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Import libero se il marchio non è registrato

Secondo una recente sentenza della Cassazione, non è perseguibile l’imprenditore che porta in Italia merce considerata ‘taroccata’ ma le cui formalità del copyright non sono state ancora concluse

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Nessuna conseguenza penale per l’imprenditore cinese che ha importato in Italia prodotti considerati taroccati dal colosso giapponese dei videogiochi dal momento che la merce in questione è stata caricata sulle navi in Cina cinque giorni prima che si concludessero le formalità di copyright. La tutela penale del marchio industriale e commerciale, infatti scatta solo dopo la registrazione; chi ha ordinato il carico deve essere assolto perché fatto non sussiste dal reato di introduzione nello Stato di prodotti con segni falsi e anche dall’accusa di ricettazione. È quanto stabilito dalla seconda sezione penale della Cassazione, nella sentenza 42446/12, pubblicata il 31 ottobre e riportata dal quotidiano Italia Oggi. “Il collegio – si legge sulle pagine del quotidiano – segue l’orientamento giurisprudenziale secondo cui non scatta la tutela penale ma soltanto quella civile nel periodo compreso fra la domanda di registrazione del marchio e l’ottenimento del titolo: affinché si configuri il reato, insomma, manca la consapevolezza dell’antigiuridicità dell’importazione della merce in capo all’agente, dal momento che l’opera dell’ingegno non è stata ancora riconosciuta formalmente come tale. Quest’indirizzo piuttosto risalente, osservano gli “ermellini”, è stato recuperato da una pronuncia recente (cfr. 25273/12): deve infatti ritenersi che, con l’inciso «potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale» inserito nell’articolo 473 Cp dalla legge 99/2009 in tema di internazionalizzazione del imprese, il legislatore italiano ha voluto ratificare che ai fini della tutela penale non basta soltanto l’avvenuta presentazione domanda di brevetto o marchio. Per la configurabilità dell’illecito, nella specie, manca quindi l’elemento soggettivo. Né si configura la ricettazione in capo all’imprenditore dal momento che è proprio a quest’ultimo è stata contestata l’illecita importazione di prodotti contraffatti, vale a dire il reato presupposto”.