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Attualità

Porselli, sulle punte della tradizione

Essere rimasti attaccati all’artigianalità, alla lavorazione a mano e all’uso di materiali pregiatissimi: è questo il segreto che ha permesso alla casa italiana regina della produzione di scarpine da ballo di conquistare i teatri di tutto il mondo. E di vincere la sfida delle calzature per tutti i giorni

In un’epoca in cui le aziende investono cifre considerevoli per garantirsi un’ottima brand reputation, e l’ultima frontiera del marketing è spostare l’attenzione dal prodotto alla costruzione di una solida relazione fiduciaria con la propria clientela, ci sono realtà che questo obiettivo l’hanno centrato già da anni ed esclusivamente grazie al passaparola garantito dall’unicità e dalla qualità del proprio lavoro artigianale. Una di queste è la ditta Porselli che, dopo essere stata fondata a Milano nel 1919 da Eugenio Porselli, da diversi decenni è accreditata in tutto il mondo come il nome per antonomasia delle scarpine da ballo italiane. Ancora oggi, questo patrimonio di credibilità e di fiducia è l’arma che le consente di veicolare in mercati difficili come quello della Cina e di Hong Kong – gli ultimi in ordine di tempo a essere approcciati – anche le proprie collezioni di ballerine da strada. E tutto questo grazie all’intuizione di Giovanna Porselli, terza generazione della famiglia alla guida dell’azienda, che fosse più conveniente mantenersi fedele alla lavorazione a mano, pignola e sapiente, e all’utilizzo di materiali eccellenti come il cotone purissimo della fodera o i pellami di capretto e camoscio utilizzati per la tomaia. Questo modello produttivo oggi le consente di “coccolare” le danzatrici, affermate e non, ma anche le donne di ogni età e professione nei più diversi Paesi del mondo.

Come è nato il legame con il mondo della danza che, anche se non è più esclusivo, continua a essere solidissimo?Prima ancora di essere un business, per la mia famiglia la danza classica è stata una passione e, in certa misura, anche un legame affettivo. Molti nostri clienti, infatti, provengono e provenivano dalla scuola di ballo del Teatro alla Scala. Trattandosi di una conoscenza nata quando erano ancora bambini, col tempo si è creato un legame fatto di affetto e di amicizia. Questo era vero soprattutto negli anni dei grandi nomi della danza – per intenderci quelli di Carla Fracci, Luciana Savignano e Anna Razzi – quando le relazioni erano più profonde e sentite, e i rapporti alla “mordi e fuggi” tipici di un’epoca come la nostra dove la velocità è tutto, erano considerati improponibili. Detto questo, ancora oggi chi viene da noi lo fa perché si affida alla nostra competenza ed esperienza. Il piede di una ballerina può cambiare anche molto velocemente in funzione della stagione e della forma fisica. Basta un niente e la scarpa che andava bene prima non è più ideale. Il nostro è un brand che è cresciuto in reputazione grazie alle referenze di chi aveva sperimentato la nostra competenza. Ha contribuito alla nostra notorietà anche il fatto che siamo stati tra i primi a intuire che esportare il made in Italy all’estero era un’opportunità. Basti dire che il negozio Porselli che ancora oggi gestiamo a Londra è stato aperto negli anni ‘30 da un fratello di mio nonno.

Uno dei vostri vanti è il blocco, che ha fatto della vostra scarpina da punta in raso un’icona… Il segreto sta nei materiali e nel procedimento con cui la realizziamo. In pratica viene fatto un impasto di amidi e resine naturali, inserito a rovescio nel blocco della scarpa, che viene lasciata a riposo per 8 o 12 ore. Nell’amalgama sono presenti anche dei componenti che, a contatto con il sudore, diventano idrorepellenti lasciando inalterata la solidità del blocco e la forma della scarpa. Inoltre, trattandosi di materiali naturali la probabilità di allergie o fastidi al piede è minima.

Producete ancora oggi soltanto in Italia?Esclusivamente nel nostro laboratorio di Milano. In parte, questa scelta è dettata anche dal fatto che lavorando moltissimo sul “su misura”, qualsiasi ipotesi di delocalizzazione della produzione viene meno. Non riusciremmo a essere così snelli ed elastici. In questo laboratorio vengono realizzate anche le linee di abbigliamento e di accessori per la danza e le ballerine da strada.

Oggi siete soprattutto concentrati sulle scarpe da strada. Un effetto della crisi del mondo della danza classica?Il balletto è ormai ben lontano dagli splendori degli anni ‘50 e ’60, e la danza classica è passata un po’ in secondo piano rispetto ad altre discipline. La scelta di affiancare a quella delle scarpine da ballo anche una produzione di abbigliamento per la danza e di ballerine da strada, risale agli anni ‘50 ed è stata dettata dalla volontà di soddisfare specifiche esigenze della nostra clientela. Ci eravamo accorti che molte nostre clienti indossavano il modello da mezza punta, che è privo del blocco, in abbinamento alle gonne a palloncino o ai pantaloni modello Capri, che allora andavano per la maggiore. In un primo momento ci siamo limitati a proporre una versione con suola lunga (dove la soletta è lunga tanto quanto la scarpa, ndr), più comoda e adatta a questo tipo di utilizzo, e successivamente abbiamo lanciato le versioni con la forma di destra e sinistra e con il tacchetto. Nel tempo, questa scelta si è rivelata premiante, perché ci ha consentito di reagire bene all’involuzione del nostro originario mercato. Oggi le ballerine da strada rappresentano più del 50% del nostro volume di affari. La nostra forza è la personalizzazione, la capacità di non lavorare esclusivamente sul campionario. Possiamo adattare la scalfatura della ballerina in modo da risolvere problematiche come quella, molto diffusa, del piede a cipolla. Non solo, utilizziamo pellame in una grande varietà di colori e questo ci consente di produrre la scarpa esattamente nella combinazione preferita dal cliente, blu con la punta bianca, scozzese con il profilo blu… L’aver mantenuto una lavorazione manuale ci permette di modellare il singolo paio in base ai gusti e al piede di ciascun cliente.

Come si concilia il vostro essere artigiani con le dinamiche tipiche del mercato attuale? La sfida con cui ci confrontiamo è esattamente questa, trovare un punto di equilibrio tra i tempi e le modalità tipici della lavorazione artigianale e quelli sempre più accelerati ed esasperati del mercato. Mio nonno cuciva le scarpe a mano. Noi utilizziamo una macchina da cucire particolare, ma per il resto tutte le nostre scarpe sono montate a mano. Questo le rende uniche, ma incide sui tempi di produzione. Per fortuna, la nostra è una clientela disposta ad aspettare anche 20 giorni lavorativi pur di indossare esattamente la scarpa che desidera.

DAGLI USA A HONG KONG

La storia di questa casa delle scarpette comincia nel 1919 dall’intuizione di Eugenio Porselli. Il successo dell’azienda milanese è immediato tanto che negli anni ’30 vanta già sedi a Parigi e Londra. Porselli collabora stabilmente con il Teatro alla Scala e conquista così i grandi protagonisti della danza italiana. Oggi, con 20 dipendenti che assemblano a mano ogni prodotto, comprese le ballerine per la vita di tutti i giorni (che rappresentano il 50% del fatturato), il suo successo è globale: ha negozi in Europa e negli Stati Uniti e distributori in Giappone e in Cina.