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Attualità

Ocse: in Italia salgono povertà e disparità

Il nostro Paese registra tassi preoccupanti e al di sopra della media in più di un settore. La flessibilità e i contratti atipici fra le cause principali

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Dati preoccupanti quelli rilasciati nelle scorse ore dall’Ocse sulla povertà in Italia. Secondo l’organizzazione, nel nostro Paese la crisi ha allargato le disparità di reddito, tanto che il 14,3% della ricchezza complessiva oggi si trova in mano all’1% della popolazione. Il reddito medio del 10% più ricco vale 11 volte quello del 10% più povero, mentre la media Ocse – comunque a livelli record – tocca quota 9,6. E il coefficiente Gini, che misura le differenze nella distribuzione della ricchezza (va da 0 a 1; più è alto, maggiore è la disparità) è salito in Italia dallo 0,313 del 2007 allo 0,327 del 2013.

TRA I PEGGIORI D’EUROPA. A leggere bene i dati, si capisce come la povertà nella Penisola sia aumentata in maniera molto marcata, salendo di 4 punti in 7 anni: oggi siamo a un tasso del 14,9%, a fronte di una media europea del 9,9%. Molto preoccupanti i livelli di povertà legati a bambini e giovani, che toccano rispettivamente quota 17% e 14,7%. Sopra la media anche il tasso dei cosiddetti working poor, coloro che lavorano ma che comunque si trovano con un reddito al di sotto della soglia di povertà (12%), mentre inaspettatamente gli ultra 65enni italiani sono messi meglio di quelli degli altri paesi.

LA FLESSIBILITÀ NON AIUTA. La maggiore fonte di disparità di reddito è la diseguaglianza di reddito da lavoro, ed è aumentata principalmente a causa della dispersione salariale legata a una diffusione di contratti atipici che non ha pari nell’area Ocse. In Italia, infatti, nel 2013 il 40% degli occupati lavorava con contratti atipici, contro il 33% della media Ocse. Chi sottostà a questo tipo di contratti, in fortissima crescita, guadagna in media il 25% meno rispetto a un lavoratore “tradizionale”. E dal momento che spesso i principali percettori di reddito delle famiglie sono assunti con questa tipologia contrattuale, ne deriva un grande aumento della povertà.

POCHI DEBITI. Resta ampio il gender gap nel nostro paese, nonostante una sottile riduzione che fa ben sperare. Tirando le somme sulla ricchezza netta media, nel 2010 ammontava a 273.600 dollari, numeri che però crollano drasticamente se consideriamo il 20% più povero, che non arriva nemmeno a 5500 dollari. La fascia mediana ne conta 175 mila, l’1% dei super ricchi ha in portafoglio 4 milioni. Consola la tendenza delle famiglie italiane al risparmio: i nuclei della penisola sono meno inclini a fare debiti. Solo il 25% vi fa infatti ricorso, contro l’80% dei norvegesi e americani. Sarà questa propensione a salvarci?