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Le aziende di tecnologia prime in Italia per fiducia

I dati dell’Edelman Trust Barometer dicono che i motori di ricerca riscuotono maggiore credito degli altri media. I comportamenti trasparenti di aziende e top manager sono fondamentali, ma per tutti l’obbligo è di essere più “sociali”

Cresce la fiducia in Italia, ma soprattutto nelle élite dove il Trust Index è nettamente superiore a quello del resto della popolazione (11 punti di scarto). Lo dice la 16a edizione dell’Edelman Trust Barometer, l’indagine annuale condotta in 28 Paesi su un campione di 33 mila persone da Edelman, agenzia di relazioni pubbliche, per misurare il grado di fiducia nei confronti di media, governo, aziende, associazioni non governative. L’Italia migliora il proprio Trust Index (+15% in due anni) ed è seconda in Europa dopo l’Olanda e più avanti rispetto a Spagna, Regno Unito, Germania e Francia. Resta comunque nel gruppo dei Paesi con poca fiducia in dodicesima posizione (su 28) insieme agli Usa. In testa alla classifica c’è la Cina, seguita dagli Emirati Arabi e dall’India.

DIFFERENZE. Il campione totale della ricerca (indicato come general population) è stato diviso tra informed public (un pubblico d’élite con età compresa tra i 25 e i 64 anni, alto reddito e grado d’istruzione universitario, consumatori di notizie e coinvolti nella vita economica e politica del paese) e mass population (il resto della popolazione). La ricerca evidenzia come su scala mondiale ci sia una grande differenza nel grado di fiducia tra le élite e il resto della popolazione e sono gli Stati Uniti a guidare questa speciale classifica con 19 punti di differenza.

L’Italia non fa eccezione, ma questo gap si riduce ad 11 punti, inferiore rispetto a Stati Uniti (19) Regno Unito (17) e Francia (16). Il gap è evidente anche se si considerano le prospettive economiche per i prossimi ciunque anni: infatti il 45% delle élite pensa che la propria situazione sarà migliore mentre solo il 33% del pubblico più ampio è della stessa opinione. Numeri che pongono l’Italia al di sotto della media globale (55% per le élite, 47% per la mass population).

«In più del 60% dei Paesi esaminati dall’Edelman Trust Barometer, il livello di fiducia della maggioranza della popolazione è sotto il 50% mentre al contrario le élite registrano il grado di fiducia più alto da quando abbiamo iniziato a condurre la nostra ricerca, 16 anni fa; in Italia per esempio si registra una crescita a due cifre come negli Stati Uniti e nel Regno Unito», dice Richard Edelman, presidente e Ceo di Edelman, «è il dato fondamentale che caratterizza la nostra ricerca di quest’anno che rivela una stretta correlazione tra il gap di fiducia, le differenze di reddito e le aspettative sul benessere. Infatti in due terzi dei Paesi esaminati, meno della metà della popolazione pensa che starà meglio nei prossimi cinque anni».

ITALIA. Considerando l’intero campione, l’Italia è al primo posto in Europa per fiducia nei confronti delle aziende con il 57% del campione, 9 punti percentuali in più rispetto allo scorso anno (stessa crescita dei mass media) avvicinandosi al primato delle organizzazioni non governative che riscuotono il grado di fiducia più alto (58%, + 5% rispetto al 2015). Il governo cresce di 3 punti rispetto allo scorso anno, confermando il trend ascendente iniziato nel 2014.

I motori di ricerca riscuotono maggiore fiducia di tv, social network e giornali e il passaparola tra amici e familiari è la fonte d’informazioni più credibile. L’85% degli italiani è d’accordo con l’affermazione che le aziende possano attuare azioni specifiche mirate sia a incrementare i profitti che a migliorare la condizione sociale ed economica della realtà in cui operano; una percentuale in crescita rispetto al 79% dello scorso anno.

RICHIESTE. Gli italiani chiedono quindi alle aziende di accrescere la propria dimensione sociale e questa tendenza è confermata dalla richiesta agli amministratori delegati (da parte del 78% del campione) di essere maggiormente presenti nelle discussioni che riguardano le diseguaglianze economiche e i temi di interesse pubblico e di portare la propria opinione personale in merito a temi di rilievo sociale. Inoltre, il 43% del campione ritiene che esibire comportamenti aperti e trasparenti sia il primo fattore per riporre fiducia nei confronti di un top manager ma solo il 29% pensa che questo avvenga effettivamente. L’80% pensa che avere informazioni sui valori personali di un Ceo sia l’elemento fondamentale per guadagnare fiducia.

Sempre secondo l’Edelman Trust Barometer, gli italiani, nel formarsi un’opinione relativa a un’azienda, ritengono più credibile in assoluto il parere di amici e familiari, addirittura in misura maggiore rispetto ai tecnici e agli accademici. In rialzo la fiducia nei confronti di amministratori delegati e collaboratori di un’azienda che guadagnano 9 punti rispetto allo scorso anno. In crescita il tasso di credibilità di decisori pubblici ed esponenti della PA che guadagnano 7 punti percentuali.

SETTORI. Considerando la fiducia nei singoli settori aziendali, gli italiani privilegiano il settore tecnologico, al secondo posto il settore Food&Beverage, al terzo le telecomunicazioni. In risalita il settore finanziario che non occupa più l’ultima posizione che quest’anno è appannaggio del settore farmaceutico. In netto calo il settore dell’automobile, che passa dal 64% del 2015 al 54% di quest’anno.

«L’Edelman Trust Barometer è una ricerca molto significativa perché indaga in modo approfondito e rigoroso sull’evoluzione del grado di fiducia esistente in un Paese, una componente fondamentale per la crescita economica e sociale», commenta Fiorella Passoni, amministratore delegato di Edelman Italia. «Gli italiani si fidano di più dei propri amici e familiari che di tecnici e accademici e danno molta importanza agli aspetti sociali ed etici delle aziende e dei loro top manager, premiandole sul mercato. La dimensione sociale delle aziende è molto apprezzata anche dai collaboratori. Mettendo infatti a confronto le aziende impegnate anche nel sociale con le altre, si nota una differenza notevole a favore delle prima con una spiccata propensione da parte dei collaboratori ad identificarsi in esse, a lavorare al meglio per i consumatori, a consigliare ad altri i prodotti dell’azienda. Una tendenza che dimostra l’importanza degli investimenti in progetti di Corporate Social Responsibility».