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Emozioni intelligenti: intervista a Daniel Goleman

Competenze tecniche e QI non bastano, per avere successo la capacità di conoscere e controllare i nostri sentimenti e quella di relazionarsi con gli altri sono abilità decisive. È la scienza a dirlo, come racconta il maggiore esperto del settore

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Daniel Goleman è tra gli psicologi più noti e accreditati, massima autorità mondiale nel campo dell’intelligenza emotiva, nel 1995 il suo libro dedicato a questo tema è diventato un bestseller – tradotto in 40 lingue, ha venduto più di 5 milioni di copie nei cinque continenti – sovvertendo il ruolo del quoziente intellettivo come misura dell’intelligenza, perché incapace di tenere in considerazione altre competenze chiave quali la capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi e gestire positivamente le emozioni, sia interiormente che nelle relazioni sociali. Da allora non ha mai smesso di operare in questo campo, applicando le sue scoperte in particolare al mondo del business e della leadership e rafforzando le sue teorie alla luce delle ultime scoperte scientifiche. Lo ha raccontato lui stesso a Business People in occasione di un suo recente viaggio a Bologna, dove ha preso parte con un lungo intervento alla World Masterclass 2015 – I quattro pilastri della leadership, organizzata da Performance Strategies.

Dal 1995 la ricerca scientifica ha fatto passi da gigante nello studio del cervello umano. Come si è evoluta, di conseguenza, la sua teoria sull’intelligenza emotiva? È vero, la scienza ha fatto enormi passi avanti. Quello che posso dire è che in realtà il mio modello di base che vede l’intelligenza emotiva composta da quattro elementi fondamentali – autoconsapevolezza, gestione di se stessi, consapevolezza sociale e gestione delle relazioni – è rimasto valido, anzi è stato confermato dalle nuove scoperte. Diciamo che questo schema si è fatto più articolato e sofisticato.

C’è una scoperta in particolare che è risultata significativa per il suo lavoro? Direi la scoperta del cosiddetto Social Brain, ossia del cervello sociale, e del funzionamento dei neuroni specchio, dei quali non si sapeva nulla nel momento in cui scrissi il mio libro. È stata di grande aiuto nel confermare e comprendere meglio le origini di alcune caratteristiche già osservate nei portatori di alti livelli di leadership. Insomma, adesso ne conosciamo le fondamenta a livello cerebrale.

Come sfruttare nel business le conoscenze in merito all’intelligenza emotiva? La ricerca mostra che i lavoratori e i leader che si distinguono per le migliori performance sono dotati di abilità che afferiscono all’intelligenza emotiva, perciò se sviluppiamo autoconsapevolezza, capacità di governare noi stessi, empatia e gestione delle relazioni, tutte queste abilità aiuteranno, ciascuna a suo modo, a ottenere migliori risultati.

Dunque lei sostiene che l’intelligenza emotiva e le abilità di leadership si possono migliorare. Certe doti non sono innate? La leadership è una capacità che si sviluppa naturalmente nei primi stadi della vita di ciascuno, ma per varie ragioni questo sviluppo avviene in modo molto variabile da persona a persona. È per questo motivo che alcune persone, impegnate in ruoli manageriali o di leadership, nel corso della carriera sentiranno il bisogno di lavorare ancora per sviluppare alcune di queste abilità.

Dato per assodato che l’intelligenza emotiva è un elemento decisivo per prevedere le performance di un individuo, come riuscire a valutare le doti di un candidato nel corso di un colloquio che nella migliore delle ipotesi dura pochi minuti? In primo luogo bisogna fare attenzione a come ci si sente in presenza di questa persona: si è o meno a proprio agio? E poi consiglio di porre qualche domanda diffi-cile e vedere come risponde. Per esempio: “Mi racconti di un suo fallimento. Cosa ha imparato da quella esperienza?”

E della risposta cosa dobbiamo valutare? Ciò che vogliamo scoprire è se da quanto accaduto il candidato ha imparato qualcosa, se ha compreso quale abilità – o incapacità – ha provocato il fallimento. E poi cosa ha fatto e sta facendo da allora per migliorarsi, sempre che qualcosa abbia fatto.

Può farci l’esempio di un personaggio celebre chiaramente molto dotato a livello di intelligenza emotiva? Sicuramente l’attuale Papa.

Quali particolari abilità gli riconosce? È notevolmente dotato in termini di empatia. Inoltre, ha una chiara comprensione della condizione umana e di quanto sareb-be necessario fare per migliorarla.

Siamo sempre più abituati a interagire con smartphone, tablet e altri device elettronici. Questo può influenzare la nostra intelligenza emotiva? Se sì, in che modo? Può migliorarla o peggiorarla. Può migliorarla se utilizziamo questi mezzi di connessione nel modo giusto, senza permettere che vadano a sostituire le nostre relazioni “reali”. Possono invece solo comprometterla, se finiamo per dipendere solo da questi mezzi per ogni tipo di comunicazione e, di conseguenza, per non avere nessun rapporto umano al di fuori del mondo virtuale.

L’ultima frontiera della tecnologia è l’intelligenza artificiale. Cosa perdiamo quando i robot rimpiazzano gli esseri umani? Perché questi non hanno un’intelligenza emotiva… A dire il vero, al Mit Media Lab una squadra di ricerca sta proprio cercando di mettere a punto robot dotati di intelligenza emotiva.

Pensa che riusciranno davvero nell’intento? Probabilmente fino a un certo punto sì, ma non credo che potranno raggiungere livelli di intelligenza emotiva paragonabili a quelli umani.

Insomma, possiamo stare tranquilli, i robot non potranno mai rimpiazzarci del tutto? Quanto meno, lo spero!

Avrà sentito parlare del film Disney Pixar Inside Out. Come ha trovato la sua rappresentazione delle emozioni umane? Certamente, l’ho visto e l’ho trovato fantastico, specialmente per i bambini, per aiutarli a comprendere il mondo delle emozioni. Può essere istruttivo nel campo dell’autoconsapevolezza.

C’è qualcosa di nuovo su cui sta lavorando in questo momento? Sto studiando gli effetti neuro-scientifici della meditazione. Come ho spiegato anche nel corso del mio intervento per Performance Strategies, diverse tecniche derivanti dalla meditazione si sono rivelate utili per incrementare le doti di leadership, per questo sto cercando tra i classici metodi afferenti a questa disciplina nuovi strumenti utili a migliorare la propria vita, che possano essere estrapolati dal contesto “spirituale” e portati alla conoscenza di un pubblico più vasto.

DA SEGNARE IN AGENDA

Il ciclo di incontri della World Masterclass 2015 di Performance Strategies proseguirà con un terzo appuntamento a Milano, il 21 e 22 novembre: il Forum delle eccellenze. Un’occasione per ascoltare alcuni protagonisti che hanno lasciato il segno nella scena mondiale economica mentre raccontano nuove metodologie di pensiero, nuovi sistemi di gestione, nuovi approcci alla psicologia umana. Tra i relatori in programma anche Oliviero Toscani, Reinhold Messner e Renée Mauborgne, coautrice del bestseller mondiale Blue Ocean Strategy. Già in calendario anche diversi seminari da una giornata. Per informazioni complete: performancestrategies.it

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