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Poldi Pezzoli, la casa delle meraviglie

Chi sale lo scalone di questa casa-museo nel cuore di Milano entra in un mondo magico fatto di 21 stanze che custodiscono oggetti straordinari e capolavori da fare invidia a tutta Europa. Opere d’arte che parlano alle nuove generazioni anche attraverso l’utilizzo della tecnologia

Per vedere il cielo in una stanza basta fare due passi nel cuore di Milano, in via Manzoni 12, a fianco del Teatro alla Scala, e bussare alle porte di una casa settecentesca in stile neoclassico, con ampio giardino interno all’inglese e fontane. Qui vi accoglieranno gli eredi morali di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, gli operatori museali che hanno trasformato, secondo il suo volere, il palazzo in una casa museo tra le più ricche e meglio conservate d’Europa. Salendo per i gradini dello scalone barocco entrerete in un mondo magico fatto di 21 stanze (in origine erano 12) ognuna delle quali vi aprirà una finestra su altrettanti cieli. È un caleidoscopio la casa museo Poldi Pezzoli, dove ogni sala è uno scrigno che custodisce tesori e che ne rimanda ad altri. Nel ‘500 i collezionisti chiamavano Wunderkammer le stanze delle meraviglie, quei particolari ambienti dove erano soliti conservare oggetti straordinari e capolavori d’arte. Il Poldi Pezzoli, inserito nel circuito delle case museo milanesi, è il tempio del collezionismo privato italiano, erede di quella tradizione dei grandi mecenati della cultura. Percorrendone le stanze vi imbatterete in capolavori da far invidia ai musei più titolati d’Europa: come quelli di Piero del Pollaiolo (il Ritratto di giovane dama, secondo alcuni attribuibile in realtà al fratello Antonio, è icona della collezione Poldi Pezzoli), Piero della Francesca, Perugino, Giovanni Bellini, Michelangelo, Pinturicchio, Andrea Mantegna, Filippo Lippi, Francesco Hayez, Canaletto, Giovanni Battista Tiepolo. Ma questa casa museo è molto di più di un contenitore di opere d’arte. Perché conserva quel fascino di stanze delle meraviglie dove a quadri e sculture si alternano orologi dai meccanismi complessi, preziosi di oreficeria, tappeti persiani del ‘500, armature antiche, dipinti murali e vetrate ispirate al mondo dantesco, stucchi e tessuti.

IN QUESTI SPAZI SI ALTERNANO

QUADRI E SCULTURE, ARMATURE

E OROLOGI DA COLLEZIONE

LASCITO INESTIMABILEIl museo si basa sulla collezione privata di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, nato a Milano il 27 aprile 1822, appassionato di oggetti d’arte e di rarità sin da giovanissimo. Del resto la sua è una famiglia di amanti della cultura e dell’arte. La madre Rosa Trivulzio, figlia del marchese Gian Giacomo Trivulzio, è cresciuta in un ambiente di letterati a stretto contatto con il neoclassicismo milanese e con poeti come Vincenzo Monti e Giuseppe Parini. Il padre è Giuseppe Poldi Pezzoli, dal 1818 erede dell’enorme patrimonio della famiglia Pezzoli, che aveva avuto l’appalto delle tasse per il governo austriaco. La molla che fa scattare la sete del collezionismo arriva però dall’esterno, da quel clima pre-risorgimentale che avvolgeva Milano. E forse non è un caso che la prima collezione del giovane Poldi Pezzoli sia dedicata alle armi e alle armature, quasi a emblema dei moti rivoluzionari del 1848 che segnano per sempre il corso della sua vita. Gian Giacomo Pezzoli è un patriota e sostiene l’insurrezione, che però fallisce e viene repressa nel sangue, e quindi è costretto all’esilio. Sono gli anni della formazione, della fuga “creativa”, in cui si reca a Lugano e poi in Francia e Inghilterra, dove ha modo di incontrare i grandi collezionisti internazionali. Quando torna a Milano, alla fine del 1849, avvia il suo progetto di una collezione d’arte italiana affidando l’allestimento della sua casa agli artisti-decoratori più in voga del momento come Giuseppe Bertini (1825- 1898) e Luigi Scrosati (1815-1869). Il risultato è una sequenza di ambienti ispirati a diversi stili del passato: lo scalone e la camera da letto sono in stile Barocco, l’anticamera in stile Rocaille francese, la Sala nera “in stile del primo Rinascimento” e il Gabinetto di studio “in stile del ‘300”. Le sale divengono preziosi contenitori per antichi quadri, sculture, arredi e arti applicate. Nel 1879 Gian Giacomo Poldi Pezzoli muore improvvisamente, a soli 57 anni, celibe e senza eredi. Fin dal 1861 aveva redatto un testamento nel quale disponeva che la sua casa e tutte le opere in essa contenute divenissero una Fondazione artistica «a uso e beneficio pubblico in perpetuo colle norme in corso per la Pinacoteca di Brera».

INTERVISTA AL DIRETTORE ANNALISA ZANNI

LE ALTRE CASE MUSEO

ALLESTIMENTO A FIRMA POMODORO«Uno scrigno che si apre nei racconti delle mille e una notte. Sono non meno d’un dieci o 12 camere tra grandi e piccole, alcune davvero stipate di oggetti preziosi sia per l’arte pura come per le industrie artistiche. Vi si vedono i più splendidi esemplari della pittura lombarda, fiorentina e veneziana con l’impronta dell’autenticità in fronte. Così, un cumulo d’oggetti d’oreficeria, di ceramica, di vetreria, così mobili e arredi, così una grande sala ridondante d’armature e d’armi, tutto uno splendore di luci e di colori che domanda sguardi ripetuti, eppur giammai abbastanza soddisfatti». Scrive così il 25 aprile 1881 il cronista del Corriere della Sera per raccontare l’apertura del Poldi Pezzoli nei giorni dell’esposizione nazionale, che in quell’anno si tiene a Milano. La Sala d’armi è stata la prima stanza allestita della casa museo e si trovava al piano nobile, nella Sala Trivulzio, ma come buona parte degli ambienti originari sono andati distrutti nei bombardamenti aerei del 1943. L’allestimento moderno è stato curato dallo scultore Arnaldo Pomodoro, che ha reinterpretato il tema dell’armeria. La collezione della Sala d’armi è composta prevalentemente da pezzi del Rinascimento milanese e bresciano, con particolare attenzione alle armi da parata. A due passi troviamo la Saletta dei pizzi, una ricca collezione di merletti, ricami e ventagli, e alcuni di questi facevano parte del corredo di Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Nel Salone dell’affresco, chiamato così per via dell’affresco dipinto a soffitto dal pittore lombardo Carlo Innocenzo Carloni, dove è esposto il magnifico Tappeto di caccia, un esemplare unico, proveniente dalla Persia Nord-Occidentale e datato 1542/1543, si tengono mostre temporanee e ricevimenti. L’ultima sala al pian terreno è quella tessile, dedicata ad accogliere le esposizioni temporanee e le collezioni tessili del museo.

IL SALONE DELL’AFFRESCO DELLA VILLA

È PENSATO PER OSPITARE ANCHE MOSTRE

TEMPORANEE E RICEVIMENTI

IL PIANO NOBILEIl Salone dorato, al piano nobile, è probabilmente la stanza più importante del museo perché ospita i capolavori di pittura della collezione Poldi Pezzoli. L’ambiente è ispirato all’architettura in stile rinascimentale ed è stato progettato per essere il salone d’onore dell’appartamento di Gian Giacomo. Tra le opere esposte si possono ammirare il già citato Ritratto di giovane dama, l’Imago Pietatis di Bellini, il Compianto sul Cristo morto di Botticelli, la Madonna col Bambino di Mantegna e San Nicola da Tolentino di Piero della Francesca. Un’altra sala storica del museo che incontriamo al primo piano è la Sala nera, che in origine era il salotto dell’appartamento di Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Ispirata allo stile Rinascimento del Nord, evocato dal grande polittico fiammingo esposto a parete, ha continuato a chiamarsi così nonostante la distruzione dei finissimi rivestimenti in ebano durante i bombardamenti del ’43. Uno degli spazi più affascinanti del museo è lo Studiolo dantesco, unico esempio rimasto intatto della decorazione murale originaria. I dipinti murali, gli arredi e le vetrate si ispirano al Medioevo di Dante. Per gli appassionati della complessità dei meccanismi c’è poi la Sala degli orologi che custodisce una collezione di 250 segnatempo. Poldi Pezzoli possedeva un piccolo gruppo di esemplari, tutti con caratteristiche particolari: due con automi (uno è il famoso Carro di Diana) e altre tipologie di orologi preziosi.

Credits Images:

La Sala nera, ex salotto di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, così battezzata per i rivestimenti in ebano distrutti dai bombardamenti del ‘43.