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Terremoto in Emilia, ferme il 70% delle imprese modenesi

Oltre ai morti il sisma ha causato centinaia di milioni di danni; crollate anche fabbriche di recente costruzione e ora le aziende chiedono la sospensione dei pagamenti fiscali e contributivi per ripartire

Danni diretti alle imprese non inferiori ad alcune centinaia di milioni di euro, produzione ferma e migliaia di operai e dipendenti senza lavoro. È un altro tragico effetto, oltre alle vittime, del terremoto in Emilia che tra sabato 19 e domenica 20 maggio ha colpito duramente le province di Modena e Ferrara; lunedì sono stati 5 mila quelli che, recatisi sul luogo di lavoro, hanno trovato le aziende inagibili, chiuse. Confindustria Modena ha calcolato che il 70% delle proprie imprese (oltre 150, soprattutto del settore ceramico di cui più del 40% supera i 50 milioni di euro) ha subito danni strutturali di entità tale da dover interrompere l’attività produttiva. Per queste, spiega l’associazione confindustriale, “è stato un percorso preferenziale, insieme alle tre confederazioni sindacali, per stabilire delle procedure standard che rendano il più semplice possibile il ricorso alla cassa integrazione ordinaria per eventi eccezionali”.LA POLEMICA. Il sisma ha portato con sé anche qualche polemica innescata dal capo della Protezione civile, Franco Gabrielli che si chiede come sia stato possibile che il crollo di coperture di capannoni costruiti negli anni 2000; la Procura di Ferrara ha avviato un’inchiesta per verificare che siano state rispettate le norme antisismiche. A dare una spiegazione dell’accaduto il responsabile regionale della Protezione civile, Demetrio Egidi: “Una scossa di questa intensità non era mai stata registrata in quest’area negli ultimi 700 anni – afferma dalle pagine del Corriere della Sera – I capannoni sono stati costruiti dunque con criteri meno stringenti di altre aree. Forse ci volevano più tutele – ammette – ma se io progetto per un 4.5 di magnitudo, che è tanto, e poi mi ritrovo un 6.0 devo fare i conti con una potenza 500 volte più forte che può diventare devastante”. RIPARTIRE. Ora, però, si pensa a ricostruire e a riprendere l’attività produttiva. Per farlo le imprese emiliane chiedono aiuto; Filippo Marvelli, assessore ai Lavori pubblici di Sant’Agostino (la cittadina più colpita dal terremoto), è sicuro che per alcune imprese, senza un sostegno “concreto e immediato”, si rischia di non poter più aprire i battenti”. Intanto il presidente di Rete Imprese Italia, Marco Venturi, ha chiesto al presidente del Consiglio, Mario Monti, la sospensione dei pagamenti fiscali e contributivi per le comunità colpite dal terremoto; una richiesta sotto esame dal governo che valuta anche una deroga al patto di stabilità. L’Emilia colpita dal terremoto, tuttavia, non è stata piegata, almeno nell’animo degli individui. Significativo il caso di un imprenditore, Giulio Barbieri di Poggio Renatico, che all’indomani del terremoto ha preso carta e ringraziare penna per ringraziare i suoi dipendenti: “Stamattina malgrado quasi tutti abbiano trascorso la notte in auto e siano provati fisicamente ed emotivamente si sono presentati regolarmente al lavoro”. Gli emiliani vogliono ripartire.

Credits Images:

La fabbrica della Ceramica Sant'Agostino, crollata in seguito al terremoto del 20 maggio a Ferrara causando la morte di due operai