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Sostenibilità

La Vita va in Borsa

Una piccola società editrice, che si occupa solo di non profit, sbarca a Piazza Affari. Non distribuisce dividendi e prevede una crescita del 50% in due anni. Ce la farà? La “lucida follia” del fondatore Riccardo Bonacina

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Chi l’avrebbe mai detto che una società così sarebbe sbarcata in borsa? Nessuno e, a dir la verità, fino a qualche tempo fa, nemmeno il suo presidente, Riccardo Bonacina, che nel 1994 smise i panni del conduttore televisivo (La Vita in diretta sulla Rai) e indossò quelli dell’editore e direttore di un settimanale diverso da tutti gli altri. Diverso perché è l’unico interamente dedicato al no profit. Diverso perché, a differenza di altri che chiacchierano di “sociale” con i soldi pubblici, lui non ha mai chiesto un solo euro alle casse pubbliche. «Mai un aiuto dallo Stato, mai un finanziamento dalla Regione, mai un piacere da un banchiere», è il suo mantra.Con questa filosofia Bonacina porterà, entro la fine dell’anno la sua società, Vita, all’Aim, il mercato di Piazza Affari dedicato alle piccole imprese. Dovrebbe riuscire a raccogliere 3,5 milioni di euro, necessari per finanziare il piano industriale fino al 2012 che prevede il rilancio del giornale, la creazione di dorsi dedicati a specifiche tematiche sociali e lo sviluppo dei servizi di consulenza per le società del no profit. All’Aim sarà quotato il 35% delle azioni (Vita è già una Spa) attraverso un aumento di capitale: questo significa che tutti i soldi raccolti saranno reinvestiti in azienda e nessun azionista riceverà un euro dall’operazione. Considerando che attualmente il fatturato dell’intera Spa è di 3,1 milioni, si capisce il livello della sfida. E se si considera che per statuto non distribuisce dividendi, quella di Bonacina sembra una follia. Anche perché Vita si è messa in testa di dimostrare qualche cosa che sui volumi di economia non è scritto da nessuna parte e cioè che il volontariato, la solidarietà, l’altruismo (i temi cari a Bonacina e ai suoi lettori) possono, anzi, devono, rispettare le regole del mercato in tutto e per tutto. Perché è troppo facile “fare i buoni” senza misurarsi con costi e ricavi, con utili e perdite. Bonacina le regole le vuole rispettare a tal punto che addirittura vuole infilarsi nella tana del lupo: Piazza Affari, un luogo dove la solidarietà non è tra le principali preoccupazioni (per usare un eufemismo) di chi la frequenta.Però Bonacina in questa sua sfida non è solo: in Consiglio d’amministrazione, per esempio, siede Andrea Agnelli e gli eredi di Carlo Caracciolo mentre tra i suoi manager c’è Enrico Moranti, ex Young & Rubicam, e Edoardo Quaglia, ex LastMinute Italia.«La nostra è una provocazione interessante verso il mondo finanziario», spiega il direttore di Vita, «far debuttare un titolo azionario in cui la creazione del valore economico coincide con la creazione di valore sociale». Per sapere se avrà vinto la sua sfida bisognerà aspettare un paio d’anni, quando il piano industriale sarà stato realizzato e il valore del titolo, come da previsioni, dovrebbe essere cresciuto di almeno il 50%. D’altra parte, per un investitore, l’unica speranza di guadagnare dal proprio investimento è sperare che il titolo cresca. Anche per i nuovi azionisti sarà una bella sfida.

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Riccardo Bonacina, classe 1954, è giornalista e conduttore televisivo. Ha fondato Vita , il primo settimanale dedicato al mondo del non profit, nell’ottobre 1994