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Italia connessa al 100% nel 2026

Una ricerca dell’I-Com fotografa il presente e il futuro della connettività nella Penisola. Resta prioritario il tema delle competenze digitali

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Al 2026 l’Italia sarà connessa per il 100% del territorio. A livello regionale, considerando i soli investimenti degli operatori privati (che copriranno il 49,7% del totale), la Puglia risulterà essere la prima regione per copertura con connettività ad almeno 300 Mbps (68,9%), seguita dalla Sicilia (62,2%) e dal Friuli-Venezia Giulia (57,3%). Le regioni con la quota più bassa saranno, invece, la Valle d’Aosta (13,1%) e il Molise (16,2%). A rivelarlo è l’elaborazione dell’Istituto per la Competitività (I-Com) sulla base dei dati raccolti da Infratel. Al 2026, quindi, la copertura di rete con intervento pubblico rappresenterà il 50,3% del territorio nazionale. Il Piano Aree Bianche (rinominato Piano BUL), che interviene sulle aree a fallimento di mercato, riguarderà il 29,4% del Paese, con il Molise in testa per maggior percentuale di civici, seguito dalla Valle d’Aosta (70,4%) e dal Piemonte (50,2%). Il Piano Italia 1 Giga, invece, comprenderà il 20,9% dei civici, con in vetta per maggior beneficio la Sardegna (52,3% dei civici totali) seguita dalla Calabria (42,8%) e dall’Abruzzo (37,3%).

Se guardiamo, invece, al presente, stando ai dati forniti da Infratel, a maggio 2021 i civici coperti in rete fissa con una velocità di download di almeno 30 Mbps si sono attestati al 64,1% del territorio nazionale. La classifica regionale vede primeggiare la Puglia (88,5%), la Sicilia (75,5%), la Calabria (75,2%) e la Sardegna (69,1%). La maglia nera va invece alla Valle d’Aosta, con una copertura in rete fissa pari al 20,7% del proprio territorio, e il Molise (25%). Per quanto concerne, invece, la copertura con velocità di connessione tra i 300 Mbps e 1 Giga, risulta raggiunto il 17,5% dei civici. In questo caso la classifica delle regioni si ribalta: in testa si posiziona il Lazio con il 28,6%, seguito dal Trentino (26,4%) e dall’Umbria (24,8%). Di contro, l’ultimo posto va alla Calabria, che pure spiccava per copertura ad almeno 30 Mbps, la quale può contare su appena il 3,7% dei civici raggiunti. Questi sono alcunei dei dati che emergono dal rapporto dal titolo Don’t stop “IT” now. Le politiche per muovere la trasformazione digitale dell’Italia tra bussola UE e PNRR realizzato dall’Istituto per la competitività (I-Com), think tank guidato dall’economista Stefano da Empoli con base a Roma e Bruxelles, nell’ambito dell’osservatorio annuale sulle reti e i servizi di nuova generazione. Lo studio, giunto alla XIV edizione, è curato dallo stesso da Empoli insieme alla vicepresidente I-Com Silvia Compagnucci e al direttore Area Digitale I-Com Lorenzo Principali.

Il nodo del 5G

Per quanto riguarda la copertura 5G, nel 2026 si arriverà con i soli investimenti dichiarati dalle aziende TLC al 94,6% dell’intero territorio italiano. Di nuovo, sarà la Puglia la prima regione per copertura con una percentuale del 99,1%, seguita dalla Basilicata e dal Molise. A livello provinciale, invece, primeggia la Lombardia con Monza e Brianza, Milano e Lodi. Agli ultimi posti si posizionano la Valle d’Aosta, il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino, con una percentuale inferiore al 90%.

A maggio 2021 risulta coperto con lo standard di quinta generazione circa il 7,3% del territorio nazionale. A livello regionale spiccano le coperture registrate in Emilia-Romagna (14,9%) e nel Lazio (14,7%), mentre quelle con la quota più bassa risultano la Basilicata (0,5%), Trentino (1%) e Valle d’Aosta (1,4%). A livello provinciale è Milano, con il 49,2%, a guidare la classifica delle Top 20, seguita da Trieste (46,9%), Napoli (45,3%) e Monza e Brianza (42,1%). Roma occupa il settimo posto con il 31,3%.

Un interesse, quello per il 5G da parte dei consumatori, sottolineato anche dall’analisi svolta da I-Com in collaborazione con ByTek su 5 paesi (Italia, Stati Uniti, Francia, Germania e Spagna) attraverso l’osservazione delle keyword utilizzate nelle ricerche effettuate dagli utenti sul motore di ricerca di Google a livello nazionale tra agosto 2019 e agosto 2022. In questo arco di tempo, in media risultano oltre 3 milioni di ricerche mensili sul 5G, di cui circa 276 mila solo in Italia. A livello europeo, la Francia risulta il paese in cui il 5G riscontra il maggior interesse (a dicembre 2020 supera persino quello registrato negli USA). La Penisola figura al secondo posto, seguita dalla Spagna. In Italia l’impatto del Covid ha determinato un picco di interesse nel 5G, con il numero di ricerche mensili passato da 200 mila a 1,4 milioni tra febbraio e aprile 2020. Fortunatamente il clamore generato dalle teorie complottiste sembrerebbe allo stesso tempo aver spinto i consumatori a cercare maggiormente informazioni concrete su questa tecnologia per capirne il funzionamento e le caratteristiche. Per tutti i paesi il cluster relativo alla paura verso il 5G non è l’unico argomento di ricerca e nemmeno il principale: i temi più ricercati sono relativi ai provider del servizio e alla disponibilità della copertura.

I-Com UltraBroadband Index (IBI): italia solo 12esima

Allargando lo sguardo sull’Europa, secondo l’I-Com UltraBroadband Index (IBI) – l’indice dell’Istituto giunto alla sua nona edizione che misura lo sviluppo del digitale nei mercati nazionali ed europei delle telecomunicazioni – la Danimarca si posiziona al primo posto tra i paesi membri, per opera di numerosi anni di investimenti in infrastrutture di rete e in formazione sulle digital skills, seguita dai Paesi Bassi e dalla Spagna. L’Italia è 12esima, risalendo la classifica di 14 gradini rispetto all’anno scorso grazie a un avanzamento deciso in termini di copertura 5G, nonostante appaiano meno rosee le prospettive sul fronte della domanda. La quota di abbonamenti in fibra (FTTH, FTTB e FTTP con esclusione di quelli FTTC) sul totale degli abbonamenti nella Penisola è infatti pari al 14,2% del totale, molto lontana dal valore OECD (34,9%) e decisamente molto distante da Spagna, Svezia e Lituania che si attestano, rispettivamente, al 78,9%, 78% e 77,9%. Rispetto alla percentuale di famiglie che hanno sottoscritto un abbonamento ad almeno 100 Mbps, il dato italiano si presenta al di sotto di quello europeo (38% vs al 41%), distaccata di ben 34 punti percentuali dalla Spagna capolista.

Italia: il problema sono le competenze

Infatti, la strada da percorrere sotto il profilo delle competenze è ancora lunga. Stando ai parametri dell’indice DESI 2022 (competenze degli utenti internet, competenze sviluppate e sviluppo in ICT), l’Italia continua a posizionarsi nella parte più bassa della classifica UE: solo il 46% dei cittadini ha competenze digitali di base. Risulta, inoltre, che il 66% della popolazione utilizza la posta elettronica, il 45% usufruisce dell’internet banking, il 40% acquista online, e solo il 34% utilizza i servizi digitali della Pubblica Amministrazione. La mancanza di competenze digitali colpisce anche la PA. Tra gli ostacoli alla digitalizzazione della pubblica amministrazione figurano la mancata formazione del personale in merito alle competenze ICT e la mancanza di staff competente in ICT.

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