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Orologi, non è un Paese per mono-boutique

Almeno nel campo dell’orologeria meccanica di alta gamma. Infatti, in Italia i negozi dedicati a una sola marca continuano a non sfondare, mentre all’estero…

Ve la ricordate la pubblicità in stile anni ‘90 della Pirelli? «La potenza è nulla senza controllo» recitava lo slogan dei famosi pneumatici sopra il velocista Carl Lewis, pronto a scattare sulla linea di partenza, calzando scarpe da donna rosso fuoco e tacco dodici. Ecco, è il controllo che continua ad avere un ruolo determinante anni dopo non solo sulle strade ma anche nel mondo dell’orologeria meccanica di alta gamma, almeno a livello internazionale; dove le boutique monomarca vivono una crescita fisiologica dal punto di vista quantitativo, nonostante un mercato pieno di incertezze, determinate dall’Asia – e soprattutto dal suo “centro”, Hong Kong (il principale snodo commerciale dell’intera orologeria mondiale) – in calo di acquisti, con i relativi e giustificati sospiri di pura tensione per tutti gli addetti ai lavori delle lancette di lusso. Mentre in Italia le boutique monomarca non hanno realmente “sfondato”. Prima però di spiegarne i fattori, si rende necessaria una mappatura della nostra penisola e della relativa penetrazione dei brand più noti, con una panoramica generale rappresentata solitamente da un negozio in posizione strategica nelle consuete vie del lusso, con almeno un paio di vetrine, un direttore di boutique e una rotazione minima di risorse umane alla vendita peraltro non sempre particolarmente competenti a livello tecnico sui propri prodotti, ma capaci di cavarsela con almeno un’altra lingua oltre all’inglese.

Diffusione, competenza e tradizione

dei concessionari hanno limitato

l’espansione delle boutique:

la clientela italiana

non vuole rinunciare

a questi valori aggiunti

CHI E DOVEDal Nord al Sud, isole comprese, contiamo una novantina (tra mono e multiprodotto dello stesso brand) di boutique, considerando inoltre che il top player Rolex ha “soltanto” cinque boutique, in partnership con noti rivenditori locali – vedi Cassetti a Firenze, Pisa a Milano, Salvadori a Venezia, Cusi a Portofino e Salvini a Forte dei Marmi -, perché possiede già da decenni la rete di vendita più radicata del Paese, con concessionari fidelizzati (sono gli stessi o quasi da diverse generazioni); i quali peraltro molto spesso sono di fatto retailer monomarca (oltre a Rolex vendono anche Tudor, altro marchio del gruppo che riveste un ruolo sempre più sostanziale nella fascia considerata entry level in termini di listino e non certo di contenuti, ereditati dalla straordinaria filiera della casa coronata). Mentre Patek Philippe, altro marchio di riferimento internazionale nell’altissimo di gamma, non ha boutique nel nostro Paese ma, oltre ai concessionari tradizionali, si avvale di alcuni corner dedicati in esclusiva ai suoi prodotti negli store più prestigiosi che in pratica sono negozi nei negozi. Non vi sono particolari sorprese nella geo-localizzazione dei punti vendita, visto che sono concentrati nelle consuete strade dello shopping del lusso, localizzate nelle quattro città italiane dalla vocazione più turisticamente internazionale: Milano (via della Spiga e Monte Napoleone), Roma (via dei Condotti, via del Corso e piazza di Spagna), Firenze (le vie centrali intorno a piazza della Repubblica) e Venezia (piazza San Marco). Al “poker” di città italiane universalmente più conosciute nel mondo, si aggiungono a una certa distanza le capitali estive del turismo dal profilo “premium”: Porto Cervo e Capri e due città eterogenee, ma dalla grande tradizione di buon gusto e raffinatezza come Bologna e Napoli.

MULTIPRODOTTOI marchi più prestigiosi della gioielleria mondiale gestiscono numerosi monomarca nelle principali vie del lusso e nelle capitali del turismo. In essi, i segnatempo ricoprono un ruolo marginale, ma in costante crescita

NUMBER ONETra i marchi che hanno nell’orologeria il proprio core-business, il primo come numero di boutique è Panerai (6), che ha sviluppato questo imprinting fin del suo ingresso nel Gruppo Richemont e oggi, oltre alla storica vetrina fiorentina di Piazza San Giovanni, dove è nata la leggenda del marchio italiano, registra un altro punto vendita a Firenze e ancora a Milano, Napoli, Portofino e Venezia. Seguono tre nomi prettamente di savoir-faire orologiero come Jaeger-LeCoultre (5), Audemars Piguet e Omega (entrambe con 4). E le città sono le solite “capitali” per Omega, con JLC che ha 2 negozi a Roma e Audemars Piguet che non è a Firenze, ma a Porto Cervo. I suoi due store “istituzionali” Iwc li ha aperti a Roma e Venezia. Con una boutique ciascuna (ben posizionate a Milano), seguono Breguet, Piaget e Richard Mille. A tutti questi brand vanno aggiunti quelli di Bulgari, Cartier, Chanel, Hermès, Montblanc e Chopard che hanno sì dei monomarca, ma dove l’orologeria riveste un ruolo secondario, anche se in crescita costante. Ma eravamo partiti da Carl Lewis in tacchi a spillo per la pubblicità Pirelli. Il motivo principale della proliferazione delle boutique è il controllo: sia della vendita, perché così facendo si privilegia il cliente finale rispetto a un eventuale altro commerciante, chiamato “parallelista”. Il prodotto ha la miglior valorizzazione possibile, in un contesto che rappresenta la filosofia della casa. E non si rischia la cannibalizzazione da parte dei marchi più noti, come invece può accadere all’interno di un concessionario multi-marca. Altro aspetto decisivo nella distribuzione esclusiva è quello dell’assortimento dell’intera gamma, con sempre più modelli venduti solamente nel circuito delle boutique, per una politica lungimirante che nel mercato odierno ha introdotto Panerai con le sue famose, e in alcuni casi ricercatissime, “Special Edition” o “Boutique Edition”. Anche perché quando un marchio ha un listino che parte da 5 o 10 mila euro e supera il milione per pezzi unici o in serie limitatissima, ci troviamo di fronte a un bivio. Un importante concessionario ufficiale di brand di primissima fascia, in riservatezza ci ha confidato che di un determinato marchio non ha mai venduto oltre la complicazione del crono-perpetuo (per una cifra che supera i 100 mila euro), mentre la gamma della maison in questione ha decine di altri modelli dal prezzo ben superiore.Ecco, per la clientela più esigente e magari dal respiro internazionale, il luogo d’acquisto ideale è la boutique monomarca. Allora perché in Italia le boutique monomarca non hanno “sfondato”? Per le caratteristiche uniche al mondo della nostra rete di concessionari ufficiali. Tanto per fare un esempio, Patek Philippe, in Francia, ha il suo “salone” e un altro concessionario, entrambi a Parigi. Da noi i concessionari sono 39 distribuiti in tutta la penisola. Ma non è solo questione di diffusione. A fare la differenza sono la competenza e la tradizione, con alcuni punti vendita che sono concessionari dei marchi più prestigiosi da tre o quattro generazioni. Valori aggiunti a cui la clientela italiana non è disposta a rinunciare.

MONOPRODOTTO Sono poche e selezionatissime le vetrine delle grandi case orologiere: il primo posto spetta a Panerai, che ha seguito questa filosofia sin dagli albori e oggi offre pezzi in esclusiva per i suoi punti vendita

Credits Images:

Il negozio Iwc di Venezia, l'altro del marchio ha sede a Milano