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Cinema, un business a tutto schermo

Comparto strategico per il Paese grazie a un valore medio annuo pari a quasi 4,5 miliardi di euro, il cinema italiano archivia un anno d’oro in cui ha vinto diversi riconoscimenti internazionali tra cui anche un Oscar

L’annus mirabilis è sta­to il 2010, quando il box office portò nelle casse delle sale italia­ne oltre 735 milioni di euro grazie a 110 milioni di biglietti staccati, secondo i dati raccolti da Anica, l’associazio­ne nazionale industrie cinematografi­che audiovisive. Da allora presenze e incassi hanno iniziato una costante e inesorabile discesa, con una parziale ripresa registrata nel 2013 (box office di 618 milioni e 97 milioni di spetta­tori), a livelli comunque distanti dal­le performance di un passato crono­logicamente recente, ma nei fatti mol­to lontano. Tornare ai livelli del 2010 appare oggi alquanto difficile, da un lato per l’incidenza della crisi econo­mica sulle abitudini di consumo degli italiani, aggravatasi oltretutto nel cor­so del 2014, dall’altro per l’emergere di nuove modalità di fruizione delle pellicole cinematografiche. Nel 2013, tra l’altro, a trainare il mercato è stato Sole e catinelle, il terzo film con prota­gonista il comico pugliese Checco Za­lone, quasi 52 milioni di euro di box office per oltre 8 milioni di presenze. Un risultato straordinario (è il secon­do film di maggiore incasso in Italia dopo Avatar, il kolossal di James Ca­meron), per la gioia in primis di chi l’ha prodotto, la Medusa Film guidata da Giampaolo Letta.

DI RECENTE LE PRODUZIONI TRICOLORI SI SONO FATTE APPREZZARE DALLA CRITICA MONDIALE, ANCHE SE LA LORO DISTRIBUZIONE ALL’ESTERO RESTA CONTENUTA

Analizzando il 2014, secondo i Bi­glietti d’Oro del cinema italiano, i ri­conoscimenti assegnati dall’Anec ai film che hanno incassato di più al bot­teghino dal 1° dicembre 2013 al 30 novembre 2014, in testa alla classifica figurano due produzioni internazio­nali della Disney: in prima posizione l’imbattibile Frozen – Il regno di ghiac­cio, quinto film nella storia del cine­ma per incasso a livello internazionale e, a seguire, Maleficent. La prima pro­duzione italiana è Un boss in salotto di Luca Miniero, terza con un box of­fice di poco più di 12 milioni di euro, ben lontano dunque dai risultati di Za­lone. Allargando lo sguardo al mese di dicembre, che ha visto tra l’altro il ritorno nelle sale di Aldo, Giovanni e Giacomo con Il ricco, il povero e il maggiordomo, il bilancio non è molto confortante: nel mese i biglietti vendu­ti sono stati 11,14 milioni, in calo del 7,6% rispetto allo stesso periodo del 2013; di conseguenza l’incasso, pari a poco più di 74 milioni di euro, è ca­lato del 7,7%. Dicembre dunque con­ferma l’andamento registrato a partire da gennaio: 91,46 milioni di biglietti venduti, -6,13% rispetto al 2013, e un box office di 574,84 milioni di euro, in calo di quasi sette punti percentuali rispetto all’anno precedente.Il concetto di “straordinarietà” spiega bene l’attuale stato di salute del cine­ma italiano, un comparto strategico per il Paese se si pensa che il suo va­lore annuale, come evidenzia il Rapporto 2013. Il mercato e l’industria del cinema in Italia, edito dalla Fon­dazione Ente dello Spettacolo (FEdS) in partnership con la Dg Cinema-Mi­bact e in collaborazione con Luce Cinecittà, ammonta a 4,4 miliardi di euro. «In Italia il cinema vive molto sulle spalle di pochi titoli domestici, non destinati dunque all’internazio­nalizzazione: quando questi film rie­scono a sfondare, come nel caso del­le produzioni di Zalone, il botteghino nazionale ne beneficia nel suo com­plesso», spiega Fabrizio Perretti, do­cente di Economia e strategia dei me­dia presso l’Università Bocconi di Mi­lano. Come evidenzia sempre il rap­porto della FEdS, «eventuali picchi d’incasso registrati in qualche anno sono da collegare a qualche “film-evento”, il che rafforza la valutazione di un mercato fragile, la cui base di consu­matori è talmente li­mitata che è sufficien­te un solo prodotto di particolare richiamo per trainare verso l’al­to i ricavi dell’intero segmento».

NEGLI ULTIMI ANNI I PRODUTTORIHANNO DIMOSTRATO ABILITÀ NEL MUOVERSI IN UNO SCENARIO COMPLETAMENTE MUTATO

«Certo, negli ultimi tempi, grazie a La gran­de bellezza di Paolo Sorrentino e non solo, il nostro cinema si è fatto apprezzare dalla critica internazionale, ottenen­do tanti riconoscimenti di prestigio. La distribuzione dei film italiani all’este­ro rimane però circoscritta a pochi cir­cuiti, la permanenza nelle sale poi è di breve durata. Il nostro rimane un ci­nema di nicchia, alle volte di gran­de rilevanza culturale ma complessi­vamente di valore economico ancora modesto», sottolinea ancora Perretti.

2014 VINCENTEIn effetti, il 2014 è stato un anno di grandi successi per il cinema tri­colore sul fronte dei premi: il film di Paolo Sorrentino ha trionfato agli Oscar, Le meraviglie di Alice Rohrwa­cher ha vinto il Grand Prix al Festi­val di Cannes, la doppia Coppa Vol­pi alla Mostra del cinema di Venezia è stata assegnata ai due protagonisti di Hungry Hearts di Saverio Costan­zo. Senza contare che a dicembre Pif ha trionfato con La mafia uccide solo d’estate alla 27esima edizione degli European Film Awards, kermesse che ha visto imporsi anche L’arte della fe­licità di Alessandro Rak come miglio­re film d’animazione. «Il nuovo corso del cinema italiano dà i suoi frutti», commenta Francesca Medolago Alba­ni, responsabile del Centro Studi Ani­ca. «I premi sono in primo luogo un riconoscimento al talento degli auto­ri. Ma negli ultimi anni, è bene ricor­darlo, i produttori hanno dimostra­to una grande abilità nel muoversi in uno scenario completamente mutato, acquisendo competenze in passato meno necessarie, soprattutto in ambi­to finanziario. Sino a poco tempo fa il Fondo unico per lo spettacolo era un punto di riferimento centrale per il settore. Ora non è più così».

I finan­ziamenti pubblici, un tempo la spina dorsale del cinema italiano, sono in­fatti sempre più ridotti al lumicino: il sostegno finanziario, diretto e indiret­to, del Fondo unico per lo spettacolo continua a diminuire di anno in anno: dai 99,7 milioni del 2012 è passato ai 91 milioni del 2013 e agli 82 milioni dell’anno scorso. «Il cinema ha dovu­to cercare vie alternative per trovare i finanziamenti: i fondi europei e re­gionali, la raccolta degli investimen­ti tra banche e aziende grazie a due nuovi strumenti, il tax credit e il pro­duct placement, mentre alcune real­tà hanno optato per lo sbarco in Bor­sa. E poi, nell’ambito delle coprodu­zioni, il nostro cinema ha rafforzato la sua capacità di stringere relazioni su scala internazionale». I produttori italiani più importanti rimangono Rai Cinema di Paolo del Brocco (vedi in­tervista di copertina), Medusa, la Fil­mauro di Aurelio de Laurentiis, l’Ita­lian International Film di Fulvio e Fe­derica Lucisano (quotata in Borsa dal­lo scorso luglio come Lucisano Me­dia Group), Cattleya e la Lucky Red di Andrea Occhipinti. Accanto a queste realtà storiche si sono però fatte stra­da in questi ultimi anni altre società, capaci di raggiungere dimensioni intermedie: si tratta in genere di pro­duttori operativi in tutte le branche del settore audiovisivo, come Indigo Film, Colorado, Wild Side e Indiana Productions. O ancora la recentissi­ma Adler entertainment costituita nel 2013 da Marco Colombo.

BOX OFFICE A STELLE E STRISCELa parte del leone, sul fronte della di­stribuzione e dei risultati al box offi­ce del Bel Paese, continua a spettare al cinema americano, con una quota che, nel 2014, ha sfiorato il 50% del totale (era il 60% nel 2010). Protagoniste in­discusse sono le grandi major, a parti­re dalla Warner Bros. Italia guidata dal President & Managing Director Barba­ra Salabè e dal Managing Director Thea­trical & Strategic Marketing Nicola Mac­canico, per proseguire con la Universal, con a capo l’amministratore delegato Ri­chard Borg, e la Twentieth Century Fox Italia, la company della 21st Century Fox di Rupert Murdoch di cui è presidente e Ceo, nel nostro Paese, Osvaldo De San­tis. E poi la Disney guidata da Daniel Fri go e la Eagle Pictures di Tarak Ben Am­mar (di cui Andrea Goretti ha preso le re­dini nel luglio 2014 diventando ammini­stratore delegato).

È IN CORSO LA RICERCADI STRADE ALTERNATIVEPER SFRUTTARE LA DIFFUSIONESU NUOVE PIATTAFORME,COSÌ COME PER COMBATTERELA PIRATERIA

Il cinema italiano non se la passa a ogni modo male, soprattutto in confronto a quanto succede all’estero: i film nazio­nali, fa sapere Anica, hanno raggiun­to nel 2014 quasi il 28% delle presenze, una delle più alte nel mondo, risalen­do rispetto al 2012, ma in calo nei con­fronti del 31% del 2013, quando Sole a catinelle di Checco Zalone aveva raccol­to da solo circa l’8%. Il settore è vivace, pervaso da un dinamismo che non ac­cenna a placarsi: analizzando il 2013, le opere prime italiane usci­te in sala sono state 161, il 35,5% del totale, men­tre nel 2012 erano state 127, con una quota pres­soché identica (34,8%). E questo nonostante gli in­vestimenti siano calati da 493,1 a 357,6 milioni di euro: la spesa media per le pellicole al 100% na­zionali è così scesa a 1,69 milioni. Il si­stema Italia è poi tornato a diventare un set per le grandi produzioni internazio­nali, grazie in particolare al sistema del­le Film Commission (quegli enti operati­vi su tutto il territorio italiano che eroga­no somme finanziarie pubbliche a fon­do perduto, in genere fondi regionali o comunitari, nonché agevolazioni logisti­che a chi vuole produrre in loco) e alle nuove norme contenute nel decreto Art Bonus, approvato a maggio. Gli investi­menti esteri si sono aggirati nel 2014 in­torno ai 150 milioni di euro.

TUTTA UN’ALTRA FRUIZIONERegisti e produttori, in un quadro caratterizzato da una riduzione delle risorse, non intendono abbassa­re la testa e continuano a credere nel prodotto, consapevoli tra l’altro che l’audiovisivo, considerato nella sua in­terezza, ha in realtà sempre più fame di contenuti. Le sale cinematografiche, infatti, sono destinate a essere affian­cate da sempre maggiori modalità di fruizione: un tempo fu la Tv a scalfirne la centralità nelle abitudini di consu­mo, poi arrivarono l’home video, nel­le sue forme via via più evolute (vhs, dvd, blu-ray), e la pay tv. Oggi la mo­dalità di fruizione dei film destinata a imporsi è la Rete, grazie alla diffusio­ne di pc, tablet, smartphone e, in pro­spettiva, delle smart tv. Il successo di Netflix, l’operatore Usa che presto do­vrebbe debuttare nel mercato italiano con la sua offerta di film e serie Tv on line a pagamento, ne è la più lampante testimonianza. Il cinema ha cercato in questi ultimi anni di individuare nuo­ve strade per difendersi dalla diffusio­ne delle altre piattaforme, così come d’altronde per combattere la pirateria, una piaga che ha trovato nuova linfa vitale nell’on line. «Grazie anche agli investimenti nel 3D, le grandi major hanno puntato su generi molto spetta­colari e su effetti speciali sempre più sofisticati: il fantasy, i supereroi, hanno così preso il sopravvento. E la serializ­zazione è diventata l’arma in più nelle mani dei produttori», afferma Fabrizio Perretti. «In questo modo il cinema ha però perso parte della sua vena creati­va, le sceneggiature sono diventate più deboli. Non è un caso che a proporre contenuti di qualità siano oggi piutto­sto le serie televisive».Il campanello d’allarme è risuonato quest’estate, un periodo tradizional­mente strategico per il cinema ameri­cano: i deludenti risultati al box office hanno messo in evidenza come que­sta non possa essere la strada da conti­nuare a percorrere. «Qualcosa – chio­sa Perretti – i produttori dovranno ora inventarsi, perché risalire la china non sarà affatto semplice».

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