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Vino in terracotta: dagli Etruschi a noi

Aumenta il numero di cantine che sceglie questo materiale per la vinificazione: esalta il frutto, non aggiunge nulla a differenza del legno e garantisce l’ossigenazione, impossibile con l’acciaio. Ecco le migliori “anfore” sul mercato

Se gli anni ‘90 e 2000 sono stati quelli della barrique e delle botti piccole, gli anni ‘10 del nuovo millennio si preannunciano come quelli del ritorno alla terracotta, al cocciopesto e al cemento. Il vino ha sempre viaggiato nell’anfora a partire dai tempi degli Etruschi, ma nella storia questo non è stato solo mezzo di trasporto. Spesso è stato anche involucro per la vinificazione, come dimostrano gli scavi archeologici in Georgia, nazione originaria della vitis vinifera. Quando si parla di terracotta del vino, si discute di anfore di almeno tre produttori e regioni: Spagna (quelle che usano la siciliana Cos e la trentina Foradori), Georgia (le più antiche come forma ma moderne di fattura, quelle usate da Gravner) e Italia (per esempio imprunetine di ArteNova).

IL MATERIALE DÀ RESPIRO

ALLE VARIETÀ PIÙ AROMATICHE

E RICCHE DI TANNINO

Dal punto di vista enologico, da due chiacchere con l’enologo Francesco Bartoletti, operante in Toscana e tra i precursori di questo tipo di contenitore, abbiamo chiarito alcuni aspetti: la terracotta fornisce un ottimo isolamento termico, dovuto sia al materiale sia all’abitudine di interrarla; quando non è rivestita da cera d’api, consente al vino un’ossigenazione inferiore a quella di una barrique, ma paragonabile a una botte di legno con il vantaggio di non aggiungere niente al contenuto, né tannini né aromi. Rispetto al cemento, altro contenitore storico dell’Italia del ‘900 e abbandonato in favore dell’acciaio inox, crea isolamento ma con l’aggiunta di una salutare ossigenazione. Un processo che ravviva i profumi e anima il frutto, mentre il cemento tende a spegnerli. Vantaggi simili li ha anche il cocciopesto su cui ha puntato la Drunkle Turtle, un’antica miscela che ha caratteristiche, come la longevità, la resistenza e un’elevata porosità, che la rendono unica per il vino, come dimostrano i primi esperimenti di Nobile di Montepulciano de Il Conventino.

Tra i precursori della terracotta ritroviamo attivi i ragazzi di Tenuta Belvedere da Rignano sull’Arno con il loro bianco Noesis 2013: Trebbiano e Malvasia in terracotta rivestita all’interno con cera d’api, nove mesi tra macerazione e affinamento, vino delicato e pulitissimo, limpido, piccante e sapido, finale appuntito con corpo succulento e fruttato. Buono l’esperimento di Antonio Arrighi (dall’Isola d’Elba, non proprio nuova all’uso della terracotta) nel suo TreEsse Igt Toscana 2011 dai profumi di more e mirtillo, macchia, alloro e mirto, cannella e incenso; bocca piacevole col tannino del Sagrantino che si ambienta bene e dona nerbo al Syrah. Molto buono il vino di Marino Maria, l’Aglianico 2013 Pietre Levate da Salerno, magmatico ma pulitissimo, frutto molto vivo, tannino lieve e sorprendente, avvolge, seduce e traccia solchi nel palato, bello come il conterraneo vino di Villa Matilde, vinificato da Riccardo Cotarella, in assaggio dall’anfora. Nettare da cercare e cui appassionarsi è l’armeno Zorah Karasi 2012 (distribuito da Cuzziol), ottenuto dal vitigno “areni” a 1.300 metri con cloni ricavati da vigne centenarie, fermentato e affinato in parte in anfora georgiana, in parte in legno e parte in cemento: di ribes in confettura, resina, sandalo, mirto e cayenna; bocca succosa e freschissima, finale in tripudio di frutto e balsamicità, con rosa finale.

Scendiamo in Abruzzo con Cirelli che presenta tre vini intriganti come il Cerasuolo 2013, di lamponi, bocca freschissima e speziata, elegante e fruttato; il Trebbiano 2013 con toni vegetali e di nespola, susina matura e menta, bocca placida e gessosa; e il Montepulciano 2013, balsamico e fruttato, pepe e senape, bocca croccante ed espansiva, tannino tracciante e pepato. Grande l’esperienza di Giusto Occhipinti in quel di Vittoria e lo dimostrano la qualità del Cos Pithos Rosso 2011, un Cerasuolo di Vittoria in pectore che ha la consueta forza, ricchezza di sapore e una bella dose di piccantezza che sorregge il sorso. In Campania il faro è la Tenuta Cacciagalli di Teano: presenta il Leneo 2013 da uve falanghina che regala intensità incredibile e menta, bocca placida e sfaccettata, mentolata e ricchissima ma agile. Segue lo Zagreo 2013, un fiano che dopo tre mesi di macerazione sa di sole ed energia, albicocca e pesca, ginestra e rosa, litchi, bocca energica e voluttuosa, finale epico. Ottimo anche il rosso Lucno 2013, un Piedirosso in purezza ricco di frutto e sapidità, pellame nobile e ribes rosso; bocca fresca e piacevolissima, finale medio come lunghezza ma sorso sempre molto vitale.

All’altro capo d’Italia, in Trentino, Elisabetta Foradori ripercorre le orme di Cos con le anfore georgiane e presenta lo Sgarzon 2012, un Teroldego da vigneto cru di due ettari sabbioso morenico: melograno e lampone, arancia rossa, bocca agile e croccante, piacevole e ritmata, finale veloce. Da segnalare anche la Nosiola 2009 Fontanasanta, vino splendido e ammaliante, delicato ed essenziale, pulitissimo con note di fiori gialli e bianchi, pesca, mirabelle, glicine e gesso, canfora e camomilla. Stefano Casadei con le sue tenute di Toscana e Sardegna presenta una delle gamme più accurate e centrate, usando anfore Artenova per il Vernasco Sardegna Igt Vermentino e Nasco 2014, con note di susina e biancospino, bocca balsamica, gessosa, con salvia e rosmarino, finale ricco e arioso, saporito e marino; il Sangiovese 2012 dalla Rùfina (Fi), lamponi in confettura, cardamomo e liquirizia, viola candita, spezia e arancio, bel finale pepato nero e tocco vegetale di peperone incantevole; e il Syrah da Suvereto (Li) con note di pepe in grani, mora e fragole, bocca delicata e floreale sorprendente, esile e lieve, elegantissimo.

In Piemonte troviamo la Barbera d’Asti Docg 2011 di Costa di Crealto (Piemonte) con frutto scuro, mirtillo e mora, bocca polposa ed esplosiva, tannino fine e sapido, con traccia alcolica nel finale ben presente. Assaggiando una bella selezione dei vini nati qui dentro, ci si rende conto che la terracotta è un contenitore molto adatto a far emergere il varietale e in genere il frutto, e dare respiro e ossigenazione a varietà molto aromatiche e ricche, aiutando nei casi di frutto esuberante e ricco di tannino come Aglianico, Montepulciano, Piedirosso e Syrah, spesso gonfiati dal legno e appiattiti dal cemento.