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Attualità

Quella peste di Mafalda

L’irriverente bambina uscita dalla penna di Quino compie 50 anni, ma non perde smalto e continua a divertire e a far riflettere con le sue domande scomode. Perché il mondo, in fondo, è sempre lo stesso

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Come la Bellucci nazionale, anche lei quest’anno compie mezzo secolo. Inutile dirlo, non dimostra affatto la sua età, perché resterà per sempre una bambina di sei anni. Mafalda, famosa in tutto il mondo (Cina compresa), ha ammiratori trasversali: piace ai piccoli e ai grandi, e ha sedotto personaggi illustri come Gabriel Garcìa Marquez. Sulla sua data di nascita, come per ogni celebrity che si rispetti, si è discusso un po’: alcuni la fanno risalire al 1962, quando il suo creatore, Quino, la “pensò” testimonial di una lavatrice, come componente di una famiglia del ceto medio argentino, in cui si mescolavano i Peanuts con Blondie e Dagoberto. La campagna pubblicitaria in questione, tuttavia, non vide mai la luce e così il vero compleanno di Mafalda è, in realtà, il 26 settembre 1964, giorno in cui per la prima volta le storie della bambina vennero pubblicate su Primera Plana, settimanale argentino.

CARTA D’IDENTITÀBimbetta curiosa e attenta ai problemi che la circondano, con una grande chioma di capelli corvini e incolti, Mafalda è divertente, polemica e anche imbarazzante con i suoi quesiti senza risposta. Ama alla follia i Beatles e odia con altrettanto ardore la zuppa, che vede come simbolo dell’oppressione materna. Preoccupata per l’umanità e per la pace nel mondo, pone (a se stessa, ai genitori, a tutti) domande candide e graffianti insieme, cui è quasi impossibile dare soddisfazione. Da grande vuole fare l’interprete all’Onu, per evitare le guerre, e nutre una forte antipatia nei confronti di Fidel Castro. Vive a Buenos Aires, in via Cile, al civico 371, in uno degli stabili dove risiedette anche il suo autore. Il suo oggetto preferito è un mappamondo, sul quale cerca i luoghi che le danno preoccupazioni: all’epoca il Vietnam e Berlino col suo muro. Quando poi chiede spiegazioni agli adulti, le domande sono talvolta talmente dirette da provocare in loro vere e proprie crisi di nervi, puntualmente curate col calmante Nervocalm. A mezzo secolo dalla nascita, è ancora un’icona: la sua pagina ufficiale di Facebook conta due milioni e mezzo di fan, il fumetto è pubblicato in 50 Paesi, tradotto in 20 lingue e vanta oltre 50 milioni di copie vendute in tutto il mondo.

UMORISMO ARGENTINOIl papà di Mafalda, quello in carne e ossa, è l’argentino Joaquín Lavado, in arte Quino, nato a Mendoza da genitori andalusi, che scoprì la passione per il disegno a soli tre anni, grazie a uno zio illustratore. Ottantaduenne, vive a Buenos Aires dopo aver passato lunghi periodi in Europa, tra Parigi e Milano dove ha vissuto per sei anni (la moglie Alicia, sposata nel 1960, è di origini italiane) Oltre a Mafalda, Quino ha realizzato per anni vignette umoristiche con altri soggetti, ma è il primo ad ammettere che la seienne dalla testa grossa è la sua creatura più riuscita e conosciuta. Ispirata a una bambina di un romanzo di David Viñas, intitolato Dar la cara, dopo 50 anni è ancora popolarissima e questo, paradossalmente, rende il suo ideatore un po’ malinconico. «Se è ancora così attuale, significa che il mondo è sempre lo stesso. Da qualche parte continua a esserci la guerra. C’è sempre una crisi economica nel nostro Paese, qualunque esso sia. E tutti vogliamo sempre risposte sincere dai nostri genitori, o da chi pensiamo possa farne le veci: lo Stato, la società o la scuola. Continuando però a ottenere bugie».

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SUCCESSO GLOBALEDopo il debutto su Primera Plana nel 1964, il marzo successivo Mafalda appare quotidianamente sulle pagine de El Mundo di Buenos Aires, consentendo all’autore di seguire da vicino l’attualità. Quando, nel dicembre 1967, il giornale chiude, Mafalda “migra” su un altro settimanale, Siete Días Illustrados. Nel frattempo, inaspettatamente, la ragazzina diventa un successo fenomenale: vengono pubblicate in una raccolta le vignette già uscite e senza pubblicità né promozione le vendite decollano. In 15 giorni la prima edizione è esaurita; nei 12 anni successivi, in Spagna, saranno vendute 5 milioni di copie (il regime di Franco impose che sulla copertina venisse messa una fascetta con la scritta “Per adulti”) e la striscia verrà distribuita in tutta l’America del Sud. In Italia, Mafalda arriva nel 1968, in pieno spirito di ribellione, in un’antologia edita da Feltrinelli, Il libro dei bambini terribili. Nel 1969 esce poi la prima raccolta, intitolata Mafalda la contestataria e pubblicata da Bompiani, con prefazione scritta da Umberto Eco, che la paragona a Charlie Brown di Charles M. Schulz. Ed è lo stesso Quino a indicare in Schulz il suo maestro. Il fumetto è pubblicato anche in Brasile, dove compare su una rivista di pediatria e pedagogia. L’anno successivo, sempre nella Penisola, appare quotidianamente su Paese Sera, il primo di molti giornali che pubblicheranno la striscia. Insomma, la ragazzina raggiunge la notorietà internazionale e le grandi città dedicano a piazze e strade il suo nome, come accade a Buenos Aires, nel quartiere Colegiales. Nel frattempo, Quino stipula anche un contratto per realizzare 260 animazioni a colori di 90 secondi l’una. I primi cartoni sono trasmessi in Argentina nel 1973 (seguirà una seconda serie di corti nel 1993). Nel 1982, Carlos Márquez produrrà anche un film d’animazione, dopo anni di opposizione da parte di Quino all’adattamento della striscia per il cinema o il teatro.

IN PENSIONE A SEI ANNIÈ proprio nel 1973 che qualcosa cambia: Mafalda si prende una sorta di vacanza a tempo indeterminato. «A un certo punto mi sono stancato», ricorda Quino. «Non ce la facevo più a dire tutto quello che non andava, a passare il mio tempo in un continuo atteggiamento di denuncia. Il momento in cui ho deciso di mettere fine alle sue avventure è coinciso con l’inizio di un periodo nero per l’Argentina, quello dei sequestri, delle sparizioni, della dittatura. Il regime militare ha rafforzato la censura. Anche volendo, non avrei potuto continuare».Da allora Quino disegnerà Mafalda raramente, e solo per attività connesse alla promozione dei diritti umani. Nel 1976 realizza un poster per l’Unicef; nel 1986 usa Mafalda nella campagna spagnola sulle prime elezioni dei consigli scolastici, riadattando vecchi disegni; nel 1988 il personaggio compare su un manifesto che celebra la Giornata universale dei diritti umani e il quinto anniversario della fine della dittatura argentina; lo stesso anno Quino realizza per l’Italia un manifesto sull’ecologia. Il 23 ottobre 2009 Mafalda riappare in una vignetta su la Repubblica mentre pronuncia la frase «Non sono una donna a sua disposizione» (risposta della politica Rosy Bindi all’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ndr) diventando una paladina del movimento femminile “Se non ora quando”. Ultimamente, Quino soffre di problemi alla vista e non impugna quasi più la matita. In ogni caso, all’immancabile domanda “perché non tornare a disegnare Mafalda”, risponde citando il momento storico in cui la pestifera e acuta bambina uscì dalla sua penna: «Il periodo nel quale è nata Mafalda non ha avuto eguali: la guerra del Vietnam, papa Giovanni XXIII, i Beatles, il femminismo. Sembrava davvero che qualcosa potesse cambiare, che l’immaginazione potesse arrivare al potere, ma niente di questo è accaduto e, dopo, nulla è stato più come prima. Custodisco ancora il desiderio che il mondo possa essere diverso: ma non ne ho più la speranza, ormai».

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ISPIRAZIONE SU CARTAL’autore argentino, che festeggia anche i 60 anni da disegnatore, ha cercato, tramite i suoi personaggi, di indagare la natura umana con sguardo disincantato, ma innamorato del mondo. Tra le sue fonti d’ispirazione ricorda il cinema muto, e confida che quando viaggiava da una parte all’altra del mondo, guardando in aereo i film, lo faceva senza l’ausilio del suono per verificare se solo con le immagini riuscisse a capire la storia. Riguardo le caratteristiche salienti della tostissima seienne, Quino cita il proprio ambiente familiare, con la nonna comunista che rimproverava il nipotino perché amava i musical di Hollywood con Sinatra e Bing Crosby, ricordandogli piuttosto che in Spagna c’era Franco, in Portogallo Salazar, e ovunque regimi militari. Il metodo con il quale disegnava Mafalda? Giornate intere passate seduto al tavolo da disegno, prima al lavoro su bozzetti a matita, poi con disegni a china. E per aiutare l’ispirazione, schizzi su schizzi sui suoi block notes, appuntando idee confuse e non finite, situazioni, personaggi. Quino pensa che per i giovani disegnatori gli strumenti tecnologici siano un vantaggio immenso rispetto alle generazioni precedenti, ma per quanto lo riguarda, ammette che la rivoluzione non lo coinvolge. «Ho bisogno di sentire la carta, di usare la matita, la gomma, l’inchiostro…».

www.quino.com.ar