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Stop ai vitalizi, la ‘casta’ stringe la cinghia

I nuovi parlamentari passeranno al metodo contributivo, mentre gli ex potranno ricevere la pensione solo a partire dai 60 anni. Ecco cosa cambia

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Primo passo verso una maggiore equità di trattamento tra politici (che col tempo si sono guadagnati il termine di ‘casta) e cittadini. Al termine di un incontro con il nuovo ministro del Welfare, Elsa Fornero, i presidenti di Camera e Senato, rispettivamente Gianfranco Fini e Renato Schifani, hanno annunciato la prima vera stretta sui vitalizi parlamentari, ovvero le pensioni maturate da deputati e senatori al termine del loro mandato. Dal 1° gennaio 2012 gli assegni dei parlamentari saranno calcolati con il metodo contributivo (e non più retributivo); in pratica la pensione sarà calcolata in base ai contributi effettivamente versati come avviene per la generalità dei lavoratori. Questo sistema opererà per intero per i deputati e i senatori che entreranno in Parlamento dopo il 31 dicembre 2011 ed è pro rata per quanti attualmente esercitano il mandato parlamentare. Si tratta di un grosso taglio alle pensioni di deputati e senatori che oggi, riassume in un articolo Il Sole 24 Ore, ricevono un vitalizio di circa 2.500 euro per cinque anni di mandato (contro i circa 800 euro dei parlamentari francesi e i quasi 1.392 dei colleghi al Parlamento europeo), quasi 5.000 per dieci anni in Parlamento e 7.500 per 15 anni di ‘servizio’.Con il passaggio al nuovo metodo l’assegno previdenziale si ridurrà notevolmente, a meno che venga aumentata l’aliquota contributiva, attualmente all’8,60% (contro il 33% di un lavoratore dipendente).Inoltre, Fini e Schifani, d’intesa con i rispettivi questori di Camera e Senato, hanno deciso che sempre dal 1° gennaio 2012 per gli ex parlamentari sarà possibile percepire la pensione non prima dei 60 anni di età, per chi abbia esercitato il mandato per più di una intera legislatura, e non prima dei 65 anni di età, per chi abbia versato i contributi per una sola intera legislatura.