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Luminarie De Cagna, magie di luce

Accensioni video musicali e spettacoli pirotecnici: ecco come un’azienda pugliese ha saputo rinnovare gli allestimenti di luce tipici delle feste patronali italiane, trasformandoli in un vanto internazionale

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Sulle prime, nemmeno Giuseppe De Cagna aveva ben capito in cosa consisteva il lavoro di suo padre, Cesario. Il suo, infatti, era un mestiere sui generis, tramandato di generazione in generazione dai lontani anni ‘30: costruiva luminarie. Le sue giornate trascorrevano in officina, tra scartoffie e imponenti costruzioni di legno bianco, minuziosamente progettate per impreziosire le feste patronali. «La nostra è una famiglia di pazzi!», scherza l’attuale a.d.. «Inizialmente, da bambino, mi pesava aiutare mio padre, tanto che preferivo essere rimandato a scuola a studiare, piuttosto che seguirlo in officina durante le vacanze. Però, appena ho capito di cosa si trattava, mi sono appassionato e non c’era estate che non la passassi con lui a lavorare».

Luminarie De Cagna

Ora, le Luminarie De Cagna sono passate nelle mani proprio di Giuseppe e dei suoi tre fratelli: Hermes, Boris, Henry. Ma se la mano è sempre quella della famiglia De Cagna di Maglie (Lecce), il business legato alle luminarie si è notevolmente espanso. Oltre a vivacizzare le ricorrenze dei comuni italiani, le loro creazioni sono diventate un elemento di arredo e di design: a Ginevra, per esempio, esistono ben due pizzerie realizzate con i prodotti De Cagna, e la terza è in fase di progettazione. A loro volta, le stesse luminarie destinate alle feste patronali si sono evolute, diventando strutture mastodontiche, in grado di ricreare opere d’arte come la Cupola di San Pietro, la Torre Eiffel o la Torre di Pisa.

Da cosa è stato dettato questo cambio di stile? Nel 2008 abbiamo iniziato a capire che la festa tradizionale, fatta di gallerie, archi e spalliere, rischiava di risultare monotona. Da qui, l’idea di creare la prima struttura mastodontica: un tunnel spaziotemporale di luminarie. Oltre che in Italia, l’abbiamo portato anche in Belgio, in Spagna, in Olanda. Se, infatti, in Italia queste creazioni vengono utilizzate soprattutto per le feste di paese, all’estero invece sono destinate alle fiere e ai festival degli artisti.

Cosa vuol dire lavorare la luce? La luce è sinonimo di immaginazione: ti fa fantasticare, tornare bambino, ai tempi dell’infanzia. Anche per questo è il principale elemento di attrazione nelle feste: la luminaria fa sognare. Quindi l’approccio a questo mestiere deve essere molto fantasioso. È inoltre necessario avere varie competenze: falegnameria, impiantistica, elettricista… Per quel che ci riguarda, valutiamo tutte le proposte, anche le più impensabili. L’ultima scommessa è stata allestire una vetrina a Malta usando le nostre luminarie.

Ammetterà però che il rischio di realizzare opere grottesche esiste… Come vi tutelate?Grazie alle nuove tecnologie, questo pericolo è sempre più marginale. Una volta, infatti, mio padre sviluppava il progetto con carta e penna, dopodiché passava direttamente alla costruzione e al montaggio. Oggi invece, grazie ai computer, il cliente può vedere in anticipo il prodotto finale, modificare la luminaria e scegliere persino i colori che più gradisce.

A proposito di nuove tecnologie, con il passaggio al led com’è cambiato il vostro lavoro? Noi siamo stati i primi, in Italia, a realizzare una galleria di 12 archi interamente a led. Era il 2006. Ricordo che l’allestimento è stato un successo, ma molte persone avevano paura del passaggio al led, poiché questo era meno luminoso della lampadina incandescente. Noi però abbiamo trovato un modo per risolvere il problema, tanto che le luminarie a led di De Cagna sono più luminose di tutte le altre. Come ci siete riusciti? I fornitori tradizionali di led tendevano a trasformare il bulbo, allargandolo. Io invece volevo mantenere le stesse dimensioni della lampada a incandescenza. Così, ho abbandonato i vecchi grossisti e mi sono rivolto a un amico – un pazzo come noi – che si interessava già da qualche tempo a queste tecnologie: insieme, abbiamo costruito lampadine a led senza allargare il bulbo. Il risultato è che le nostre gallerie sono così luminose, che c’è chi si domanda se usiamo ancora le lampade a incandescenza! Tra l’altro questa tecnologia ci ha permesso di incrementare il lavoro all’estero.

Tra tradizione e innovazione

Quali sono i vostri principali interlocutori stranieri?I primi sono stati gli Usa, con Houston. Poi siamo stati in Giappone, Portogallo, Belgio. Andiamo spesso anche in Spagna, Francia, Olanda. Recentemente siamo stati anche in Corea del Sud. Nella Corea del Nord abbiamo lavorato nel 2006: siamo stati l’unica azienda privata al mondo ad aver lavorato a Pyongyang.

Qual è la richiesta dei clienti internazionali? Nell’80% dei casi andiamo all’estero per partecipare a eventi e fiere, nel restante 20% per addobbare vetrine o arredare negozi con le nostre luminarie.

Qual è l’incidenza del mercato straniero sul vostro fatturato? Pesa circa un 30%-35%. In generale, anche il nostro settore sta risentendo della crisi, che si traduce soprattutto in ritardi nei pagamenti. Tuttavia abbiamo chiuso il 2014 in pareggio rispetto al 2013.

Mediamente quante installazioni realizzate, all’anno?Includendo sia l’Italia che il resto del mondo, direi 60/70 l’anno. Tra i periodi più intensi, come si può immaginare, spicca il Natale.