Connettiti con noi

Business

La rivolta in Libia preoccupa la Cina: 95 miliardi per la sicurezza

Per il 2011 il governo cinese spenderà più 91 miliardi di dollari per modernizzare l’esercito, ma per la prima volta ne spenderà di più per la “sicurezza interna”. La stampa cinese parla di un chiaro segnale ai promotori delle proteste pacifiche, ma i Paesi a oriente non sono così tranquilli

Quest’anno la Cina investirà più di 90 miliardi nell’esercito, ma altri 95 saranno spesi per la “sicurezza interna” del Paese per una spesa complessiva superiore a 180 miliardi di dollari. Il governo cinese punta a modernizzare l’esercito, ma guarda anche alla stabilità all’interno dei suoi confini: per la prima volta, infatti, la spese per la sicurezza interna supereranno quelle per la difesa. A illustrare i dati sul bilancio dello Stato (+12,7% per spesa militare, +13,8% per la sicurezza interna) il premier Wen Jiabao che ha abbassato il tasso di crescita “ideale” all’8%. Il premier cinese ha puntato l’accento anche sulla lotta all’inflazione – al 4,9 in gennaio – e avrebbe annunciato misure per stimolare i consumi interni per sganciare l’ economia dalla sua forte dipendenza dalle esportazioni.

Le preoccupazioni dalla rivolta in Libia…La diffusione dei dati sulla sicurezza interna è coincisa con un editoriale del Beijing Daily, uno dei giornali del Partito Comunista Cinese, che ha messo in guardia i promotori delle cosiddette “passeggiate dei gelsomini”, delle proteste pacifiche per la democrazia ispirate dalle rivolte popolari in corso in alcuni paesi arabi. Il quotidiano cinese accusa “alcune persone all’interno e all’estero”, di voler sfruttare per i loro fini le proteste nel mondo arabo e afferma che i loro progetti “sono destinati al fallimento. (…) tutti capiscono che la stabilità è felicità e che la confusione è disastrosa”.

… e le preoccupazioni per la crescita del budget militare cinesePer quanto riguarda l’aumento della spesa per l’esercito, il portavoce dell’Assemblea Nazionale del Popolo, Li Zhaosing ha affermato che l’aumento delle spese militari è “giustificato” dalle esigenze della modernizzazione dell’esercito che la Cina sta gradualmente trasformando dall’”armata popolare” del presidente Mao Zedong in una moderna forza militare. Oggi l’Esercito Popolare di Liberazione cinese ha 2,3 milioni di uomini sotto le armi. Li ha ricordato che molti paesi occidentali spendono per la difesa percentuali del loro prodotto interno lordo molto più alte di quelle cinesi (il 2% del Pil e il 6% del bilancio dello Stato). Alcuni analisti occidentali ritengono, però, che in realtà Pechino investa nella modernizzazione dell’ esercito molto più di quanto non voglia ammettere; più del doppio secondo un rapporto stilato l’anno scorso dal Pentagono. In gennaio, Pechino ha confermato di aver effettuato un test del suo nuovo jet da combattimento, il J-20. Inoltre, gli analisti di Washington ritengono che Pechino abbia fatto grandi passi avanti nella costruzione dei missili e che abbia mostrato la sua capacità con il riuscito abbattimento di un satellite fuori uso, nel 2007. Li Zhaoxing ha ripetuto che la Cina ha il solo scopo di difendersi e che “non rappresenta una minaccia per nessuno”. Ma negli ultimi due anni i dubbi nella regione sono cresciuti. In una prima reazione, il portavoce giapponese Yukio Edano ha sostenuto che “ci sono diverse parti del budget non chiarite nei dettagli” e si è augurato che “la Cina aumenti la chiarezza sulle sue politiche di difesa e di forza militare, attraverso lo scambio di informazioni in materia di sicurezza”. Anche il consistente aumento dell’ 11,6% delle spese militari annunciato nei giorni scorsi dall’India potrebbe avere a che vedere con la percezione di una minaccia da parte della Cina. La maggioranza degli analisti ritiene che se indubbiamente la forza militare della Cina è in crescita, le probabilità di crisi regionali sia minima. “Per la Cina le rivendicazioni territoriali sono una preoccupazione secondaria rispetto alla crescita economica e alla stabilità”, ha dichiarato Duncan Innes-Kerr della Economist Intelligence Unit di Pechino.