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Attualità

Più sponsor che mecenati

A sorpresa, i vantaggi fiscali, benché graditi, non sono il principale richiamo per le imprese che investono in cultura, più interessate a un’attiva collaborazione e al ritorno di immagine. Ecco vantaggi e svantaggi dei principali strumenti previsti dalla legge

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La parola mecenatismo fa venire in mente l’Italia del Rinascimento quando re, duchi e papi commissionavano grandi opere. Roba d’altri tempi. E invece il mecenatismo esiste ancora, solo ha assunto nuove forme e il ruolo di liberali sostenitori della cultura, almeno nel nostro Paese, l’hanno ereditato principalmente le imprese. Nel periodo 2005-2009 – e il panorama è rimasto pressoché invariato – il 64,4% delle donazioni proveniva dalle società, il 35,4% da enti non commerciali (per lo più fondazioni bancarie) e solo lo 0,2% da persone fisiche. Senza contare l’ammontare delle sponsorizzazioni, per loro natura di origine aziendale. Il contrario che all’estero. Negli Usa, per esempio, i singoli contribuiscono per oltre il 70%, contro il 4-5% delle aziende. E la situazione è simile in Gran Bretagna. Certo, oggi come allora gli interessi in ballo sono tanti, la sola filantropia non basta a spiegare l’importante impegno messo in campo dai privati, ma i vantaggi fiscali, benché graditi, non sono l’unica né la principale leva di attrazione che la cultura esercita sulle aziende.

EROGAZIONI LIBERALI: PIENA DEDUZIONEA mettere le imprese al centro del sostegno dei privati ai soggetti che svolgono attività di valore culturale o artistico, è stata la stessa legislazione. Le agevolazioni fiscali considerate – solo in parte a ragione – il principale stimolo al mecenatismo, interessano infatti le donazioni delle aziende e solo marginalmente quelle individuali. Due le principali opzioni a disposizione: le erogazioni liberali e il contratto di sponsorizzazione. «Nel primo caso la fiscalità premiale riguarda le imposte dirette e il beneficio è diverso a seconda che il donatore sia soggetto a Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) o a Ires (Imposta sul reddito delle società)», spiega il professor Pietro Antonio Valentino, del dipartimento di economia pubblica dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, che sul tema ha partecipato, tra l’altro, alle ricerche Donare si può. Gli italiani e il mecenatismo culturale diffuso (Fondazione Civita) e Il valore della cultura (in collaborazione tra il Centro studi G. Imperatori dell’Associazione Civita, Astarea, The round table, con Unicab). «Per le persone fisiche infatti la legge (art. 15, lettera h, Testo unico delle imposte sui redditi, dpr 917/1986) prevede una detrazione, dall’imposta lorda, del 19% della donazione, mentre alle società è permessa una piena deduzione del reddito delle somme erogate (art. 100, comma 2, lettera m, Tuir). L’Erario fissa un tetto massimo alle agevolazioni consentite, ma il vincolo ha effetto sul beneficiario delle erogazioni eccedenti il limite non sul donatore».

L’ALTERNATIVA: LE SPONSORIZZAZIONIMa le imprese hanno anche la possibilità di sostenere la cultura attraverso le sponsorizzazioni e sfruttare i benefici fiscali concessi dall’art. 108, comma 2, sempre del Tuir. «L’utilizzo delle sponsorizzazioni a tutela e sostegno della cultura è previsto dal Codice dei beni culturali» prosegue Valentino. «All’art. 120 stabilisce che in questa tipologia rientra “ogni forma di contributo di beni o servizi da parte di soggetti privati alla progettazione o all’attuazione di iniziative del Ministero, delle Regioni e degli altri enti pubblici ovvero di soggetti privati, nel campo della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto dell’attività dei soggetti medesimi». Le somme erogate sono interamente deducibili, perché rientrano tra le spese di pubblicità e propaganda. La differenza è che le sponsorizzazioni devono essere assoggettate a Iva, ora al 21%, recuperabile solo se il soggetto finanziato non è pubblico. «Ecco perché, se si va a leggere il contratto della sponsorizzazione del restauro del Colosseo da parte di Tod’s, si vedrà che il finanziamento verrà erogato alle imprese che realizzano il progetto e non direttamente a un soggetto pubblico come il Ministero», spiega il professore.

COSA SCEGLIERE?Insomma, alla fine i benefici fiscali della sponsorizzazione, formalmente ridotti, possono in realtà essere quasi equiparati a quelli dell’erogazione liberale. In più la sponsorship concede maggiore libertà di scelta sul progetto da sostenere e, ancor più importante, garantisce un ritorno di immagine. Senza contare che la procedura è in linea con quella che le imprese utilizzano già per le attività di promozione, anche se, su questo fronte, le semplificazioni appena introdotte potrebbero agevolare anche le erogazioni liberali (vedi box qui sotto). Così il contratto di sponsorizzazione si rivela il canale preferito dalle imprese per il finanziamento delle attività culturali: se gli ultimi dati del Ministero per i Beni e le attività culturali sulle erogazioni delle imprese, quelli sul 2010, registrano un importo complessivo di 32.206.657 di euro, il tentativo di quantificazione delle somme devolute tramite le sponsorizzazioni al settore culturale (Il valore della cultura, 2010) indica una cifra tra i 2,5 e i 3 miliardi.

OBIETTIVO SEMPLIFICAZIONE

A partire da quest’anno, la manovra Monti del 6 dicembre scorso ha introdotto novità anche sul fronte delle erogazioni liberali. In particolare, ha previsto una riduzione degli adempimenti amministrativi per i donatori: alla documentazione e alle certificazioni richieste fino ad oggi, è subentrata un’apposita dichiarazione sostitutiva, scaricabile dal sito www.beniculturali.it, da inviare per via telematica.

VISIBILITÀ E PARTECIPAZIONECome spiegare questa preferenza così netta per uno strumento fiscalmente meno conveniente? Gianluca Comin, direttore relazioni esterne di Enel e coordinatore del comitato promosso da Civita “Comunicare con la Cultura”, spiega: «Certamente gli incentivi fiscali sono importanti, soprattutto per le piccole-medio imprese, ma non decisivi nella scelta di un investimento. Un’azienda decide di investire in cultura se percepisce che si tratta di un investimento strategico, coerente con il suo business, capace di incidere sulla sua identità ma anche sulla performance industriale. Le erogazioni liberali sono uno strumento assai vantaggioso dal punto di vista fiscale, ma si tratta di una forma di investimento a “fondo perduto”, con scarsa redditività per l’azienda, perché non prevede alcuna contropartita in termini di visibilità del brand e di partecipazione al design dell’iniziativa». Dello stesso parere è anche Carla Mainoldi, head of corporate giving and events di UniCredit: «In campo culturale agiamo soprattutto attraverso le sponsorizzazioni, mentre riserviamo le donazioni principalmente al settore del sociale», racconta a Business People. «La sponsorizzazione è anche un modo per rendere visibile l’impegno dell’azienda attraverso l’esposizione del proprio marchio. La donazione invece non implica alcun ritorno di immagine». Non solo. Ormai le imprese non si limitano a fornire fondi, know-how o servizi, ma vogliono partecipare attivamente alla definizione e realizzazione dei progetti. «Sempre più spesso le aziende tendono a essere protagoniste di una forma nuova e più “sofisticata” di mecenatismo culturale», aggiunge Comin, «promuovendo dei progetti in prima persona come veri e propri soggetti culturali». Un punto di vista anche in questo caso confermato da Mainoldi, che ricorda due mostre recentemente organizzate da Unicredit, PastPresentFuture e People and the City, che hanno visto protagonisti alcuni pezzi della collezione artistica del gruppo.

PRIMO PASSO: LA SCELTA DEL SETTOREPer le imprese che volessero investire in cultura, l’indicazione che emerge è dunque quella di sfruttare l’impegno nel settore per promuovere il proprio marchio e legarlo a valori positivi. Ma come scegliere l’ente e il progetto da sostenere? «Il primo passo è individuare un settore cui dedicarsi per non disperdere le iniziative in ambiti diversi e ottimizzare le risorse investite», consiglia Mainoldi. «Soprattutto in uno scenario di crisi come quello attuale», aggiunge Comin, «l’ideale è abbracciare progetti di lungo termine, integrati nella strategia globale dell’azienda, in grado di conciliare istanze etiche e di business e di attivare una fattiva collaborazione con gli stakeholder, oltre che capaci di garantire l’integrazione sociale con i territori».

TOP FIVE

Nel 2010 i soggetti che più hanno beneficiato delle erogazioni liberali sono stati:

1. Fondazione del Teatro alla Scala con 7.800.000di euro

2. Fondazione Accademia nazionale di Santa Cecilia con 2.094.835 di euro

3. Fondazione Sorgente Group – Istituzione per l’arte e la cultura con 2.000.000 di euro

4. Fondazione Teatro di San Carlo con 1.603.300 euro

5. Fondazione Aemcon 1.500.000 euro

Tra i principali erogatori Unicredit, Intesa San Paolo, A2a, Sorgente Sgr, Banca Popolare di Milano, Enel, Mapei, Consorzio Venezia Nuova, Finmeccanica, Generali.

(dati Mibac)

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ESEMPI ECCELLENTI. È salito agli onori delle cronache il contratto di sponsorizzazioneper il restauro del Colosseo da parte di Tod’s