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Lavoro

Corte Ue: giù le mani dalle mail dei dipendenti

La sentenza europea ribalta il licenziamento di un cittadino che aveva usato la sua casella di posta elettronica per scrivere ai famigliari: «Un datore di lavoro non può ridurre a zero la vita sociale privata di un impiegato»

Giù le mani dalle mail dei dipendenti. Quella sul controllo dei lavoratori, non solo in ufficio ma anche nell’utilizzo degli strumenti di lavoro, è una battaglia di lunga durata. A segnare un punto a favore dei dipendenti è la Corte europea dei diritti umani che ribaltato il licenziamento di un lavoratore rumeno, cacciato dopo che il suo datore di lavoro aveva controllato le sue email e il suo contenuto. E monitorare le email e le altre comunicazione elettroniche di un impiegato sul posto di lavoro, per i giudici, equivale a una violazione del diritto a avere una vita privata e una propria corrispondenza.

NON SPIATE LE MAIL DEI DIPENDENTI

La Corte di Strasburgo ha condannato la Romania per violazione dell’articolo 8 sul diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Il Paese infatti non ha protetto in modo adeguato il lavoratore che dopo tre anni di impiego in un’azienda privata come ingegnere incaricato delle vendite era stato licenziato. La sua colpa? Aver utilizzato per comunicare con il fratello e la fidanzata l’account Yahoo Messenger che l’impresa gli aveva chiesto di aprire per rispondere alle richieste dei clienti Pochi giorni prima del provvedimento, l’azienda aveva diffuso una circolare che ricordava agli impiegati che l’uso di internet, telefono e fotocopiatrice per ragioni private poteva costituire una causa di licenziamento per ragioni disciplinari.

Secondo la Corte di Strasburgo, le comunicazioni sul posto di lavoro rientrano nel concetto di “vita privata” e “corrispondenza” tutelati dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani. I giudici hanno stabilito che “un datore di lavoro non possa ridurre a zero la vita sociale privata di un impiegato“, secondo la nota della della Corte . «Il diritto al rispetto per la vita privata e la privacy della corrispondenza continua a esistere, anche se sono previste delle restrizioni sul posto di lavoro».