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Sostenibilità

Fondazione Cusani: la musica nel cuore

Bambini di soli cinque anni che si innamorano del violino. Scuole dove le armonie classiche diventano uno strumento di riscatto sociale. Accade nelle periferie di Roma, grazie all’ente guidato da Dario Cusani e a un metodo che viene dal Sudamerica

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È difficile non accostarsi alla Fondazione Cusani senza rimanere stupiti. Come si legge nella presentazione, questa società non profit, fondata nel 2008 a Roma dai gemelli Dario e Sergio Cusani, ambisce nientemeno che a «forgiare il carattere morale dell’anima» dei bambini, dai tre anni in su. L’aspetto ancora più singolare è che per raggiungere tale scopo – già di per sé parecchio ambizioso – si utilizza uno strumento quanto meno inusuale al giorno d’oggi: la musica classica. Una forma d’arte che, in Italia, è percepita come polverosa, complessa ed elitaria, dunque difficilmente in grado di appassionare i minori e fasce sociali più deboli. «Ho sempre criticato questo approccio impostato e selettivo alla musica classica», spiega il presidente Dario Cusani. «La nostra scommessa è avvicinare i ragazzi facendone un elemento di riscatto sociale». Quella della Fondazione Cusani è, dunque, una piccola, grande, rivoluzione culturale che, ispirandosi al metodo “El Sistema” del venezuelano José Antonio Abreu, è riuscita a fare la differenza nei quartieri popolari di Roma.

Come è nata l’idea di trasformare la musica classica in uno strumento educativo e di riscatto?Tutto è iniziato nell’ottobre 2008: era sera e, come d’abitudine, mi ero recato al Santa Cecilia di Roma. Appena entrato, però, pensai subito di aver sbagliato posto perché sul palco c’era un’orchestra di soli bambini: la Simón Bolívar. Ero perplesso, invece fu uno spettacolo memorabile: per la prima volta vedevo la sonnacchiosa platea dell’Accademia animarsi. L’orchestra eseguì impeccabilmente la prima sinfonia di Gustav Mahler, Titanica. Poi si cambiò d’abito e, presentandosi con vestiti sgargianti, suonò musiche venezuelane. Alla fine ci alzammo tutti in piedi ad applaudire: fu un’ovazione. Rimasi così colpito che volli saperne di più. Così scoprii che dietro alla Simón Bolívar c’era il metodo “El Sistema” di José Abreu.

Di cosa si tratta?In Venezuela questo maestro ha dato alla musica classica un valore diverso, trasformandola da semplice diletto a strumento per la formazione dei bambini. Il suo scopo era di aiutarli a crescere sottraendoli alla delinquenza. In particolare, il suo metodo di studio si basa sull’inclusione e non prevede lezioni singole: i bimbi imparano tutti insieme. Inoltre, quando i ragazzi crescono, insegnano a loro volta ai più piccoli restituendo così quello che loro hanno ricevuto.

Non solo musica classica e riscatto sociale per la Fondazione Cusani: dal 2013 l’associazione è impegnata anche nell’iniziativa Carovana etica, volta a formare una nuova classe di imprenditori, più corretta e onesta. L’idea nasce dalla convinzione che alla base della recessione ci sia anche un problema di (mancati) valori etici. L’iniziativa, aperta a tutti, si declina in incontri e seminari, oltre che in una community online dedicata alle imprese eprofit, ossia etically profit. Tra gli strumenti offerti, anche un “tool diagnostico”: una sorta di test/vademecum online che riflette il livello di etica attualmente raggiunto dall’impresa, nonché i suoi punti deboli.

Solitamente è lo sport la disciplina preposta alla formazione e al riscatto sociale. In che modo la musica classica può essere una valida alternativa?La musica è prima di tutto armonia e raccordo tra le parti. L’orchestra non è altro che una società in miniatura dove i componenti imparano il rispetto per l’altro, l’importanza della solidarietà e dell’aiuto reciproco: se si aiuta chi è in difficoltà, questo porta giovamento alla collettività. Inoltre, a differenza dello sport, che prevede la gara contro un avversario, qui non c’è nessuno da affrontare. In questo senso la musica è il massimo emblema dell’etica, perché non sei “contro” qualcuno, ma sei “con” gli altri.

Vale anche nelle classi miste?Soprattutto nelle classi miste. Nell’istituto Basile, per esempio, il 42% dei bambini era extracomunitario e i casi di bullismo all’ordine del giorno: i piccoli venivano vessati a causa della scarsa padronanza dell’italiano. Per loro la musica classica è stata una ragione di riscatto: dato che nessuno sapeva suonare, tutti partivano da uno stesso livello. In particolare i bambini stranieri si sono rivelati molto talentuosi, e così “il branco” li ha promossi a leader.

Ma gli insegnanti italiani sono in grado di seguire il metodo di Abreu? Insegnare a un gruppo non è facile: bisogna,per esempio, prevedere spartiti ridotti in base al grado di preparazione e saper gestire i bambini. Oggi molti musicisti del nostro staff sono venezuelani nonché ex allievi che, da piccoli, hanno sperimentato in prima persona il metodo.

Quanti studenti seguite?Siamo presenti in sette scuole del quartiere laurentino e nell’istituto Cerenova di Marina Cerveteri. Attualmente abbiamo circa 1.500 bambini, ma il vero exploit è stato nel 2013 quando le iscrizioni superavano le 3 mila unità. Purtroppo, anche noi risentiamo della crisi.

Come vi finanziate?Inizialmente i corsi erano gratuiti, poi abbiamo dovuto chiedere un contributo di 50 euro annui a bambino. Ci sosteniamo anche con donazioni private, bandi e sponsorizzazioni. Tempo fa abbiamo siglato un protocollo di intesa con il Miur, ma purtroppo è rimasto lettera morta…

Per ora lavorate nelle scuole: vi piacerebbe allargarvi anche ad altri luoghi?Non potendo permetterci una struttura autonoma, andiamo là dove i bambini si aggregano. Il primo step sono statele scuole, ma ci stiamo confrontando sia con il Vaticano – per portare il progetto nelle parrocchie – sia con il carcere minorile Casal di Marmo. Qui abbineremo lo studio della musica a un corso di etica, per dare un futuro ai detenuti: il mio gemello Sergio è stato in carcere nell’ambito dell’inchiesta Tangentopoli (riabilitato nel 2009 dal Tribunale di sorveglianza, è impegnato in progetti di recupero degli ex galeotti, ndr) e mi ripete sempre che il 74% dei carcerati torna in galera perché la società li respinge. Per questo cedono di nuovo alla malavita.

Prevedete di avere solo allievi minori? Abbiamo tenuto dei corsi anche al liceo: i nostri studenti hanno un’età tra i 3 e i 18 anni. Tuttavia il mio sogno è di poter insegnare anche agli anziani: il nostro primo strumento è innato (la voce) e la musica può rivelarsi un forte elemento di aggregazione.

Credits Images:

Dario Cusani, fratello di Sergio, con alcuni bambini delle scuole che hanno aderito al progetto della Fondazione