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Dio salvi la democrazia inglese che protegge la Brexit

Primo sì all’uscita dall’Unione europea dalla Camera dei Comuni: il governo non fa retromarcia dopo il voto popolare

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Dio salvi la democrazia inglese che protegge la Brexit. La Camera dei Comuni ha approvato a larghissima maggioranza, 498 sì e solo 114 no, il testo di legge per dire addio all’Ue seguendo la procedura prevista dall’articolo 50 del trattato di Lisbona. Ora il provvedimento passa alla Camera dei Lords che proverà un’ultima resistenza, ma tanto l’ultima parola spetta sempre ai Comuni (questo è un vero bicameralismo, ma questa è un’altra storia).

Non era un passaggio facile, almeno guardandolo dall’Italia. Era stata la Corte Suprema a rendere necessario una pronuncia del Parlamento per “ratificare” la Brexit. L’avevano chiesto con un ricorso all’Alta Corte di Giustizia alcuni cittadini che proprio non si rassegnavano all’esito del referendum. Bugie, mistificazioni e strategie ai limiti della truffa erano state svelate dopo il voto, ma l’esito delle urne doveva rimanere tale. Il governo avrebbe potuto fare a meno di rispettare la sentenza prendendo atto del voto, ma ha rispettato le regole e proposto il testo alle Camere. Proprio come ha fatto Theresa May dal giorno del suo insediamento a Downing Street dopo il suicidio politico di David Cameron. Anche aiutata dai risultati economici in crescita per il momento, almeno finché la Brexit non diventerà realtà e farà sentire i suoi effetti.

Rispetto delle regole, rispetto della volontà popolare. Anche se a parlare sono stati gli ignoranti, i contadini, i poveri, gli arrabbiati e quelli che si sono fidati delle parole incendiarie dei populisti di Farage. E lo stesso ha fatto l’opposizione Labour di James Corbyn. Si chiama democrazia, che non vuol dire eleggere direttamente il presidente del Consiglio e nemmeno far durare le legislature per cinque anni anche a costo di compromessi. Ma vuol dire rispettare i cittadini-elettori.

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Il premier britannico Theresa May © Getty Images