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Sostenibilità

Anche il terzo settore ha bisogno di innovazione

Aumentano volume d’affari e occupazione nelle aziende del Terzo settore, ma senza innovazione il futuro è in bilico. Due aziende su tre non conoscono gli strumenti di finanziamento creati dalla riforma

Anche il Terzo settore ha bisogno di innovazione. Nonostante l’aumento del giro d’affari (+8,4%) e dell’occupazione (+11,4%), il 70% delle imprese del settore non ha raggiunto gli obiettivi di innovazione, e questo mette in bilico il futuro. A dirlo è l’Associazione Isnet che ha presentato alla Camera l’XI rapporto dell’Osservatorio sull’Impresa sociale, realizzato in collaborazione con Banca Etica.

ANCHE IL TERZO SETTORE HA BISOGNO DI INNOVAZIONE

Partendo dalle interviste a 400 cooperative e 100 imprese sociali e benefit, il rapporto Isnet dice che il 42% delle cooperative sociali ha dichiarato un andamento in crescita per il 2016 (più 8,4% rispetto all’anno precedente) e il 41,5% ha previsto di chiudere con bilanci in positivo nel 2017. Anche sul fronte occupazionale i dati sono incoraggianti: il 39% prevede un aumento del personale per il 2017, con un incremento di quasi 12 punti percentuali rispetto allo scorso anno.

«Nella nostra ricerca ci siamo chiesti quale era lo stato di salute dell’impresa sociale», dice Laura Bongiovanni, presidente Associazione Isnet. «Possiamo dire che le cose vanno bene anche dal punto di vista occupazionale. Questo dimostra che valore economico e valore sociale in questo tipo di impresa vanno di pari passo».

Il problema resta, come detto, l’innovazione. «Sette imprese su dieci affermano che avrebbero potuto fare più innovazione e l’80% denuncia una mancanza di soldi», prosegue Bongiovanni. «Una impresa sociale su cinque presenta una forte attitudine al cambiamento e allo sviluppo e, se sostenuta con processi di accompagnamento, può aumentare la capacità di cogliere le novità e le opportunità introdotte dalla riforma del terzo settore».

RIFORMA DEL TERZO SETTORE INATTUATA

Il 70% degli intervistati dichiara di non aver completamente raggiunto gli obiettivi di innovazione, lamentando la mancanza di risorse (84,3% del campione). I nuovi strumenti di capitalizzazione (social bond, capitali di rischio, equity crowdfunding e social lending) previsti dalla riforma del Terzo settore non sono noti al 64,5% dei partecipanti alla ricerca. Un altro 8% afferma di essere contrario a queste forme di capitalizzazione per timore di perdere la propria governance. Soli il 5% dichiara di aver già identificato una modalità per definire il proprio sistema di valutazione di impatto sociale.

Per Alessandro Messina, direttore generale di Banca Etica, «le imprese sociali hanno una grande sfida da affrontare: cogliere le opportunità che vengono dalle nuove norme, dalle attenzioni della finanza, dalle tecnologie digitali, senza perdere la propria identità ma sfruttando l’occasione per riaffermare il proprio ruolo di agenti della trasformazione sociale».