato del tutto ad alcune categorie professionali come gli agenti di polizia e i militari, mentre per gli addetti ai servizi postali, marittimi e telefonici sono previste delle limitazioni che variano a seconda del settore di appartenenza.

SPAGNA

Un diritto di tutti, acquisito nel 1978 con la caduta della dittatura franchista. Come in Italia, in Spagna lo sciopero è considerato una prerogativa fondamentale dei cittadini ed è protetto da un articolo della Costituzione (l’art.28). I limiti dell’astensione dal lavoro sono però regolati da una legge ordinaria (il Real Decreto-Ley n.17 del 4 marzo 1977), che stabilisce nero su bianco le modalità dello sciopero. I dipendenti di un’azienda possono incrociare le braccia solo per decisione dei loro rappresentanti sindacali, dopo una riunione a cui ha partecipato almeno il 75% dei delegati. In alternativa, la mobilitazione può essere proclamata direttamente dai lavoratori, senza la mediazione dei sindacati, dopo una votazione democratica all’interno dell’impresa, alla quale abbiano preso parte almeno il 25% dei dipendenti e nella quale oltre il 50% dei votanti si è espresso a favore della mobilitazione. Anche in Spagna, dunque, lo sciopero passa spesso al vaglio delle urne. La legge del 1977 stabilisce anche degli obblighi precisi per quanto riguarda il preavviso: l’astensione dal lavoro deve essere comunicata all’impresa nei cinque giorni che precedono la mobilitazione. Gli utenti dei servizi di pubblica utilità hanno invece il dovere di avvisare almeno dieci giorni prima. In teoria, non esistono categorie professionali cui è precluso totalmente il diritto di sciopero anche se, in caso di mobilitazioni, il governo spagnolo può stabilire con un decreto i livelli minimi di servizio che alcune classi di dipendenti sono tenute a garantire.