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Ikea, investire in Italia? Non conviene più

L’amministratore delegato di Ikea Italia spiega le motivazioni che hanno spinto il gruppo svedese ad abbandonare il progetto del negozio di Pisa

«Investire in Italia significa affrontare un percorso inutilmente troppo lungo. Neppure un grande gruppo come il nostro può sopportare questo peso». Così Lars Petersson, amministratore delegato di Ikea Italia, spiega in un’intervista a Il Sole 24 Ore, le motivazioni che hanno spinto il suo gruppo a cancellare il progetto del negozio di Vecchiano, in provincia di Pisa. «L’ostacolo principale a investire qui – spiega Petersson – è la lunghezza delle autorizzazioni: in Italia troppi enti sono coinvolti nelle decisioni, le pratiche passano più volte da una scrivania all’altra e il procedimento si allunga senza ragione». Il risultato è che, come rimarca l’ad svedese, in Italia i tempi decisionali sono più lunghi: «Mediamente in Italia servono due anni di attesa in più per avere il via libera all’investimento, cioè sei-sette anni contro i tre-quattro del resto d’Europa». Tempi lunghi, ma anche procedure complicate: «In Italia spesso un’azienda non sa esattamente cosa deve fare perché il percorso è poco chiaro. Anche in altri Paesi come il Giappone la burocrazia è forte e i passi da fare sono tanti, ma almeno sono prevedibili». E il rischio e che, come successo a Pisa, con il passare del tempo l’investimento perda di competitività: «Siamo un’azienda globale e guardiamo all’Europa come a un mercato unico: durante i sei anni in cui abbiamo atteso di realizzare un negozio a Pisa sono cambiate le condizioni d’investimento in altri Paesi, magari in Francia, in Svezia o in Slovacchia, e dunque il progetto di Vecchiano è entrato in concorrenza con altri progetti europei che hanno un iter più veloce».

Credits Images:

Lars Petersson