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Attualità

Giù le mani dalla supercar!

Redditometro, superbollo accise iperboliche e, come se non bastasse, la sanzione sociale dello spendaccione in tempi di austerity. Il mercato tricolore delle quattro ruote di lusso sta vivendo una fasedi grandi trasformazioni. Così stanno reagendo Jaguar-Land Rover, Mercedes-Benz e Porsche

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l brand del lusso a quattro ruote non ci stanno, e per ingranare di nuovo la marcia giusta nel complicato mercato italiano sferrano un’offensiva a base di innovazione e un pizzico di furbizia. A caccia di rigore morale e soprattutto di risorse utili a ripianare i conti pubblici, il governo dei tecnici nel corso del 2012 aveva infatti ingaggiato una durissima battaglia contro il lusso, inteso nell’accezione peggiore del termine: ostentazione, spreco, propensione al superfluo e, non di rado, all’illegalità attraverso l’evasione fiscale. E a pagarne le conseguenze è stato specialmente il mondo dell’automotive, che anche sul piano dell’offerta generalista, a causa della crisi, sta vivendo un periodo tutt’altro che sereno. L’introduzione del famigerato superbollo, giusto per citare una delle iniziative più controverse legate al mondo delle quattro ruote di pregio, è un esempio perfetto di come è stata condotta questa lotta indiscriminata: il superbollo si applica solo alla pura potenza del propulsore, che per rimanere sotto la soglia della super tassa non può superare i 185 kW (250 cv). Il prezzo della vettura, le dimensioni, la capacità inquinante e altri parametri che concorrono a definirne il reale valore non sono stati presi in considerazione. Però il vero guaio è che il superbollo non è nemmeno riuscito a raggiungere l’obiettivo per cui era stato introdotto. Si era calcolato che avrebbe generato entrate per 170 milioni di euro, ma le previsioni allo stato attuale parlano di un bottino di soli 60 milioni di euro. Il motivo? Semplice: la tassa, unita al clima di incertezza e all’assioma “possessore di auto di lusso uguale evasore” ha portato al crollo del mercato delle vetture premium. Una performance tutta italiana, visto che all’estero il segmento continua a comportarsi in maniera anticiclica rispetto al resto dell’economia.

LE SPORTIVE INCHIODANO (IN ITALIA)

Un esempio per tutti? Ferrari, che se a livello mondiale ha conosciuto il miglior esercizio di sempre, con vendite record in Usa e in Cina (le consegne sono aumentate del 4,5% rispetto al 2011, il fatturato è cresciuto dell’8%), in Italia le vendite sono scese del 46%. Comunque meglio della media del settore (in calo del 60%), ma pur sempre una débâcle. Anche Porsche, che sta vivendo a livello mondiale uno dei periodi più vitali (e profittevoli: vendite a +22%, fatturato a +27% nel 2012) di sempre, in Italia lo scorso aprile ha lasciato sul terreno il 34% delle vetture vendute nello stesso periodo del 2012, anno comunque non facile per il brand di Stoccarda nel nostro Paese. Difficile per le sportivissime Cayman, 911, Cayenne e Panamera scendere sotto la fatidica soglia dei 250 cv. E le previsioni per il resto del 2013 non fanno sperare niente di meglio. «Tendiamo a essere conservativi», spiega a Business People Pietro Innocenti, direttore generale di Porsche Italia. «Questo perché non si sono palesati mutamenti nel quadro politico-normativo che spingano a una ripresa del mercato. E a noi preme mantenere l’esclusività del marchio, non siamo disposti a praticare politiche di promozione aggressive che svilirebbero uno dei valori fondanti della marca. Cercheremo di ripetere le performance dell’anno scorso, anche se questo chiaramente non ci soddisfa, visto che abbiamo una rete dimensionata per vendere più vetture. Siamo in costante contatto con la casa madre di Stoccarda e i colleghi, che conoscono la situazione italiana, capiscono il momento che stiamo affrontando».

PARADOSSI

8%

l’aumento di fatturato di Ferrari a livello mondiale nel 2012

-46%

la diminuzione delle vendite del Cavallino rampante in Italia

27%

l’incremento del fatturato di Porsche nel 2012 su scala planetaria

-34%

le performance della Casa di Stoccarda in Italia

OSSIGENO PER BERLINE E SUV DI LUSSO

Persino in casa Mercedes-Benz i toni sono piuttosto cauti, anche se l’ampiezza della gamma del brand ha contrastato la congiuntura sfavorevole e ha permesso alle tre stelle di compiere ad aprile un balzo in avanti del 25%. «Nel 2012, in Italia, il mercato automobilistico ha fatto un salto nel passato, riportando le vendite ai volumi di 33 anni fa», spiega Roland Schell, direttore generale di Mercedes-Benz Cars per la Penisola. «In un contesto generale estremamente complesso siamo riusciti a contenere le pressioni dei tanti fattori che incidono negativamente sul mercato dell’auto tricolore, recuperando quote di mercato. Per il 2013, gli analisti di settore annunciano un’ulteriore flessione di circa il 3% rispetto al 2012. La situazione economica italiana non solo risente della crisi internazionale, ma anche di un regime fiscale con una pressione tra le più alte d’Europa, che limita fortemente la propensione ai consumi e sta producendo addirittura minori entrate fiscali rispetto allo scorso anno. Il settore automobilistico è di sicuro quello che ne ha risentito maggiormente: basti pensare che fra le principali voci nel redditometro rientrano l’assicurazione auto, il bollo e il costo del carburante. Da parte nostra, riponiamo grande fiducia verso i prodotti che stiamo proponendo, a partire dalla nuova Classe A e dalla Cla, che sarà la vera stella del 2013».Le cose sembrano aver preso la giusta direzione pure per Jaguar-Land Rover. Come Mercedes, anche il gruppo che include i due storici marchi inglesi ad aprile 2013 ha conosciuto in Italia un +25% in termini di vendite. Ma questo non significa che Arturo Frixa, direttore generale della società tricolore, abbia voglia di esultare, visto l’andamento generale del settore. «Credo che i buoni risultati derivino da una somma di componenti», racconta a Business People. «Abbiamo conferito ai nostri modelli un nuovo appeal, entrambi i marchi sono in forte crescita sia a livello globale che in Europa continentale grazie al forte rinnovamento della gamma. Siamo riusciti a incontrare i gusti del consumatore con soluzioni stilistiche azzeccate, e soprattutto attraverso il bilanciamento dei motori, garantendo sensazioni e prestazioni tipiche di un prodotto premium, all’interno però di fasce di accessibilità che ci permettono di non essere penalizzati dalla fiscalità italiana. Il nostro obiettivo oggi è il raggiungimento della massima performance senza tradire le aspettative dei clienti sul fronte dell’understatement imposto dallo spirito del tempo».

ACCELERARE SULL’INNOVAZIONE

Una cosa è certa: al di là del segno che si trova davanti ai dati di vendita, oggi nel settore del dell’automotive di lusso, chi si ferma è perduto. La risposta delle Case è quasi sempre la stessa: ricerca, innovazione, prestazioni di punta per il guidatore con un occhio attento a consumi e spese accessorie. «La missione di Porsche è continuare a far conoscere i propri prodotti, coprendo i diversi segmenti e proponendo una vasta gamma di tecnologie innovative», dice Pietro Innocenti. «Abbiamo da poco presentato la nuova versione della Panamera, la S E-hybrid, che a luglio sarà la prima vettura con un posizionamento così alto dotata di un motore ibrido plug in (la potenza totale sarà di 416 cv, ndr). Un’auto vicina all’ambiente e rispettosa dei consumi, pur contraddistinta da performance al top. È un prodotto che coniuga valori che apparentemente sono antitetici. Ma è sulla loro sintesi che dobbiamo puntare».Come del resto stanno facendo in casa Mercedes: se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto. «Da parte nostra, la soluzione al tema della fiscalità italiana passa attraverso motorizzazioni efficienti che garantiscano buone prestazioni rimanendo sotto i limiti del superbollo», conferma Schell. «Altrettanto importanti sono le strategie commerciali, ma il messaggio che mi sento di mandare alle istituzioni, di ogni ordine e grado, è di rimettere l’auto al centro, adeguare la fiscalità all’Europa, introdurre la possibilità di detrarre le spese legate all’utilizzo dell’automobile stessa».

E già, perché sembra proprio ci si stia dimenticando che l’auto non è solo un bene durevole, di consumo, ma che è innanzitutto un prodotto industriale intorno al quale ruotano un’economia e un indotto vitali per i Paesi industrializzati e a maggior ragione per una piazza come l’Italia. E specialmente l’auto di lusso è parte integrale e fondamentale del meccanismo, visto che attraverso i suoi consumi, le tasse che le sono applicate, la manutenzione che le va riservata e il valore che mantiene nel tempo mette in moto – è proprio il caso di dirlo – un giro d’affari considerevole. «Per rilanciare il settore», dice senza mezzi termini Arturo Frixa, «servono cambiamenti strutturali. Innanzitutto, no agli incentivi: se calati sul mercato in maniera destrutturata si riducono semplicemente a una droga momentanea. E bisogna guardare a tutta la filiera, con particolare riferimento alle reti di concessionari, che in questo periodo stanno vivendo un periodo di grande stress. Difficoltà di accesso al credito e fatturati in calo stanno gravemente danneggiando un mondo che l’occhio attento di un sistema-Paese come l’Italia non dovrebbe trascurare, visto che raggruppa una fetta consistente della pmi tricolore. Servirebbero defiscalizzazioni, investimenti strutturali, nuovi strumenti per l’accesso al credito, oltre a una nuova competitività del sistema assicurativo e una rimodulazione delle accise sui carburanti. A questo punto la riduzione del superbollo e gli incentivi, intesi come booster temporanei all’interno di un contesto completamente rivisto e consolidato, potrebbero diventare elementi utili al rilancio del settore». L’obiettivo per Frixa, dunque, non è semplicemente la vendita di più unità all’anno, che dovrebbe essere sintomatica di un approccio intelligente al parco italiano. «Avere nuove auto in circolazione significa abbattere i consumi, diminuire le emissioni di CO2 e rendere le strade più sicure», dice il d.g. di Jaguar-Land Rover. «Occorre una vera revisione del sistema, che è qualcosa di molto più complesso di una semplice ripartenza»

OCCHIO NON VEDE…

…cuore non duole. La stretta sugli acquisti di automobili alto di gamma è talmente forte che gli appassionati non solo smettono di comprarle, ma addirittura di guardarle in fotografia. È il caso di un lettore di Quattroruote, Vincenzo Carrese di Roma, 67 anni, che nella rubrica La voce dei lettori del numero di maggio dichiara di non voler più sfogliare i periodici dedicati all’automobilismo per evitare il «magone alla gola». Possessore dal 1966 di una serie di macchine performanti (dall’Abarth 1000 passando per la Maserati Biturbo, le Ferrari 348 Ts e 360 Modena, fino alle 430 e California), Carrese scrive di non volerne più sapere di supercar a causa dello stato di polizia fiscale instaurato dagli ultimi governi. E meglio smettere anche di aggiornarsi sulle prossime uscite attraverso la stampa specializzata. La redazione di Quattruote ha preso atto dello sfogo del lettore sottolineando che sono sempre di più le lettere di questo tenore spedite al magazine