fondi Ue

Fondi Ue, l'Italia ha versato 37 miliardi tra il 2010 e il 2016. Ma è difficile dire quanto abbia ricevuto indietro: perché grazie all'accelerazione nella spesa, il nostro Paese è riuscito a non perdere alcuna risorsa di quanto assegnato fino al 2015. La fretta di spendere per non perdere i fondi, però, non può garantire gli stessi ritorni che avrebbe portato una migliore programmazione. E le cose per il nuovo ciclo che scade nel 2020 non sono migliorate per nulla, avverte le Corte dei conti nella relazione Rapporti finanziari con l'Unione europea e l'utilizzazione dei Fondi comunitari .

Fondi Ue, l'Italia ha versato 37 miliardi

A proposito di fondi Ue, l'Italia è il quinto Paese europeo per contributi netti casse comunitarie: 4,4 miliardi nel corso del 2016, un valore in linea con l'anno precedente. Tuttavia, sono calati sia i versamenti (15,7 miliardi, -4,7% sul 2015) che i prelievi (da 12,03 a 11,3 miliardi) da Bruxelles. I 37,7 miliardi versati tra il 2010 e il 2016 sono invece il quarto totale complessivo dopo quelli di Germania, Regno Unito e Francia: «La sola considerazione dei saldi finanziari, costantemente negativi per il nostro Paese, non esaurisce l'analisi economica dei costi e dei benefici derivanti dalla partecipazione all'Unione europea», sostengono i magistrati contabili. «A rendere più evidenti i benefici, potrebbe contribuire in futuro un più diretto collegamento tra risorse devolute all'Europa e finanziamento di 'beni pubblici europei' (quali ad esempio la stabilità finanziaria, lo sviluppo sostenibile, la protezione ambientale)». 

Come vengono spesi i fondi Ue

Ma come vengono spesi i fondi Ue? L'Italia ha impiegato tutte le risorse assegnate: sono tornati indietro appena 193 milioni su 27,9 miliardi previsti nel programmazione finanziaria 2007-2013. Un mezzo miracolo se si considera che nel 2011 era stato utilizzato appena il 18% del budget. Per realizzare questo obiettivo sono serviti dei trucchi contabili che mascherano il mancato arrivo effettivo dei denari laddove serve, per lo meno in tempi apprezzabili: «A fine periodo, le minori risorse nazionali effettivamente immesse a sistema», rispetto alla programmazione originaria di sette (+ 2 anni di extra-time),«possono stimarsi in quasi 15 miliardi». E soprattutto la Corte dei Conti si chiede se alla fine siano stati davvero finanziati i «progetti qualitativamente validi ai fini della crescita e dello sviluppo».

Nuovi ritardi e procedure di infrazione

Il nuovo ciclo di fondi Ue al 2020 è già nuovamente in ritardo: siamo al 10,19%, per gli impegni e al 3,16%, per i pagamenti. «Valori piuttosto bassi, considerando che si è giunti a metà del ciclo di Programmazione, che rischiano di compromettere seriamente gli intenti di miglioramento della tempistica di attuazione e della performance rispetto al ciclo precedente», avvisano i giudici contabili. «La spesa dei fondi strutturali certificata a Bruxelles dalle Autorità di Gestione responsabili dei programmi assomma al 31 dicembre scorso a 2,6 miliardi di euro (5,2% dei fondi Fesr e Fse) centrando pienamente l'obiettivo stabilito dalla Commissione Europea per l'Italia nel 2017», replica però il ministro della Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti. 

Resta la speranza che il futuro porti con sé, oltre a una migliore capacità di spesa, anche una riduzione delle procedure di infrazione. Tra condanne e seconde condanne - quelle per il mancato rispetto delle prime (dall'emergenza rifiuti in Campania al mancato recupero di aiuti corrisposti alle imprese in Veneto, passando attraverso le "discariche abusive" e il "mancato recupero degli sgravi contributivi illegittimi concessi per interventi a favore dell'occupazione"), l'Italia ha pagato 412 milioni di euro di sanzioni. 
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