Connettiti con noi

Sostenibilità

La vita oltre il coma

Rappresenta un’eccellenza nel panorama sanitario nazionale il centro emiliano di alta specializzazione per casi di grave o gravissima cerebrolesione acquisita. E che, nella riabilitazione dei propri ospiti, mette al centro la virtuosa alleanza terapeutica tra équipe medica, famiglie e volontari. Per tenere accesa una speranza. La visione di Fulvio De Nigris, fondatore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna

architecture-alternativo

«Non credo ai miracoli, credo alla preparazione, all’impegno», afferma Marco, riferendosi alla lenta e faticosa riabilitazione di sua moglie Cinzia, ospite della Casa dei Risvegli Luca De Nigris a Bologna dopo 45 giorni di coma. Forse è proprio da un simile pensiero che si può partire per descrivere lo spirito e la mission che animano questa eccellenza sanitaria nazionale, attiva nel capoluogo emiliano dal marzo 2005. «Quello di cui solitamente si parla è il ritorno alla vita “prodigioso”, l’episodio legato alla mala sanità oppure lo scoppio di un caso nazionale come quello di Eluana Englaro. Va invece compreso che il coma, di per sé, è un’esperienza estrema che va riconosciuta come sintomatologia di tutta la famiglia, da coinvolgere e sostenere nelle terapie», spiega il fondatore Fulvio De Nigris; è alla memoria di suo figlio Luca che è dedicata la struttura pubblica dell’Azienda Usl di Bologna diretta dal prof. Roberto Piperno. Se Beppino Englaro, padre di Eluana, è diventato simbolo della libertà di scelta rispetto al “fine vita”, De Nigris, che oggi dirige il Centro studi per la ricerca sul coma della struttura bolognese, dà voce all’altro aspetto, da intendersi «non contrapposto, ma complementare: il diritto civile alla cura». In otto anni, dalla Casa dei Risvegli Luca De Nigris sono transitati oltre 150 ospiti – questo il termine con cui vengono definiti i pazienti – la maggior parte uomini (età media, 36 anni). In Italia si stimano oltre 2.500 casi di persone in stato vegetativo o di minima coscienza, per una spesa del Servizio Sanitario Nazionale pari a 300 milioni di euro annui. A fronte di simili cifre, va da sé che le famiglie dei circa 1.800 pazienti dimessi ogni anno non abbiano i supporti assistenziali ed economici per assisterli in modo adeguato a casa durante la loro lunga e difficile ripresa (con costi complessivi, al mese, di almeno 3 mila – 3.500 euro).

A tali disagi e forme di solitudine sociale la Casa dei Risvegli dedicata a suo figlio cerca di offrire una risposta concreta, proponendosi come “buona pratica” a cui possono ispirarsi altri centri in Italia. Dottor De Nigris, quali sono gli aspetti più innovativi della struttura?

Sicuramente l’alleanza terapeutica tra medici, operatori sanitari, la rete di pedagogisti, psicologi, operatori teatrali, musicoterapeuti della coop perLuca e volontari dell’associazione Gli amici di Luca. Tutte queste figure vanno a integrarsi nel percorso di assistenza e di riabilitazione dei nostri ospiti. Ma prima di tutto è un progetto che si snoda attorno all’asse centrale della famiglia.

È anche per questo che la struttura si presenta organizzata in modo differente dai tradizionali contesti ospedalieri?

È un nuovo modello di “ecologia sociale”. Dispone infatti di dieci moduli abitativi, dove viene ricostruito l’ambiente domestico dell’ospite. Si tratta di mini-appartamenti personalizzabili, con vari comfort, tra cui un letto con specifiche attrezzature per la sua gestione e il monitoraggio costante, un divano-letto per il familiare e una cucina senza barriere: vogliamo ricreare l’habitat olfattivo, oltre ai ritmi quotidiani, casalinghi, a cui le persone erano abituate.

Il family caregiver è centrale anche nel vostro percorso di cura e assistenza. In Italia, tuttavia, a differenza di alcuni Paesi dell’Ue, manca ancora un riconoscimento legale e previdenziale per questa figura, malgrado una proposta di legge – che comunque è bloccata da tempo in Parlamento – e alcune campagne di sensibilizzazione lanciate anche sui social network.

È un compito essenziale. Presso la nostra struttura il familiare segue tutti i momenti che accompagnano la riabilitazione del proprio caro, fase che continuerà poi in modo autonomo anche al domicilio. Ma siamo ancora lontani da un’investitura pubblica e ufficiale, così come nel caso dei “testimoni alla pari”, persone che – come me e la mamma di Luca, Maria Vaccari (presidente dell’associazione Gli amici di Luca, ndr) – hanno vissuto un’esperienza di coma in famiglia e possono essere di grande aiuto a quanti si trovano nella stessa condizione.

Il precedente governo ha stanziato 275 milioni di euro destinati al Fondo nazionale per le non autosufficienze da suddividere tra le varie Regioni. Di questi, il 30% va speso in via prioritaria per favorire la permanenza a domicilio delle persone con disabilità gravissime, tanto quelle in stato vegetativo quanto coloro che sono affetti da gravi patologie come la Sla. Sembra sia stato accolto il suo appello per evitare che si creasse una spiacevole “guerra tra poveri”, peraltro già duramente provati, nella ripartizione di queste risorse. Cosa resta ancora da fare?

Manca a tutt’oggi una legge specifica su queste condizioni di gravissima disabilità, sulle risorse che possono essere concesse alle famiglie e su quelle per la ricerca, aspetto cruciale. Un passo importante è stato compiuto con il Libro Bianco, pubblicato dal Ministero della Salute nel 2010 e da me coordinato: per la prima volta, infatti, è stato raccolto il punto di vista delle associazioni. E poi servirebbe una omogeneità di fondo nelle delibere emesse dalle singole Regioni, che dovrebbero seguire le Linee Guida sugli stati vegetativi affinché si curi allo stesso modo da Nord a Sud.

Sul versante della comunicazione, ha ribadito più volte l’importanza del far rete tra enti pubblici, non profit e mass media…

Opinione pubblica e operatori dell’informazione devono aprirsi a questi temi, estremi e di confine, a cui poter – dover – dare una chance, una speranza. Noi possiamo trasmetterla attraverso il nostro testimonial Alessandro Bergonzoni (vedi box), la forza del volontariato, ma anche sotto forma di sostegni economici, con donazioni private, tramite il 5 per mille…. Ritengo che, oltre al Pil, la ricchezza, in questo caso morale, di un Paese si misuri anche nella capacità di dare risposte concrete a chi è in maggior difficoltà.

ARTISTA TESTIMONIAL

Con i suoi consueti giochi linguistici, Alessandro Bergonzoni ha così commentato a Business People la Giornata Nazionale dei Risvegli (il 7 ottobre si terrà la quindicesima edizione): «Non vogliamo fare una festa fine a se stessa, una commemorazione. Oggi questo tipo di eventi è di solito abbinato a qualcosa che scompare, è funeralizio. Oppure è una festa per “onorare il meglio”. Vogliamo invece fare una giornata di “concentrazione”: un luogo del pensiero, un campo di domande coltivato a risposte. Ci interessa innescare delle mine “pro-uomo” nelle persone, rivolgendoci soprattutto a chi non è coinvolto, per il principio che io chiamo dei “casi comunicanti”. Il coma non è una malattia, ma un sintomo. Per noi significa raccontare il “coagulo” tra esistere e non esistere, tra coscienza e non coscienza».

Credits Images:

Fulvio De Nigris, fondatore della Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna