
In Italia “università telematica” è quasi una parolaccia. I corsi realizzati via web sono considerati di serie B. Niente di più falso per l’Università telematica delle scienze umane Niccolò Cusano, secondo Stefano Bandecchi, fondatore e amministratore delegato, che rivendica il merito di aver individuato il modello didattico del futuro tra lezioni frontali e on line, con i 4.500 studenti dell’ateneo che seguono un programma formativo costruito sulle esigenze del mercato del lavoro ma senza dimenticare la cultura “alta”. Tanto che le università tradizionali hanno finito per copiarlo.
Chi sceglie i corsi di laurea a distanza e perché?
All’inizio avevamo soprattutto studenti lavoratori che con il corso di laurea a distanza potevano gestire meglio il proprio tempo grazie al fatto di poter accedere alle lezioni on ine 24 ore su 24 e quando si passano otto ore in ufficio, questa è una comodità impagabile. Con il tempo sono aumentati i più giovani e oggi circa 800 dei nostri iscritti hanno meno di 23 anni. Non lavoriamo più solo a distanza: abbiamo anche lezioni “classiche” per cui, se vogliono, gli studenti frequentano i corsi tradizionali in aula, e poi trovano sul web le lezioni registrate, l’assistenza dei tutor e tutti i servizi. Del resto l’integrazione di un corso in presenza e di un corso telematico è la didattica del futuro, come hanno capito anche le università tradizionali che stanno aprendo sempre più piattaforme di e-learning.
Il ministro Gelmini ha invocato una maggiore regolamentazione per i corsi di laurea online. È d’accordo?
Non so a cosa fa riferimento esattamente il ministro, ma spero non sia caduta nel vizio tutto italiano di demonizzare le università telematiche, dipinte da certa stampa come atenei di cattiva qualità. Questo ne ha frenato molto lo sviluppo nel nostro Paese ed è un peccato perché siamo stati noi a inventare i corsi a distanza.
Le leggi poi ci sono già, sono chiare e oneste: per esempio i professori che insegnano da noi devono superare un concorso pubblico, e spesso sono gli stessi che lavorano nelle università tradizionali. All’UniCusano abbiamo addirittura 12 docenti di ruolo in più rispetto al numero legale. Nuove regole? Noi siamo pronti, basta che poi vengano fatte rispettare a tutti. Del resto, se il ministro sa per certo che alcune università telematiche non rispondono ai requisiti necessari, deve chiuderle immediatamente. Anzi, mi piacerebbe invitarla alla nostra sede di Roma, in modo da mostrarle chi siamo e come lavoriamo.
Unisu in cifre | ||
4 anni di vita | 60 centri in Italia | 4 Facoltà: Giurisprudenza, Economia, Scienze politiche e scienze della formazione |
4.500 studenti | 18% studenti con meno di 23 anni | 50 professori tra ordinari, associati e ricercatori |
Se fosse lei il ministro dell’Istruzione quali sarebbero le sue prime decisioni al riguardo?
Sono contento di non essere al posto del ministro Gelmini che, a parte qualche svista sulle web university, sta lavorando molto bene. Un consiglio però ce l’ho: di fronte a un mondo che cambia vorticosamente, i titoli di studio dovrebbero essere a tempo. Mi spiego, mi laureo in economia? Devo avere l’obbligo di aggiornarmi e continuare a studiare perché la mia laurea sia valida nel tempo. Ci sono sempre nuove cose da imparare, in un’ottica di formazione continua, per adattarsi a un mondo che si trasforma nel giro di pochissimi anni.
Come si può superare il divario tra università e impresa?
Noi nasciamo come università da un consorzio di imprese e abbiamo come missione creare professionisti del futuro, pronti ad affrontare il mondo del lavoro. Questo lo teniamo presente ogni giorno. Siamo la prima università telematica ad avere un centro per l’impiego e diamo agli studenti la possibilità di fare degli stage. A questo proposito abbiamo in programma dei master di giornalismo, e stiamo cercando di chiudere degli accordi con importanti testate editoriali.
Crescerà ancora il legame tra formazione e lavoro?
Siamo ben collegati con il mondo del lavoro e vorremmo sviluppare ancora questo rapporto perché crediamo che l’università, se non dialoga con le aziende, muoia. Però bisogna evitare l’eccesso degli atenei anglosassoni che dipendono troppo dalle imprese. Io credo nel sistema di istruzione italiano, che merita di essere migliorato e non tradito: al centro del sapere ci deve essere la cultura. Mi piacciono gli avvocati quando sanno fare, al momento giusto, una bella citazione in latino. Non sono d’accordo con chi dice che la nostra scuola è “vecchia”, sono contento che i nostri ragazzi sappiano chi è Dante Alighieri e conoscano la storia.
A quali professionisti consiglia di tornare a studiare on line?
Se rispondessi a questa domanda mi resterebbero poche ore di libertà, e l’elenco sarebbe probabilmente infinito. Certo, non può stupire che ai concorsi pubblici per laureati solo il 10% dei candidati sono in grado di scrivere correttamente in italiano, se le leggi regionali consentono di usare il dialetto per i documenti ufficiali, come è successo di recente. Forse i concorsi andrebbero meglio se si potesse scrivere in veneto o in calabrese! Scherzi a parte, invito a iscriversi all’Unisu tutte le persone che non hanno avuto la possibilità di studiare da giovani e lo consiglio caldamente a tutti quelli che oggi rivestono ruoli importantissimi e non ricordano più nemmeno come si fa ad aprire un libro. Non farebbe male tornare a scuola anche a chi scopre ai concorsi pubblici di non saper più leggere né scrivere.
Che consiglio dare a chi è indeciso su quale corso di studi intraprendere?
Sono in questo molto “antico” e, se dovessi iscrivermi oggi all’università, sceglierei tra Ingegneria, Economia, Giurisprudenza e Medicina. Sono queste le facoltà che aprono la porta alla libera professione, allo Stato e all’azienda privata e offrono un sapere a 360 gradi e un’elasticità mentale che si rivelano utili sia per fare l’addetto alle pulizie che il dirigente di una mega-azienda. Mi sa che alla fine studierei Economia, così potrei smetterla di leggere gli oroscopi sulle pagine di finanza dei giornali!
E che cosa deve fare un neolaureato che non trova lavoro?
Avere un progetto a lungo termine è l’unico modo per cavarsela di fronte alla crisi strutturale che ha travolto il mondo. Bisogna rimboccarsi le maniche e pensare che nella vita si farà più di un lavoro. Per questo è necessario avere ben chiara una linea di sviluppo e scegliere “aggiornamento continuo” come parola d’ordine.