
Quattro giorni di festa all’insegna del cibo, della musica, degli spettacoli e, non poteva certo mancare, della birra. Così a metà dello scorso luglio “LeBaladin” ha celebrato i 30 anni di attività, il ventennale del primo birrificio e l’inaugurazione del nuovo ipertecnologico stabilimento di produzione (vedi box in fondo all'intervista ), costato circa 13 milioni di euro e realizzato a Piozzo, il piccolo paese del cuneese dove Teo Musso ha dato forma al proprio sogno di produrre birra artigianale. Oggi Baladin fattura circa 25 milioni di euro, che per circa il 25% arrivano dalla produzione di birra e per la restante parte dai proventi dei 13 locali attivi in Italia, dell’hotel Riad Baladin di Essaouira in Marocco e dei brewpub realizzati nei negozi Eataly di Roma, New York e Chicago, ai quali dovrebbe a breve aggiungersi anche Londra.
Perché ha scelto la “birra viva”?
Per passione. Quando nel 1986 ho aperto un pub che serviva oltre 200 birre provenienti da mezza Europa, la mia era un’iniziativa visionaria. Non c’era molta disponibilità in Italia e dovevo contattare direttamente i produttori. Col tempo è arrivata anche la voglia di esprimere il mio gusto, creando delle birre mie. Per aprire il mio primo brewpub, però, ho dovuto attendere fino al 1996, perché prima le complicazioni burocratiche erano insuperabili.
Ha sempre voluto accreditare la birra artigianale come bevanda da pasto. Con quale riscontro nel Paese del vino?
Sono cresciuto nelle Langhe circondato da produttori di vino che mi hanno ispirato. La birra artigianale, al pari del vino, esprime un variegato panorama di profumi e sapori. Per me era chiaro cosa raccontare a chi si avvicinava alle mie birre.
Di qui la scelta di puntare al canale Horeca e in particolare sulla ristorazione…
La mia è una birra viva, non pastorizzata. Questo fin dall’inizio mi ha indirizzato sull’utilizzo della bottiglia e non del fusto, più complicato a livello logistico. Le prime due birre artigianali italiane in bottiglia sono state proprio le nostre Isaac e Super. Quando ho deciso di distribuire nel canale Horeca, non solo ho scelto il formato da ristorazione (75 cl), ma ho voluto una bottiglia preziosa, dal design particolare e con un’etichetta elegante caratterizzata dal lettering Baladin con in primo piano il nome della birra e non quello del birrificio. Ho inviato una campionatura a 500 ristoranti selezionati da una guida di Slow Food. Mi creda, fu un investimento incredibile per l’epoca.
Con quali riscontri?
Gli ordini arrivavano, ero certo di aver vinto la scommessa, ma mi sono presto reso conto che i ristoratori acquistavano il prodotto per sé. Non è stato facile convincere loro e gli chef ad abbinare i loro piatti alle birre, in alternativa e non in contrapposizione al vino. E poi inserirle nei menù alla stregua dei vini. C’è voluto del tempo anche per convincere i consumatori, ma oggi la crescente richiesta sta portando i ristoratori a un nuovo approccio.
Come nascono la filiera corta e la collaborazione con Slow Food?
Ho scelto di impegnarmi nel creare una filiera corta perché credo nel rapporto con la terra. Sono figlio di contadini e con orgoglio ho trasformato il mio birrificio in un’azienda agricola. Rispetto la natura cercando di ottimizzare i consumi di energia e anche, dove possibile, di produrla attraverso il solare e, presto, le biomasse. Con Slow Food condividiamo la voglia di far cultura e alcuni progetti, dalla Cola Baladin, una bevanda prodotta con la noce di Cola loro presidio, fino alla creazione di un “birrificio didattico”, parte del Master di alto apprendistato per mastri birrai dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo (Cn).
Alla base della sua visione è la condivisione, concretizzazione nella birra Open Source e nel concorso annuale per homebrewer.
Il progetto Open ha riscosso il successo che speravo. La prima birra open source, con la ricetta pubblicata online, ha attirato l’attenzione dei tanti homebrewer e sta coinvolgendo anche i colleghi. Abbiamo aperto tre locali in Italia, che ospitano una vasta selezione dei migliori produttori italiani, e una carta di birre in bottiglia con 100 etichette. Due anni fa abbiamo proposto un Festival a Torino con una particolarità unica: le 160 birre alla spina presenti erano servite da nostro personale, preparato a raccontarne la storia. Quest’anno la manifestazione ha celebrato i 20 anni della birra artigianale in Italia proponendone 200 varietà.
La vostra sede sarà sempre visitabile?
Il nuovo birrificio nasce all’interno del Baladin Open Garden, che entro la primavera diventerà un grande parco aperto al pubblico. Vorrei che le persone potessero incontrarsi qui, scambiarsi opinioni o, semplicemente, rilassarsi. Chi verrà non necessariamente dovrà essere appassionato di birra, anche se la struttura fornirà tante possibilità per capire cosa significhi produrre quella artigianale. Il birrificio è stato strutturato per essere visitato dall’alto, in modo che si possa accedere anche durante la lavorazione. L’idea è valorizzare sempre più il legame con il territorio diventando una tappa di un percorso ciclo-turistico, invitando gli agricoltori vicini a proporre i loro prodotti in un mercato agricolo a chilometro zero.
A quali altri progetti intende dedicarsi?
Il primo è appunto la prossima apertura del Baladin Open Garden, che sarà preceduta da una campagna di crowdfunding internazionale per farlo conoscere. L’altro è la creazione di un Baladin Africa, di cui per ora posso dire solo che sorgerà in Sudafrica tra Durban e Johannesburg. Ho anche coinvolto amici e persone a me vicine nella creazione di un micro eco-villaggio a Zanzibar. Chissà, un giorno, potrebbe essere il luogo in cui andare in pensione…
IL GIARDINO DEL LUPPOLO |
L’impianto occupa un’area di 73 mila mq di cui 3 mila di stabilimento. Ha una capacità produttiva di 50 mila ettolitri l’anno e occuperà tra i 15 e i 20 addetti. Tutta la produzione è integrata e controllata con sistemi automatici. Il processo produttivo è orientato al rispetto delle risorse ambientali. A questo scopo, l’impianto effettua la pulizia completa di tutti i liquidi di lavaggio e degli lieviti prima di procedere alla reimmissione delle acque pulite nell’ambiente. L’ottimizzazione dei consumi energetici è garantita dall’integrazione di sistemi di gestione intelligente dell’energia e da soluzioni, come il recupero del calore prodotto dai frigoriferi per la climatizzazione del magazzino di rifermentazione. È allo studio l’applicazione di un sistema di biomasse prodotte dagli scarti di produzione (trebbie). |