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Sconti e domeniche aperte: la grande distribuzione combatte la crisi

L’allarme di Cobolli Gigli: «Situazione critica, più di così non si può fare. Per aiutare la clientela, nessun passo indietro sulle liberalizzazioni»

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«Siamo al limite». Bastano poche parole di Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, per sintetizzare lo stato d’animo delle 45 maggiori catene della grande distribuzione in Italia.

Da Esselunga a Auchan, da Ikea a Zara, i grandi gruppi per bocca del loro rappresentante chiedono al governo di non fare marcia indietro sulle liberalizzazioni nel commercio.

Sul Corriere della Sera, il riassunto della situazione: scendono i consumi di «frutta, verdura ed elettronica», tengono «il bricolage e gli articoli sportivi» e aumenta la ricerca di «sconti»: la gdo sta facendo la sua parte per combattere la crisi ma è al limite. Ogni passo indietro porterebbe all’azzeramento della redditività.

Su 60 miliardi di fatturato nel 2012, gli utili netti sono stati dello 0,2%. Non bastano nemmeno gli 80 euro del bonus Renzi: decisione «positiva», ma insufficiente a contrastare il calo del fatturato atteso per quest’anno di 1,7 miliardi di euro. E i tedeschi di Rewe si preparano a lasciare l’Italia con il loro marchio Billa che aveva rilevato le Standa.

Con il crollo dello 0,7% dei prezzi degli alimentari sancito dall’Istat, Cobolli Gigli denuncia: «C’è un limite alla sostenibilità finanziaria. Finora gli sconti hanno permesso alle famiglie un risparmio di sei miliardi l’anno», ricorda il presidente di Federdistribuzione che illustra le novità più recenti la spinta ai prodotti a marchio del distributore e il prezzo basso «tutti i giorni» stile WalMart.

Tuttavia a maggio le vendite sono calate dello 0,8% mettendo a rischio competitività e occupazione. Che cosa ci si attende dal governo? «Un’accelerazione sulle riforme e sulla semplificazione. E poi non toccare le aperture domenicali dei negozi introdotte dal Salva Italia di Monti.

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