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Telemarketing, la svolta (utile a consumatori e aziende) non arriva

Ci si aspettava una legge a breve, che adesso è in stallo. Comunque questo strumento è sempre più utilizzato, male, dalle aziende e, quindi, sempre più odiato dai consumatori. Eppure poche semplici regole potrebbero rendere le promozioni telefoniche utili per entrambi

Telemarketing sui carboni ardenti: detestato dai consumatori e utilizzato sempre di più, ma abbastanza malamente, dalle imprese. Che succede? La protesta sale: macché strumento di marketing, dicono i cittadini, è solo una marea di chiamate moleste per vendere di tutto a tutte le ore. Gli esperti concordano: il telemarketing, se usato troppo e male, è un’opportunità di fatturato sprecata anche per le aziende. Messa così sembrerebbe non avere più futuro, e invece è il contrario. Basterebbe seguire poche e semplici regole per trasformare le “telefonate selvagge” in un potente strumento a vantaggio non solo delle imprese, ma anche dei consumatori. Impossibile? Non proprio. Per ora ci si sta lavorando ma la strada è quella: più tutela per i consumatori, più opportunità per le aziende.Grandi novità erano attese grazie alla legge “blocca seccatori” al cellulare, pensata per contrastare i fenomeni di abuso e intrusione della privacy. Purtroppo, però, era inserita nel ddl concorrenza, già arenato da mesi al Senato, e ormai dato per spacciato dopo la caduta del governo Renzi. Perciò, se in molti chiedono un aggiornamento normativo, è improbabile che siano esauditi in tempi brevi. Qualche cambiamento, però, dovrebbe e potrebbe venire dalle aziende: è chiaro a tutti che il telemarketing selvaggio va contro gli interessi del business e si trasforma in un boomerang. Invece di essere uno strumento per raggiungere vecchi e nuovi clienti e far conoscere servizi e offerte promozionali, rischia di trasformarsi nel suo contrario, e di compromettere i risultati delle imprese più corrette. Il tutto per colpa del comportamento poco etico di alcune aziende che lo praticano senza regole.

LE IMPRESE rischiano di subire

un DANNO D’IMMAGINE a fronte

di un aumento di fatturato

PARI A ZERO

POTENZIALITÀ INESPRESSE«Se usato con insistenza e in maniera aggressiva», conferma l’avvocato Fabio Polettini, con esperienza nel diritto industriale e nella concorrenza, «il telemarketing rischia di diventare una pratica scorretta. E sarebbe un peccato, perché invece rientra fra le libertà di un’impresa, quella di farsi pubblicità. È, quindi, un’attività legittima e ha anche una grande validità commerciale, a patto che venga usata bene e da personale competente e formato».Insomma, anche il telemarketing è una delle anime del commercio, come la pubblicità del resto. Eppure i clienti lo trovano detestabile e inutile. Ma potrebbero ricredersi. «Se le aziende e i call center lo usassero con intelligenza, potrebbe trasformarsi in un vantaggio per i la popolazione », dice l’avvocato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, «che avrebbe un venditore tutto per loro, un personal shopper che suggerisce davvero le offerte migliori, e senza mettere piede fuori di casa». Invece? «Accade il contrario: le offerte proposte da venditori poco formati e in italiano stentato sono ambigue e vengono vissute come uno stress al quale non ci si riesce a sottrarre». Ma non solo. Se il rapporto con il venditore al telefono è ormai usurato, a farne le spese sono anche le aziende, che subiscono un danno d’immagine e nessun incremento di fatturato. «Il consumatore tende a identificare la voce del call center con la voce dell’azienda di cui ascolta la proposta», continua Dona, «ma non è così, perché i marchi appaltano il lavoro a call center esterni e spesso questi subappaltano a piccole realtà, con la conseguenza che il cliente crede di parlare, per esempio, con il suo operatore di telefonia e invece parla con un call center chissà dove. Però se l’esperienza al telefono è negativa, il giudizio negativo si riversa sull’azienda e sulla sua reputazione».

MINACCE E OPPORTUNITÀ

RESPONSABILITÀ PER LE AZIENDEChe fare allora? Per il presidente dell’associazione consumatori, bisogna riformare la normativa, ma anche le aziende hanno una responsabilità. «Bisogna che ripensino da capo la strategia di vendita», conclude Dona, «puntando alla bontà delle offerte e al loro valore. Solo così i marchi possono sperare di riconquistare la fiducia dei loro clienti. E se c’è fiducia, c’è anche passaparola positivo. Inoltre, il call center deve imparare a usare il telefono in modo amico, integrando la telefonata con informazioni scritte che possono essere inviate in tempo reale anche per email. Il telemarketing deve vivere, infine, anche perché ci sono in ballo molti posti di lavoro».Una linea condivisa anche da Paolo Sarzana, presidente di Assocontact, l’associazione confindustriale che rappresenta con oltre 60 associati il 70% del mercato, che grazie a circa 40 mila operatori si occupa di gestire in Italia l’attività di televendita. «Il fenomeno delle chiamate moleste esiste e il malessere dei consumatori è diffuso, per questo è necessario migliorare il Registro delle opposizioni inserendo anche i numeri di cellulare, sempre a fronte di una specifica richiesta da parte del consumatore. Ma non basta: le telefonate moleste arrivano perché ci sono moltissime piccole società che lavorano in sub appalto, non sono nostre iscritte e più facilmente riescono a infrangere le regole, perché è più difficile controllarle. Non solo infrangono la privacy dei cittadini perché usano elenchi di numeri non validati, contattando così numeri che sono iscritti al Registro delle opposizioni e che dovrebbero essere lasciati in pace, ma non applicano neppure i contratti nazionali collettivi di settore, con evidente danno per i lavoratori del call center, spesso pagati solo a risultato e quindi spinti a chiudere la vendita in fretta e con tutti i mezzi, anche quelli più aggressivi. Ed è proprio questo comportamento che rompe il patto di fiducia tra venditore e cliente, e in ultima analisi tra il cliente e il brand aziendale».

In attesa di una nuova legge, Assocontact ha pubblicato un codice etico per regolare l’attività di telemarketing dei call center cancellando le chiamate serali e quelle nel weekend. «Poi ben venga la responsabilità solidale tra call center e operatori, per evitare rimpalli di responsabilità», conclude Sarzana, «perché non abbiamo nulla da temere, avendo tra i nostri clienti grandi gruppi internazionali che usano solo liste validate, mentre per chi lavora fuori dalle regole potrebbe essere un valido deterrente».

MOLTE PICCOLE SOCIETÀ

lavorano in sub appalto

e riescono più facilmente

A INFRANGERE le regole

PER UNA GESTIONE PIÙ SEMPLICE DEI CONSENSIInsomma servono regole evolute, aggiornate e migliorate. A partire da quelle che regolano il Registro delle opposizioni. Ma basterà modificarlo per salvare in extremis uno degli strumenti di marketing potenzialmente più efficace, ma praticamente detestato da tutti? L’avvocato Alessandro Luciano è il presidente della Fondazione Ugo Bordoni, che gestisce il registro al quale sono iscritti più di un milione e mezzo di abbonati e che viene utilizzato da oltre 400 operatori di telemarketing per verificare le proprie liste di contatti. «Abbiamo gestito oltre 6 milioni di richieste da parte dei cittadini e verificato oltre 3 miliardi e mezzo di numeri per conto di operatori di telemarketing, evitando così centinaia di chiamate all’anno per ogni utenza iscritta», ci conferma l’avvocato Luciano, «e non ci sono mai stati malfunzionamenti tecnici. Il problema non è il registro, che anzi può essere la soluzione, ma è la mancanza di uno strumento facilmente accessibile per i cittadini, che possa tutelarli nella gestione dei consensi dati durante l’arco della loro vita, ad esempio, quando si sottoscrive un abbonamento di vario genere a giornali, palestre, supermercati o aderendo a tessere fedeltà e sconti. Ciò che più preme è l’estensione del registro anche alle numerazioni non presenti negli elenchi telefonici pubblici: attraverso questa modifica, infatti, tutti i cittadini, siano essi detentori di un numero pubblico o privato, potrebbero con facilità opporsi al trattamento dei propri dati personali. Inoltre, dovrebbe esserci la possibilità di cancellare automaticamente, una volta iscritto il numero al registro, tutti i consensi dati in precedenza, così da poter resettare la propria posizione e ripartire da zero. Un cambiamento», conclude il presidente della fondazione, «che avrebbe ricadute positive anche per le imprese virtuose: in questo modo, infatti, le aziende avrebbero a disposizione contatti di utenti realmente interessati a ricevere le loro offerte commerciali».

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