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Il bellunese è un distretto d’elezione per il comparto dell’ottica. Scelto anche dalle multinazionali straniere. Così il nostro paese vanta il primo posto sul fronte delle esportazioni

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Parla italiano l’occhialeria nel mondo. Un italiano, a dire il vero, con una marcata cadenza bellunese, dal momento che nella provincia veneta è concentrato l’80% della produzione nazionale. Il comparto, negli ultimi anni, ha poi iniziato a parlare anche il linguaggio della finanza internazionale, entrata nel capitale di alcune delle più importanti aziende del settore. Nel 2013, secondo l’Anfao, l’associazione nazionale fabbricanti articoli ottici, la quota del nostro Paese nel mercato delle esportazioni di occhiali da sole e montature si è aggirata intorno al 24% a valore, ponendo l’Italia al primo posto della classifica. La produzione tricolore è molto forte sul fronte delle lenti scure, con una quota prossima al 29%, mentre per le montature lo share è del 21%. Complessivamente l’occhialeria italiana ha esportato nel 2013 circa 93,5 milioni di paia di occhiali, l’1,6% in più rispetto al 2012. Nonostante la globalizzazione e la concorrenza delle economie emergenti, dunque, da noi si fabbricano ancora occhiali venduti in tutto il globo. E, particolare non trascurabile, l’Italia è scelta soprattutto per le produzioni di qualità, mentre Cina e Hong Kong primeggiano sui modelli di fascia bassa. Le esportazioni di occhiali da sole, montature e lenti sono cresciute nel 2013 del 7,2% rispetto al 2012 e hanno raggiunto il loro valore massimo nella storia, oltre 2,8 miliardi di euro. La propensione all’export dell’occhialeria la si coglie anche nell’analisi della sua bilancia commerciale, ampiamente in attivo (il saldo export-import è stato di oltre 1,919 miliardi nel 2013) e in aumento del 7,9% rispetto al 2012. Il bilancio è ancora più positivo se si considera che l’anno scorso anche le importazioni sono aumentate del 5,7% (per un valore di 892 milioni di euro).

EXPORT VINCENTELe esportazioni vedono dunque protagoniste le aziende tricolore, ne assorbono il 90% della produzione e, soprattutto, ne trainano i conti. Il 2013 è stato più che positivo: la produzione italiana è stata di oltre 2,9 miliardi di euro, in crescita del 4,3% rispetto al 2012. La crisi economica frena invece i consumi interni. Per il sesto anno consecutivo, infatti, la chiusura d’anno è stata negativa e le aspettative per i mesi a venire non sono improntate all’ottimismo. In questo contesto, il futuro dell’ottica italiana pare sempre più legato all’internazionalizzazione del business, strada non a caso da tempo percorsa dai grandi player del settore. «Nell’ultimo aggiornamento del World Economic Outlook del Fmi», conferma Cirillo Marcolin, presidente di Anfao, «viene delineata una situazione per il 2014 in cui l’economia mondiale accelera, ma restano rischi al ribasso. Quanto all’Italia, le previsioni ribadiscono che la risalita è lentissima e contrassegnata anche da bruschi passi indietro. Il miglioramento della situazione internazionale è necessario, ma non sufficiente. In questo quadro, non potendo ancora contare sulla ripresa del mercato interno, per il settore dell’occhialeria resta imprescindibile una strategia di internazionalizzazione. Su questo versante», aggiunge «credo che non potremo sbagliare e coglieremo altri successi: del resto, da sempre, internazionalizzazione, innovazione, flessibilità e capacità di competere sono i punti cardine della nostra leadership nel mondo».

BELLUNO CAPITALE DELLE STANGHETTE Occhialeria in Italia vuol dire distretto di Belluno, provincia nella quale l’insediamento del settore ha avuto inizio nel 1878, con l’avvio di un primo stabilimento industriale, ed è proseguita con il diffondersi di una miriade di piccole imprese (l’anno scorso erano 869, in calo dell’1,3% rispetto al 2012). È in quest’area che sono sorti i colossi dell’occhialeria. Come Luxottica, fondata nel 1961 quale azienda terzista, oggi leader indiscussa del settore. L’ultimo coup de théâtre è stato l’accordo per la produzione dei Google Glass. Una partnership che vede protagonisti due dei marchi di proprietà più importanti del portafoglio dell’azienda, Ray-Ban e Oakley. Un’operazione che gioverà sicuramente al business, ma anche all’immagine: la storia di Luxottica d’altronde è un susseguirsi di successi, in modo più marcato sotto la gestione dell’a.d. Andrea Guerra. Nel 2004 la società fatturava poco più di 3,2 miliardi, diventati 7,3 miliardi di euro nel 2013 (+7,5% a valuta costante sul 2012), anno in cui gli utili hanno superato i 600 milioni, in aumento di oltre il 10%. Al centro delle strategie della compagnia, che tuttora fa capo al fondatore Leonardo Del Vecchio, pur essendo quotata a New York, figurano i mercati più maturi: i ricavi provengono per il 78% dal Nord America, ma il gruppo l’anno scorso è riuscito a incrementare il business anche nella tormentata Europa. Il secondo operatore del comparto è Safilo, realtà che fattura più di 1,1 miliardi di euro e ha un bilancio in attivo. Un fiore all’occhiello dell’occhialeria italiana, passato nel 2010 nelle mani del capitale internazionale. La famiglia Tabacchi ha ceduto, infatti, la maggioranza delle azioni della società, allora fortemente indebitata, al fondo olandese Hal. Dall’ottobre del 2013 il gruppo è guidato dall’a.d. Luisa Delgado, subentrata a Roberto Vedovotto, il manager che si è occupato del risanamento dopo l’ingresso di Hal. Quotato a Piazza Affari, Safilo vanta nel suo portafoglio marchi in licenza di alcune delle più celebri griffe della moda, come Gucci, Dior e Hugo Boss.

ANCHE I “PICCOLI” CRESCONO Marcolin ha visto nel 2012 l’ingresso nel suo capitale di Pai Partners con una quota dell’85% (il restante 15% è diviso Diego e Andrea Della Valle, 6%, Antonio Abete, 3%, e la famiglia Marcolin, 6%). Grazie al fondo francese, spiega il ceo Giovanni Zoppas, «Marcolin ha portato a termine l’anno scorso l’acquisizione della statunitense Viva, società specializzata nel campo ottico. Grazie all’operazione, il nostro bilancio non dipende più oggi da mercati in sofferenza, come i Paesi dell’Europa del Sud, o con andamenti variabili, come gli Stati dell’Europa dell’Est. Il 40-45% del business è ora concentrato in America, il 30% nel resto del mondo (Medio Oriente e Asia), il 25% in Europa. L’operazione Viva rappresenta per Marcolin una forte discontinuità anche per altre ragioni: la società abbina la forza di Viva nel segmento vista alla sua tradizionale leadership nel sole. Per quanto riguarda le licenze, il portafoglio ha aggiunto a un brand del lusso come Tom Ford un pilastro del mondo diffusion come Guess». La parte preponderante del giro d’affari di Marcolin è legata proprio alle licenze (oltre il 95%). «Di recente», prosegue Zoppas, «abbiamo acquisito Zegna e Agnone. Inoltre, un altro marchio, a target femminile, entrerà presto nel nostro portafoglio». Nel 2014 il gruppo si attende una crescita in tutti i segmenti in cui opera. Il giro d’affari, secondo quanto risulta a Business People, dovrebbe chiudere con un incremento a livello organico nell’ordine del 5-10%, per un giro d’affari di 380-400 milioni. Fa invece capo ancora oggi alla famiglia, che detiene il 99% del capitale, il gruppo De Rigo, fondato da Ennio De Rigo nel 1978 a Pozzale di Cadore.La società, dopo aver chiuso il 2013 con ricavi stabili a quota 368 milioni di euro (+1,6% a parità di cambi), punta a consolidare il business nel 2014. «Una previsione prudenziale », spiega l’a.d. Michele Aracri, «dovuta all’incertezza del quadro economico e soprattutto alla debolezza delle valute di alcuni dei mercati dove operiamo». Gli indicatori dei primi mesi dell’anno sono in crescita, ma soprattutto, ragiona Aracri, «la nostra posizione finanziaria netta è positiva, non abbiamo debiti. Un quadro che ci permette di valutare con attenzione possibili acquisizioni sul mercato ». A De Rigo fanno capo De Rigo Vision, la società che produce e distribuisce occhiali propri e in licenza, e la Divisione Retail, realtà con un giro d’affari di 160 milioni, che controlla catene di negozi di ottica in Spagna, Portogallo e Turchia. Fiore all’occhiello del portafoglio è Police, uno dei tre marchi di proprietà insieme a Lozza e Sting, che vale il 30% del fatturato del gruppo. «Un brand attorno al quale abbiamo creato un progetto di licensing (profumi, orologi, gioielli) in continuo sviluppo, i cui volumi di vendita sono risultati in forte crescita nel primo trimestre». Il business di De Rigo Vision è garantito per circa il 40% dai brand di proprietà e per il 60% da licenze. L’Europa pesa per il 65% del giro d’affari, l’Italia per l’8,5%. «Il nostro obiettivo», conclude l’a.d., «è aumentare la penetrazione nel Vecchio Continente, sviluppare il business negli Stati Uniti – dove siamo entrati meno di due anni fa – e in Sud America, dove al momento siamo presenti in Brasile. Gli altri mercati che ci vedono protagonisti sono Russia, Turchia, Emirati Arabi e i paesi dell’Asia Pacific, tra cui Cina e Giappone».

Elemento di stile e di carattere

Montano le montature

GLI AMERICANI DELOCALIZZANO NEL CADORENel distretto di Belluno producono anche le multinazionali straniere. Marchon Eyewear, il gruppo nato nel 1983 a New York, celebre per il marchio Flexon, ha avviato la sua espansione nel mondo nel corso degli anni ’90, dopo aver acquisito la licenza di Calvin Klein. L’internazionalizzazione del business ha riguardato prima l’Europa e poi il continente asiatico. Gli investimenti in terra italiana, nel distretto bellunese, risalgono alla metà degli anni ’90, quando a Puos D’Alpago, sono stati aperti il centro progettazione e design e lo stabilimento produttivo. Nel 2008 i tre fondatori di Marchon cedono la società a Vsp Global. Nel 2010 anche la gestione delle licenze, del marketing e della comunicazione a livello europeo viene centralizzata in Italia (prima se ne occupava la sede olandese). In Italia, Marchon produce i marchi della fascia lusso, come Valentino e Salvatore Ferragamo, e di recente anche una parte delle collezioni Nike, Calvin Klein e Lacoste (prima fabbricate in Cina). «La presenza in Italia», spiega Nicola Zotta, direttore generale Emea, «rappresenta per Marchon una vetrina molto importante a livello globale. La fama delle competenze tecnico-stilistiche che caratterizzano la manifattura del Cadore è universale. Inoltre, la presenza locale consente il rafforzamento delle relazioni con i principali brand del lusso, che ritengono l’Italia un mercato strategico». Il terzo operatore mondiale del settore punta a superare nel 2014 i 700 milioni di euro di fatturato tra occhiali e lenti oftalmiche, con un risultato in crescita rispetto allo scorso anno. L’Europa si conferma uno dei mercati che meglio performano, con un incremento delle vendite nel 2013 pari al 20% e l’Italia che gioca un ruolo da protagonista anche sul fronte dei consumi.

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