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Attualità

Lode alla gentilezza

Per alcuni è un vero e proprio lubrificante organizzativo, altri ne fanno una questione di stile, piuttosto che di educazione. Cosa ne pensano alcuni grandi manager in attesa del prossimo 13 novembre, quando verrà celebrata in tutto il mondo

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“Per favore, grazie, scu­sa”. Ecco le parole meno usate fra colleghi. E se provassimo a farlo? Secondo il Movimento mondiale per la gentilezza, con un sorri­so potremmo scoprire il vero, grande se­greto del successo delle aziende vincen­ti e dei loro manager: le buone maniere. Merce rara. Ogni giorno, per strada o in ufficio, sperimentiamo la maleducazio­ne degli altri e loro la nostra. Col risul­tato che i rapporti interpersonali si deteriorano e lavorare diventa ogni gior­no più pesante. Perché è così difficile es­sere gentili? Un sorriso non costa nulla. E vale moltissimo. «Io lo chiamo il Ma­nager Gentile», ci racconta la psicolo­ga Cristina Milani, fondatrice e presiden­te di Gentletude Onlus, «e tutti gli stu­di sull’argomento confermano che oggi non siamo più di fronte a un manager fermo in un ruolo autoritario, ma a un individuo autorevole con una grande in­telligenza emotiva, in grado di gestire le difficoltà, di creare coinvolgimento tra il personale, con la flessibilità e la capaci­tà di guardare al futuro».

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In una parola: gentile. Ma nel senso più ampio e profondo del termine. «Oggi la gentilezza non è solo buona educazio­ne», conferma Paolo Iacci, presidente di Bcc Credito Consumo e vicepresiden­te nazionale dell’associazione italiana direttori del personale (Aidp), «ma rien­tra nelle strategie marketing delle azien­de e fra le soft skills personali che aiu­tano a fare carriera». Insomma, è vero che sono tempi duri e che molti arrivi­sti si fanno largo a gomitate, ma sul lun­go periodo il sorriso vince. «Basti pen­sare a quanto sia importante essere gen­tili con gli altri», interviene il presiden­te dell’Associazione direttori del perso­nale, Paolo Citterio, «in quelle organiz­zazioni in cui si viene valutati ogni anno a 360 gradi da superiori, sottopo­sti e colleghi». Insomma, uno sgarbo po­trebbe costarvi caro. E allora, meglio pensarci due volte. «Le persone garba­te hanno una marcia in più», dice Augu­sta Leante, responsabile della comunicazione di Wobi, l’azienda di Executive Education che organizza anche il Wor­ld Business Forum, «ed è praticamen­te impossibile dire di no se ti chiedono qualcosa. Anzi: è un piacere poter sod­disfare una loro richiesta perché ti ripa­gano con larghi sorrisi aperti, ringrazian­doti di cuore per la collaborazione offer­ta». È il vecchio adagio: con la dolcez­za si ottiene tutto. I più furbi potrebbe­ro pensare di comportarsi bene solo per opportunismo. Vero, c’è chi lo fa. Ma alla lunga è una strategia che non paga. «Se dietro l’atteggiamento di cordialità non c’è fiducia reciproca e lealtà», con­ferma Andrea Del Chicca, responsabi­le risorse umane, organizzazione e rela­zioni esterne Ansaldo Energia, «il rischio è che rimangano solo belle parole. Capisco che sia difficile pensare alla corte­sia nella dura e bella fabbrica, eppure, è questa il lubrificante organizzativo e si traduce in correttezza, concretezza e affidabilità». Un parere condiviso da molti Hr Director di grandi aziende. «L’aggres­sione in azienda non aiuta», dice il capo del personale di Txt e-solutions France­sco Cusaro, «e le scortesie tra colleghi o con il capo incidono così negativamente sul clima che ne risentono anche le per­formance e la produttività». E per Gio­vanni Cassataro, Human Resources Ma­nager in Mazzucchelli 1849, «anche se le regole non sono scritte nero su bian­co, lo stile è qualcosa che caratteriz­za un’azienda e la distingue dalle altre, un modus operandi che aiuta le perso­ne a stare bene insieme e che trasforma il benessere del team in business».

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Già, lo stile. Forse è questo che fa la vera dif­ferenza. «Le buone maniere fanno par­te dello stile che ci accompagna sempre, anche se a volte ce ne dimentichiamo», conferma Pasquale Cormio, responsabi­le sviluppo risorse umane e comunica­zione interna del Gruppo Helvetia Italia. «Il caso tipico è il collega che, puntual­mente, si affaccia alla porta e dice: scu­sa, hai cinque minuti? Così trasferisce il suo problema sulla tua scrivania. Op­pure chiede un consiglio e poi si dilunga per un’ora nella tua giornata lavora­tiva già pianificata. Il bon ton, in questo caso, sta nel rispondere rimandando alla pausa pranzo per discutere con maggior disponibilità di tempo e, soprattutto, in tranquillità».Routine giornaliera a parte, oggi la gen­tilezza è considerata a buon diritto fra i più importanti principi di management da applicare sistematicamente alla ge­stione aziendale. «Introdurla nel conte­sto aziendale può sembrare fuori luo­go, perché si pensa che qui le emozioni non abbiano spazio, pena l’esclusione dal mercato», conclude Cristina Milani di Gentletude, «invece si dovrebbe pen­sare alle aziende come parte integran­te di un contesto con il quale si relazio­nano per crescere. E allora la gentilez­za diventa cura e attenzione per le parti che la costituiscono, per l’ambiente nel quale s’inserisce, per il pubblico al qua­le si rivolge».

PER SAPERNE DI PIÙ

Enrico Cheli – Franco Angeli

L’epoca delle relazioni in crisi (e come uscirne). Coppia, famiglia, scuola, sanità, lavoro

Emmanuel Jaffelin – Bourin

Petit éloge de la gentillesse

R. J. Palacio – Giunti Editore Wonder

Adam Phillips, Barbara Taylor – Ponte Alle Grazie

Elogio della gentilezza

George Saunders – Minimum Fax L’egoismo è inutile – Elogio della gentilezza

Michael O’malley, William F. Baker – Aliberti Editore

Comandare con gentilezza

Perché i leader buoni sono buoni leader

Pietro Ferrucci (prefazione

del Dalai Lama) – Oscar Mondadori

La Forza della gentilezza Pensare e agire con il cuore fa bene al corpo e allo spirito