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Quanto costa la qualità

Per l’imprenditore friulano la tradizione e l’esperienza che si celano dietro prodotti come la birra e il caffè vanno valorizzate attraverso il packaging e il prezzo. Ecco perché al bar pagheremo 2 euro per una tazzina di espresso

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Brutte notizie per chi si allarma quando al bar, per una tazzina di caffè, paga un prezzo che supera la soglia psicologica dell’euro. A breve un espresso potrebbe addirittura toccare i 2 euro. Colpa dell’aumento dei costi della materia prima, senz’altro. Ma segno anche che i tempi stanno cambiando e che finalmente l’Italia si adegua al rapporto qualità prezzo che vige in altri Paesi europei. Dove per l’appunto lo scontrino per un ristretto non scende mai sotto i 2 euro. Ne è convinto Martino Zanetti, presidente di Hausbrandt Trieste 1892, storica attività di torrefazione triestina a cui si aggiungono la produzione di vini (nel territorio del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene Docg) e della birra Theresianer, per un fatturato complessivo che nel 2009 si è attestato intorno ai 51 milioni di euro. Perché questa corsa al rialzo? Perché, secondo Zanetti, per i pubblici esercenti che operano con elevati standard di qualità, già oberati da tasse eccessive, alle condizioni attuali il caffè non è un prodotto redditizio. In altre parole, per l’imprenditore friulano d’ora in avanti la giusta qualità andrà pagata al giusto prezzo. E il discorso vale pure per la birra e il vino, le cui tradizioni vanno valorizzate e comunicate anche con un packaging adeguato.

Caffè, birra, vino. Cosa hanno in comune?

Sono tre mercati differenti, ma non diversi. L’ approccio è paritetico e cerchiamo qualità in tutto ciò che facciamo, sia nel prodotto sia nel servizio alla clientela, che rappresenta sempre e comunque il nostro punto di arrivo. Quando si parla di caffè, birra e vino, ma anche dei nostri tè, infusi, cioccolate o distillati, il fattore degustativo è fondamentale, e il filo rosso che lega tutte le attività è la passione con cui l’imprenditore svolge il proprio lavoro. La diversificazione in questi ambiti può suonare strana per la configurazione del mercato Italiano, che ragiona con una logica settoriale. Per questo abbiamo cercato di dare la migliore risposta made in Italy a un modello già presente da alcuni decenni soprattutto in Francia, dove operiamo direttamente dal 1994, e in Germania. La motivazione è semplice: nel canale Horeca (quello della ristorazione e dell’ospitalità alberghiera, ndr), spesso chi è responsabile degli acquisti preferisce avere un solo interlocutore valido per gestire in un’unica soluzione l’approvvigionamento di prodotti differenti.

Perché per prodotti che hanno successo grazie alle loro caratteristiche organolettiche è così importante praticare intense politiche di comunicazione e di packaging?

Tramite i brand Caffè Hausbrandt Trieste 1892, Antica Birreria Theresianer e Tenuta Col Sandago, cerchiamo di perseverare quotidianamente nel comunicare la freschezza dell’immagine e la qualità tipiche del nostro buon made in Italy. Sono convinto che si debba spiegare al consumatore il grande lavoro che si cela dietro una confezione di caffè o una bottiglia di vino o birra: le ricette, le tecniche, l’esperienza e la passione di chi le realizza. Le iniziative, atte a divulgare la cultura dei nostri prodotti, nelle quali crediamo e ci impegniamo, sono organizzate sia internamente al Gruppo, sia tramite associazioni come Federalimentare, della quale mio figlio Fabrizio è consigliere centrale da luglio 2009, e Assobirra (l’Associazione degli industriali della birra e del malto, ndr).

Non rischiate di commettere lo stesso errore di alcune case vitivinicole, posizionando i prodotti troppo in alto in termini di prezzo e immagine?

Assolutamente no. È vero che nel mondo del vino sono stati creati alcuni “mostri sacri”, dati da produzioni estremamente limitate ed esclusive, ma oltre una certa soglia, per un’azienda veneta quale è la nostra Tenuta Col Sandago, non credo sia produttivo spingersi.

Qual è il bilancio dei primi dieci anni di Theresianer?

La qualità e la tradizione con i quali ci siamo sempre distinti nel mercato globale hanno fatto sì che negli ultimi mesi registrassimo una crescita quantitativa, rispetto al 2009, pari al 60%. Osservando la media di tutti i dieci anni, la crescita quantitativa è stata di almeno il 20%.

Recentemente avete trionfato al Chicago World Beer Championship. Che ruolo hanno i concorsi internazionali a cui partecipate?

Partecipiamo a pochi concorsi, tutti mirati, perché per noi sono anche un test di eccellenza, una prova sulla qualità delle nostre birre. Al concorso di Chicago ci siamo arrivati dopo quasi dieci anni di lavoro e di perfezionamento delle nostre birre. Consapevoli della qualità raggiunta ma desiderosi di una conferma, anche da parte di un pubblico di esperti e intenditori, in questo caso americani, in un mercato decisamente in crescita per la birra made in Italy. Un test molto importante è anche il concorso a Francoforte indetto dalla Dlg, ente delegato del Ministero dell’agricoltura della Germania alla promozione di tutte le eccellenze agroalimentari. Quest’anno abbiamo rimesso alla prova la nostra Premium Pils ottenendo una riconferma della medaglia d’Argento, migliore posizionamento per una Pils italiana e con un punteggio superiore rispetto al 2009.

Come si struttura la vostra attività sui cinque continenti e qual è stato il vostro biglietto da visita per penetrare via via in nuovi mercati?

Qualità, unicità, approccio one to one. Il nostro biglietto da visita è la qualità nel prodotto e nel servizio, la comunicazione e l’organizzazione anche nei luoghi più lontani. La grande crisi internazionale ha rimescolato il mondo e per noi ha schiuso l’opportunità di accedere a nuovi mercati come la Cina, l’India e altri paesi dell’Asia centrale. Curiosamente non ci siamo mossi noi: sono stati i distributori a venirci a cercare. E lo strumento primario con cui entrano in contatto con la nostra realtà è Internet, una vetrina formidabile, nella quale la trasparenza e l’interscambio sono sinonimo di successo. La parola chiave per le loro ricerche naturalmente è ancora made in Italy. Rimanendo dall’altra parte del mondo grazie a Wikipedia, Facebook, blog e altre community raccolgono informazioni per conoscere meglio le aziende da selezionare. Certo, a quel punto la palla passa a noi, e bisogna essere bravi a farsi scegliere e a dar loro quello che vogliono.

Ora che alcune materie prime, tra le quali anche il caffè, hanno conosciuto un’impennata nei prezzi quanto prevede che arriverà a costare una tazzina al bar?

Oggigiorno il fattore più significativo di cui dobbiamo tenere conto è il fatto che i pubblici esercizi, come le aziende di trasformazione, sono strangolati da un’eccessiva tassazione. Bisogna capire che dietro a una tazzina di “scura bevanda”, esistono lavoro, attenzione e ricerca di prodotti raffinati, che arrivano da mercati estremamente lontani. È prevedibile che per questo problema primario, più che per i costi crudi della materia prima, il prezzo della tazzina presso i pubblici esercizi in Italia si dovrà quanto-meno omologare a quello degli altri Paesi Europei, dove si pagano 2 euro per un espresso. Purtroppo nei momenti difficili, la parte dei cattivi la fanno sempre le imprese private del nostro Paese, la gente che lavora e si spacca la schiena, e chi non si evolve mai in maniera significativa sono le cieche istituzioni: il rischio finale di un eventuale immobilismo è un pericoloso decadimento qualitativo, a discapito del consumatore.

In cifre

51 milioni di euro, il fatturato 2009 del gruppo

+20% crescita quantitativa annua della birra Theresianer

3 medaglie, di cui due d’oro e una d’argento, al World Beer Championship di Chicago 2009

Credits Images:

Martino Zanetti, presidente di Hausbrandt Trieste 1892, storico marchio della torrefazione italiana, non si occupa solo di caffè. A lui fanno capo anche la Tenuta Col Sandago, che vinifica nel territorio del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene docg, la birreria Theresianer e attività di produzione di tè, infusi, cioccolati e distillati