© GettyImages

“Abbiamo svoltato, ma non sappiamo quanto in alto riusciremo ad andare”. È questo il commento di Vito Artioli, presidente dell’Associazione nazionale calzaturifici italiani (Anci) sull'andamento che emerge dagli ultimi dati economici diffusi in questi giorni e relativi ai primi nove mesi del 2010. Da gennaio a settembre dello scorso anno il settore calzaturiero ha fatto registrare un incremento moderato nei volumi realizzati (+1,1%) con una crescita più sostenuta in valore (+2,5%), con un aumento di circa il 2,5% rispetto all’analogo periodo del 2009. Poco più della metà degli operatori (51%) ha indicato un aumento della produzione, il 14% ha chiuso l’anno sugli stessi livelli del 2009, mentre è del 35% la percentuale delle imprese che segnalano una diminuzione della produzione.
“Dobbiamo abituarci - continua Artioli - a vedere differenze consistenti tra le imprese in termini di andamento congiunturale. Alcune imprese, quelle che hanno avviato da tempo un processo di riorganizzazione, stanno oggi raccogliendo i frutti dei loro sforzi mentre altre faticano a trovare un giusto posizionamento sui mercati”. Il presidente di Anci spiega che i dati del commercio estero confermano il consolidamento della ripresa. Dopo l'andamento “decisamente insoddisfacente” del primo trimestre (-0,9% in valore), il secondo e il terzo trimestre hanno evidenziato “incrementi tendenziali rilevanti (entrambi nell'ordine del +19%)”. Artioli sottolinea però che si tratta di “un risultato che ci colloca ancora al di sotto dei livelli del 2008”.

Internazionalizzazione
Il presidente dell’Anci sottolinea poi come il processo di internazionalizzazione delle imprese si faccia via via più complesso “perché occorre agire su un numero sempre maggiore di mercati con la stessa propensione al servizio al cliente che ci ha sempre contraddistinto in Italia e in Europa. È indubbio che parte del processo di ripensamento del settore dovrà essere dedicato a stringere alleanze commerciali e industriali anche oltre il territorio per valorizzare le competenze del distretto, in un contesto più ampio di reti d'impresa”. Potrà così essere garantita alle aziende calzaturiere “quella solidità finanziaria che spesso è il prerequisito per accedere al capitale di rischio ed investimento messo a disposizione del sistema bancario”.

Le minacce dei dai asiatici e africani sulle materie prime
La parziale ripresa del settore non ha innescato, però, non ha ancora innestato quel processo di fiducia nelle imprese che permette di programmare a lungo termine e coinvolgere in modo consistente anche l'occupazione. “E’ una cosa che ci preoccupa” spiega Artioli che, però, sottolinea come altro elemento preoccupante sia la “forma di competizione sleale” che i paesi asiatici e africani stanno mettendo in atto. “Per favorire la produzione locale - spiega Artioli - e renderla più competitiva sui mercati esteri, questi stessi paesi, che possono contare su grandi quantità di pellame grezzo, mettono dazi considerevoli anche sull'esportazione della materia prima. Una situazione che rischia di strozzare l'industria europea rendendo scarsa la materia prima”. È fondamentale, secondo Artioli, che la Commissione valuti “con la necessaria obiettività” se esistono le condizioni per rinnovare i dazi antidumping sulle calzature in pelle provenienti da Cina, Vietnam e Macao che scadranno alla fine di marzo.

Cosa sono i dazi antidumping?
I dazi antidumping sono una delle misure principali di difesa commerciale previste dalla legislazione comunitaria dell’Unione europea. Sono imposte nei confronti di importazioni effettuate sul mercato comunitario da parte di imprese di paesi terzi che vendono sul mercato europeo prodotti a prezzi inferiori al prezzo di vendita sul mercato d’origine della merce (importazioni in dumping).

Etichettatura obbligatoria per le merci importante
“Altrettanto prioritario per il nostro settore - continua il presidente di Anci - è il ripristino del principio di trasparenza nei confronti del consumatore attraverso l'approvazione del regolamento di etichettatura d'origine obbligatoria per le merci importate nell'Unione Europea”.