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Sostenibilità

Si può fare

Un gruppo di genitori ha fondato l’Associazione Aut Aut Modena onlus per dimostrare, sul campo, che esiste un futuro anche per i ragazzi che soffrono di autismo

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Se c’è un luogo comune da sfatare sull’autismo è che chi ne soffre sia condannato a vivere in questa bolla d’isolamento, senza reali possibilità di miglioramento. Ed è proprio questo l’impegno dell’associazione non profit Aut Aut Modena onlus, nata nel modenese sotto la guida della presidente Erika Coppelli: dimostrare come, attraverso una terapia tempestiva e personalizzata, le persone affette da autismo possano migliorare sensibilmente la propria qualità di vita, rivelandosi una risorsa per la società. «I nostri ragazzi, così come le loro rispettive famiglie, non vogliono piangersi addosso ma costruire un futuro migliore», conferma Coppelli. La stessa associazione è stata fondata, nel 2003, da un gruppo di genitori, decisi a fare rete per aiutarsi vicendevolmente nelle problematiche quotidiane. In pochi anni Aut Aut è diventata un punto di riferimento sul territorio: nel 2012 il comune di Modena ha voluto sostenerla attivamente, prima assegnandole una struttura dove svolgere la propria attività, poi garantendo – insieme all’Ausl – quattro ore di terapia settimanale gratuita per ogni utente. A oggi i ragazzi seguiti sfiorano la novantina e vanno dai due anni di età fino ai 23. Il metodo seguito è l’Aba: un’analisi comportamentale applicata che fonda parte della propria efficacia sulla creazione di una rete tra tutti i soggetti che interagiscono con la persona autistica (famiglia- scuola-doposcuola). «Il ministero della Sanità ha riconosciuto l’Aba come uno dei metodi più validi per trattare l’autismo», precisa Coppelli.

Che tipo di servizi offrite? L’autismo è una patologia a spettro. Questo vuol dire che nessun ragazzo è uguale all’altro: ogni caso è unico, ciascuna persona dimostra peculiari capacità e limiti differenti dagli altri. Per questo è necessario intervenire con un percorso personalizzato. Aut Aut propone terapie a tavolino, progetti ad hoc e molte attività volte a promuovere progressivamente l’autonomia dei soggetti. Tra questi c’è Abitare sicuri: un corso dove gruppi di cinque o sei ragazzi provano, sotto il nostro coordinamento, a vivere insieme nello stesso appartamento per un weekend, imparando a condividere gli spazi.

Chi soffre di autismo può davvero aspirare, se non alla guarigione, almeno all’indipendenza? A oggi non esiste ancora una cura definitiva per l’autismo, ma si può comunque intervenire per migliorare la qualità di vita di chi ne è affetto, anche in età adulta. Per anni si è ripetuto (a torto) che i malati di autismo sono delle spugne solo nei primi anni di vita, perché poi perdono l’attitudine all’apprendimento. Non è così. Mio figlio soffre di un autismo regressivo, a causa del quale ha perso il linguaggio all’età di tre anni. È stato muto per 13 anni, ma l’anno scorso ha pronunciato sei parole. Tutti dicevano che sarebbe stato impossibile.

Qual è la difficoltà più diffusa nelle famiglie con figli autistici? Dipende. Per molti è l’accettazione. Nel mio caso personale, è stato il senso d’impotenza: ora non è più così, ma 16 anni fa c’erano molte meno risorse e la stessa diagnosi non era così precoce.

Offrite anche servizi ai genitori? Certo: è fondamentale intervenire anche su questo fronte. Ci prendiamo cura della famiglia attraverso il parent training, lo sportello psicologico e il sibiling. Quest’ultimo è un sostegno rivolto esclusivamente ai fratelli “sani”: li aiutiamo a vivere la particolare routine della loro casa e gli eventuali disagi. In molti casi è decisivo: per esempio, io sono madre di due gemelli e solo uno dei due soffre di autismo. Infine, abbiamo anche predisposto uno sportello legale, per informare i genitori su tutte le leggi in materia.

A proposito di normative, come giudica la legge sull’autismo recentemente varata dal governo? È un riconoscimento importante, senza il quale sarebbe come se l’autismo non esistesse. Tuttavia, c’è ancora molto da costruire. Per esempio, negli ultimi anni ci si è occupati molto di diagnostica: il che va benissimo perché permette di iniziare tempestivamente un certo tipo di trattamento. Ora però bisogna andare oltre. In particolare, è ancora nebuloso e tutto da costruire il mondo degli over 18 anni. Il passaggio all’età adulta è molto delicato perché a oggi, una volta finita la scuola, è come se si entrasse in un vuoto sociale dove si rischia di perdere le dinamiche d’integrazione costruite finora.

Voi vi state già muovendo per colmare tale vuoto?Sì. L’iniziativa più importante è stata Il tortellante, lanciata a gennaio 2016. Su proposta di Silvia Panini, mamma e membro dello staff, abbiamo insegnato ai ragazzi a fare i tortellini, coinvolgendo tutto il territorio. Le insegnanti erano un gruppo di nonne, ma abbiamo ricevuto anche il sostegno da parte, per esempio, della Conad, che ci ha regalato le uova e la farina, e dell’associazione macellai, che ci ha fornito l’impasto di carne già pronto. Tutto si è svolto sotto la supervisione del neuropsichiatra infantile Franco Nardocci e di due psicologhe. L’iniziativa nasce come una terapia abilitativa e formativa, ma in futuro potrebbe anche diventare un lavoro per i nostri ragazzi.

Solo per quelli con un disturbo lieve, immagino. Si sbaglia. Stavolta abbiamo coinvolto tutti dimostrando, nei fatti, che sono capaci di imparare: in questo caso, chi non riusciva con i tortellini, ha realizzato paste più semplici, come i maccheroni al pettine o le farfalline. Il tortellante non è però l’unica attività. Abbiamo anche trovato posto per alcuni ragazzi in una cooperativa e in una serra. Il nostro impegno è dare loro una prospettiva futura, che sia il più normale possibile.

Testimonial d’eccezione

Aut Aut può vantare un sostenitore doc: Massimo Bottura.Lo chef ha sposato personalmente l’iniziativa Il tortellante, collaborando con lo staff. A convincere Bottura, padre a sua volta di un ragazzo autistico, sarebbe l’amicizia di lunga data con la presidente Coppelli nonché, ovviamente, la passione per la cucina…

Credits Images:

Erika Coppelli, presidente Aut Aut Modena onlus © Francesca Ferrari