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Sostenibilità

Alice tra i bambini

Da quasi dieci anni l’imprenditore Diego Masi è impegnato a sviluppare progetti a favore dei più piccoli nella periferia di Nairobi con Alice for Children by Twins International, associazione che ha creato insieme alla moglie Daria Oggioni

Oltre tre chilometri quadrati di terreno sommersi da rifiuti maleodoranti. Camion che scaricano quintali di scarti di ogni tipo e centinaia di persone di ogni età – tra cui molti bambini – chini da mattino a sera a raccogliere immondizia e cianfrusaglie. Setacciano la spazzatura con ganci di ferro, senza alcuna protezione, in cerca di pezzi da rivendere, portare a casa o riciclare. Lo fanno quotidianamente per pochi euro, se non centesimi, controllati a vista dalle gang locali, tra sfruttamento e violenza. Siamo nella discarica di Dandora – la più grande d’Africa e la più inquinata al mondo – attorno alla quale sono sorte numerose baraccopoli. Si chiamano slum: qui vivono, in condizioni drammatiche, circa 4 milioni di esseri umani (dei sei che abitano nella capitale keniota), senza acqua potabile, in condizioni igienico-sanitarie pessime, una diffusa malnutrizione e il proliferare di gravi malattie come l’Aids.

GARANTIRE ALIMENTAZIONE ADEGUATA

E ISTRUZIONE SCOLASTICA DI QUALITÀ:

SONO QUESTI I DUE OBIETTIVI

PRINCIPALI PERSEGUITI DALLA ONG

Dal 2007 a oggi, l’ong milanese Alice for Children by Twins International ha sostenuto oltre 2 mila bambini sparsi tra la periferia di Nairobi e il distretto rurale di Rombo, al confine con la Tanzania. Tutto è nato da una prima visita a una piccola scuola di Korogocho, quasi 10 anni fa, da parte di Diego Masi insieme a sua moglie Daria Oggioni. Da allora Masi ha fatto ritorno in quelle zone una quarantina di volte, seguendo direttamente la nascita e lo sviluppo dell’associazione di cui è alla guida. Di non profit, così come di cooperazione e sviluppo internazionale, l’imprenditore cremonese era già un esperto conoscitore. Professionista della comunicazione, con una parentesi parlamentare alle spalle, è stato infatti anche presidente dell’ente umanitario ActionAid dal 2002 al 2007. Successivamente, spiega, «s’è fatta strada in me e in Daria la voglia di metterci “in proprio”, provando in modo autonomo a portare un aiuto in zone fortemente disagiate e bisognose del pianeta ». Come? I progetti dell’organizzazione avevano e hanno l’obiettivo di garantire un’adeguata alimentazione e offrire a un numero sempre maggiore di bambini orfani un’istruzione scolastica di qualità. Dal 2007 a oggi, sotto l’egida di Alice for Children, è stata promossa l’educazione infantile attraverso la gestione di tre scuole a Korogocho, Dandora e Rombo. Sono stati anche costruiti due orfanotrofi nei villaggi presso Utawalla e Kariobangi, e sono stati supportati programmi che guidano i ragazzi più grandi fino alla fine delle scuole secondarie e all’ingresso nel mondo del lavoro.

Non solo. «Un’altra iniziativa speciale che ci sta molto a cuore è Food for Life, sulla sicurezza alimentare dei minori: partita a fine 2013, punta a dare un futuro, nell’arco di un triennio, a complessivamente 300 “bambini lavoratori” di Dandora, offrendo loro un pasto caldo nei giorni feriali e il loro inserimento nelle scuole primarie locali». Proprio la discarica a cielo aperto sarà la cornice di «un grande concerto che si terrà in primavera, con la sponsorizzazione di Fondazione Cariplo e Radio Italia, nostro partner fin dall’inizio. Non è la prima volta che organizziamo simili iniziative, puntando al coinvolgimento attivo della popolazione locale. In passato, per esempio, abbiamo indetto un piccolo campionato di calcio tra gli slum di Nairobi, con la premiazione avvenuta per mano di Franco Baresi, storico campione milanista».

Altro importante progetto sarà, nei prossimi mesi, la creazione dell’Italian Food Academy, per formare manodopera specializzata da impiegare presso pizzerie, ristoranti, hotel e, più in generale, nel settore del catering&beverage. Per Masi, la trasparenza e la sostenibilità sono due punti cardine imprescindibili dell’impresa sociale. «Per statuto, solo il 15% delle donazioni viene utilizzato per le spese di amministrazione, ricerca fondi e organizzazione. Attualmente l’80-85% di quanto raccolto arriva direttamente ai nostri programmi. Il bilancio è strettamente certificato da terzi indipendenti». Un tema di portata rilevante legato alle attività di Alice for Children è, infine, quello dell’adozione a distanza: con 30 euro al mese per almeno tre anni, si può fare in modo che un bambino keniota degli slum possa beneficiare di un pasto caldo, di un’assistenza medica adeguata e di un iter scolastico di qualità. «A oggi contiamo 500 adozioni», commenta Masi. «Mamme e papà a distanza possono sentire il bambino tramite Skype e andare a trovarlo direttamente a Nairobi». Parallelamente, è stato lanciato un contest, Alice Reality Life, in cui si può vincere una settimana da trascorrere presso l’Alice Village in Kenya, in compagnia dei piccoli.

Ma anche le aziende possono dare un contributo fondamentale secondo diverse modalità: sostenendo progetti o parti di essi, adottando a distanza una classe o alcuni dei bambini beneficiari dei programmi della ong, o, ancora, destinando parte dei beni prodotti a soddisfare le esigenze annuali dei piccoli ospitati nelle due case Children Home. Per il Chairman dell’organizzazione, la corporate social responsibility, anziché risolversi in un’azione caritatevole una tantum, dovrebbe tradursi – magari sotto la spinta di una normativa ad hoc – in un impegno costante da parte di tutte le realtà business, non solo, dunque, di quelle legate al Terzo Settore. «Si tratta di un modo per restituire una parte di fortuna che abbiamo ricevuto dalla vita, nascendo e crescendo in un Occidente libero e ricco. Ma anche di un’occasione concreta per riequilibrare il welfare tra il Nord e il Sud del mondo, con soddisfazione morale per il singolo e nell’interesse di tutta la collettività». Una convinzione condivisa anche da Muhammad Yunus, economista e banchiere bengalese, Nobel per la pace 2006, il quale afferma: «I programmi destinati ai bambini non devono assolutamente avere nulla di “umanitario” o “caritatevole”, ma essere considerati come una componente fondamentale dello sviluppo proprio come costruire fabbriche, autostrade o aeroporti. E forse anche di più!».