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La semplicità è la madre di tutti i geni

Così come la “fame”, ovvero la voglia di imparare sempre di più. E un pizzico di follia per compiere scelte coraggiose e rivoluzionarie. L’importante è non perdersi nei meandri della complessità, la vera responsabile di molti fallimenti aziendali. Parola di Ken Segall, per oltre dieci anni collaboratore di Steve Jobs

Quanto sia importante trovare ciò che si ama davvero anche nel lavoro, senza accontentarsi finché non lo si è raggiunto, lo sottolineò spesso Steve Jobs in quel commencement speech pronunciato nel 2005 all’Università di Stanford, considerato a posteriori una sorta di suo “testamento spirituale”. Una consapevolezza raggiunta più volte nella sua carriera anche da Ken Segall, creativo di fama mondiale e storico collaboratore di Jobs per numerose campagne di NeXt e della stessa Mela. Business People lo ha incontrato durante una sua visita in Italia per presentare il libro Simply Apple – L’ossessione di Steve Jobs (Sperling & Kupfer), in cui ripercorre gli insegnamenti più importanti ricevuti dal guru californiano dell’informatica.

Lei ha fatto parte del team che ideò la celebre campagna “Think different” del 1997. Jobs era da poco ritornato in Apple ed era impegnato a risollevare le sorti di un’azienda in forte crisi. Quali furono gli elementi che contribuirono a rilanciare il marchio che in un decennio s’impose come leader del settore?Credo che l’aspetto più importante fosse la sua autenticità. Lo slogan “Think different” è stato inventato dal nulla, tuttavia ho sempre pensato che, per il tipo di valori che esprimeva e per l’efficacia delle immagini utilizzate – una rassegna di grandi geni e innovatori del passato, da Martin Luther King a Gandhi, da Maria Callas a John Lennon e Yoko Ono – sarebbe potuto stare appeso tranquillamente nel leggendario garage in cui Jobs e Wozniak avevano creato il loro primo computer. Il claim ebbe uno straordinario successo e divenne anche il nuovo ordine di scuderia secondo cui dovevano essere progettati tutti i nuovi prodotti di Apple.

Altra grande alleata fu quella che nel suo libro definisce «la bacchetta della semplicità», con la quale spesso Jobs bocciava i progetti dei suoi collaboratori…Esatto. Steve aveva una vera e propria ossessione in merito. Le proposte che non passavano erano quelle da lui giudicate troppo complesse, che in qualche modo avevano finito per tradire la vera essenza di un’idea: i piani eccessivamente elaborati, quelli che richiedevano troppo tempo sia nella messa a punto sia nell’esposizione… Fu sulla base di tale criterio che nel 1998 Jobs tagliò drasticamente l’intera linea di produzione: i molteplici modelli che allora venivano realizzati furono spazzati via e ridotti a sole quattro macchine commercializzate. Il cliente, diceva, deve poter scegliere velocemente e con immediatezza, non va confuso. Computer, pubblicità, punti vendita, rapporti con i consumatori: tutto in Apple rispondeva a questa regola aurea.

È stato coinvolto in varie campagne di branding anche per realtà come Dell. Ha rilevato differenze sostanziali nei due modus operandi?Indubbiamente, e da esse, non a caso, sono dipesi risultati molto diversi. Mentre Apple lanciò “Think different” in pochi mesi nel 1997, Dell varò un piano di comunicazione ad hoc solo nel 2008, dopo una lunga implementazione. Il team Apple era guidato dal suo Ceo, mentre quello di Dell era supervisionato da un comitato. La prima si affidò a un piccolo gruppo di persone di grande talento e ben assortite tra loro; la seconda scelse una squadra composta da individui incompatibili gli uni con gli altri. Apple sapeva esattamente qual era l’identità del marchio che voleva comunicare al mondo, Dell aveva ancora bisogno di capire la propria natura.

E che ne pensa delle strategie di comunicazione di un altro storico competitor come Microsoft?Potrei fare analoghe considerazioni. Si tratta di una vasta organizzazione capace di realizzare profitti e guidata da menti brillanti, ma spesso non è stata in grado di tenere il passo con le rivoluzioni nelle stesse tecnologie e con le esigenze dei consumatori. Il suo marketing è sempre stato irregolare, alternando colpi vincenti a passi falsi (mi riferisco, per esempio, allo spot con Bill Gates e Jerry Seynfeld) e, soprattutto, si è notata l’assenza di una linea direttiva chiara.

Può citare un altro esempio?Nel 2007 fui coinvolto nel lancio del sistema operativo Mac OS X Leopard, distribuito dieci mesi dopo il rilascio da parte della casa di Redmond di Windows Vista, che come tutti sanno si rivelò un fiasco. Del resto, c’erano ben quattro versioni di Vista in circolazione, con quattro differenti funzioni e vendute a prezzi altrettanto disomogenei, in una fascia che andava dai 200 ai 400 dollari. Il programma più economico costava il 50% in più di Leopard, quello più completo fino a tre volte tanto! Per non parlare dei processi di aggiornamento, che nel caso del prodotto Apple (che, per 129 dollari, girava su tutti i Mac e rendeva disponibile qualsiasi funzione avanzata) erano stati accuratamente semplificati, mentre nel caso di Windows Vista erano decisamente complessi.

Se dovesse, invece, indicare un messaggio che ha trovato vincente, anche al di là del settore informatico, quale sarebbe?Prenda McDonald’s: in America di recente ha avuto grande ritorno, anche in termini di immagine, la pubblicità che promuove la vendita di un caffè a un dollaro, associando anche nella cartellonistica queste due immagini in modo molto diretto e immediato. Ora, io non bevo in generale caffè né frequento la catena, però quella forma di advertising mi è piaciuta parecchio proprio per la sua semplicità. E ha conquistato una gran fetta di pubblico.

Una sua personale intuizione di successo fu la piccola “i” che è diventata parte integrante dei dispositivi di nuova generazione targati Apple. Come le venne in mente?L’idea nacque con il lancio dell’iMac, che inizialmente si sarebbe dovuto chiamare MiniMac. Dopo diversi brainstorming, e dopo aver fatto serigrafare la scritta iMac su un modello per valutarne l’impatto all’interno del gruppo, Jobs propese per quella. “I” stava per Internet, ma poteva riferirsi anche a individual, personale, o immagination, immaginazione… A Steve, che era anche un’esteta e che aveva studiato a lungo le tecniche calligrafiche, piacque l’associazione tra l’iniziale minuscola del nome e la maiuscola di Mac, così come, più tardi, quella di Phone o di Pad.

APPROFONDIMENTI – Il decalogo minimo (da Simply Apple)

Che cosa consiglierebbe ai neolaureati di oggi?Quando ho cominciato la mia avventura professionale, ho passato mesi a fare colloqui. Un giorno un cacciatore di teste mi suggerì di orientare le mie ricerche nell’ambito tecnologico, che era quello che davvero mi appassionava. E arrivò la svolta. Col senno di poi, non sarei stato capace di ideare campagne di comunicazione altrettanto brillanti per compagnie diverse da quelle hi tech per le quali ho lavorato. Occorrono passione, determinazione e talento, oltre a una sana dose di fortuna. Ma poi, ancora per citare Jobs, arriva sempre il momento in cui, guardandosi indietro, si trova un senso alle varie esperienze. E si è così in grado di “unire i puntini”.

Consulente creativo, speaker e blogger

Oltre ad aver lavorato a stretto contatto con Steve Jobs, nella sua carriera Ken Segall è stato anche direttore creativo per Ibm, Intel, Dell e Bmw. E in pochi sanno che in gioventù ha avuto perfino dei trascorsi musicali come batterista di una cantante italiana allora ancora sconosciuta, Patty Pravo. È molto attivo sul Web e sui social network, a partire da kensegall.com/blog, il suo “blocco appunti” virtuale in cui scrive di tecnologia e di marketing. Sulle stesse materie tiene conferenze e seminari. È inoltre uno dei creatori e punto di riferimento dello staff di Scoopertino.com, cronaca ironica e divertente di fatti totalmente inventati che sarebbero accaduti all’interno del mondo targato Apple (dall’apparizione del volto di Steve Jobs su un French toast – una gag, questa, pensata quando il mitico Ceo era ancora in vita, nella primavera 2010 – all’elezione in Vaticano di “Papa Siri”, facendo riferimento al noto software di riconoscimento vocale avanzato).

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DAGLI USA
Ken Segall, creativo di fama mondiale, ha partecipato a Milano al Festival del linguaggio, evento organizzato da Parlarealmicrofono.it. È stata la sua prima visita in Italia per parlare dei suoi anni di lavoro in Apple