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Lavoro

Family Welfare, come le aziende italiane si prendono cura di mogli e figli

Non c’è solo il gruppo Zané con il bonus bebè per i dipendenti: ecco tutte le imprese che pensano anche alle famiglie dei lavoratori

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Ha fatto sorridere l’iniziativa del gruppo Zané di premiare con una mensilità i dipendenti che hanno un figlio. Un bel segno in un Paese dove le famiglie vivono molte difficoltà. Ma quella dell’azienda vicentina della famiglia Brazzale non è l’unica iniziativa del genere: sono tante, infatti, le aziende italiane che prevedono una qualche forma di welfare non solo per i dipendenti, ma estesa a tutta la famiglia.

Sul 92,5% di grandi aziende che offrono prestazioni aggiuntive, la maggior parte si limita a prevedere forme usuali di welfare come fondo sanitario o previdenza integrativa. Eppure c’è chi fa anche di più per trattenere i talenti e creare un ambiente di lavoro positivo, come ricorda un’analisi di Repubblica. A partire da Ferrero e Luxottica, che di recente hanno previsto un sostegno economico per le famiglie in caso di decesso del lavoratore: l’azienda di Alba si prende cura dei figli superstiti fino a 26 anni, il colosso degli occhiali contribuisce con un fondo da 30 mila a 70 mila euro. Il gruppo di Del Vecchio offre anche ai ragazzi una settimana di vacanze al mare.

NIDI AZIENDALI. Ha radici antiche la pratica degli asili nidi aziendali: ce l’ha Perugina, ma anche Ferrari e banche come Unicredit e Intesa. Ikea offre fino a quattro mesi di congedo parentale pagato sull’esempio di tante multinazionali (che offrono anche benefit al limite della stranezza), Diasorin ha dato un bonus da 900 euro in tre anni per l’istruzione dei figli, mentre Findomestic ha esteso alle “nuove famiglie” le polizze sanitarie e i contributi asilo. La solita Luxottica due anni fa ha offerto ai ragazzi dei suoi lavoratori una settimana di vacanza gratuita al mare.

Il welfare rimane cosa rara tra le pmi: l’ultimo Welfare Index Pmi ha calcolato che solo nell’1,5% dei casi i servizi aggiuntivi vengono estesi alle famiglie. Va meglio con la flessibilità oraria (15,8% delle aziende), malissimo per quando riguarda asili aziendali (0,4%) e il telelavoro (1,8%) spariscono, i contributi per nido e baby sitter sono assenti.