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Sempre più bancarelle che negozi, cambia il volto del commercio al dettaglio

Azzerati i buoni risultati di inizio estate; nonostante la lenta ripresa, tra luglio e agosto Confesercenti segnala la perdita di circa 3 mila negozi (-14 mila da gennaio). Va meglio per le imprese su aree pubbliche: 2 mila in più nei primi otto mesi

Il commercio al dettaglio fugge dai negozi. È questa l’implacabile osservazione di Confesercenti nel presentare gli ultimi dati sul commercio riguardanti il bimestre luglio-agosto 2013. Nonostante un lievissimo segnale di miglioramento (un saldo positivo di 322 imprese tra il quarto bimestre 2012 e quello del 2013) i due mesi estivi hanno cancellato la ripresina di maggio-giugno: nei due mesi appena trascorsi aperto 2.656 nuove imprese commerciali in sede fissa e hanno cessato l’attività 5.574, per un saldo negativo di 2.918 unità (-14.246 nei primo otto mesi del 2013).

PIÙ BANCARELLE CHE NEGOZI. Alla crisi del commercio in sede fissa corrisponde una relativa vitalità degli esercizi su area pubblica che, dall’inizio del 2013, registrano 1.972 imprese in più. Rispetto al numero di aziende rilevate ad agosto 2012, il numero di imprese nel comparto è aumentato in un anno di 6.396 unità, mentre per il commercio in sede fissa si è assistito a una diminuzione di 4.800 imprese. Per quanto riguarda il commercio su area pubblica, da segnalare che la percentuale di imprenditori stranieri nel settore è ormai arrivata al 67%: un fenomeno socio-economico che, sottolinea Confesercenti, meriterebbe un approfondimento.

“La recessione, tecnicamente, sta per finire. Purtroppo non si può dire altrettanto della crisi del commercio e di quella del turismo”, commenta Mauro Bussoni, segretario generale di Confesercenti. “Ormai è chiaro a tutti che le liberalizzazioni delle aperture non servono ad agganciare la ripresa. Il commercio appare essere a rischio destrutturazione: le imprese in sede fissa scompaiono, sostituite da quelle su area pubblica; ma anche nei nostri mercati storici gli imprenditori italiani continuano a cessare le attività, sostituite a loro volta da imprese straniere. Che hanno un ciclo di vita molto più breve – intorno ai due anni – e che spesso investono i profitti all’estero. Senza puntare sulla formazione dei nuovi imprenditori e sull’informatizzazione delle nuove imprese – conclude il segretario – non si può più sperare che il commercio continui a rivestire il ruolo di shock absorber della disoccupazione, come pure ha fatto per 50 anni. Non è tenendo aperto sempre che si aiuta il settore: c’è bisogno di un cambiamento di mentalità e di passo. Non ci si può più improvvisare imprenditori. Ora il Governo dia risposte nuove e convincenti per impedire il crollo di un comparto economico di vitale importanza per l’economia e l’occupazione italiana”

Saldo natimortalità imprese Commercio sede fissa 2013. Confronto tra i bimestri

Periodo

Alimentare

Non Alimentare e non specializzati

Totale

I bimestre(gennaio-febbraio)

-1.150

-8.633

-9.783

II bimestre(marzo-aprile)

-417

-2.550

-2.967

III bimestre(maggio-giugno)

267

1.155

+1.422

IV bimestre(luglio-agosto)

-348

-2.570

-2.918

Fonte: Osservatorio Confesercenti

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Secondo Comitas, l'associazione delle piccole e microimprese italiane, dal 2011 sono falliti 74.500 negozi e sono andati persi circa 300 mila posti di lavoro