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Lifestyle

Volare a testa in giù

Raggiungere le nuvole è un sogno che da sempre fa battere il cuore al genere umano. Oggi sono in molti a cercare emozioni forti ad alta quota e gli sport dell’aria non sono più riservati a pochi eletti. Come conferma il più giovane istruttore italiano

Nel blu dipinto di blu. Volare? Sì, ma a testa in giù. Oppure appesi a un paracadute, o fiutando il vento agganciati a un deltaplano o in parapendio. Perché a qualcuno piace l’aria quando è estrema. In principio, come per tantissime altre cose, fu Leonardo da Vinci. Il pittore, scienziato e ingegnere italiano disegnò l’ornitottero, primo esemplare di aeromobile che doveva levarsi in cielo riproducendo le ali di un uccello. Non pago della scoperta, che prese il volo quattro secoli dopo, Da Vinci elaborò anche il progenitore del paracadute, una struttura a forma di piramide realizzata con tessuto di lino inamidato, grazie alla quale, come annotò nel Codice Atlantico, «ognuno si potrà gittare da qualsiasi altezza senza alcun rischio». Oggi, negli anni in cui l’esperienza del volo (commerciale) è alla portata di tutti, c’è chi continua a cercare adrenalina a mille metri di altezza. Gli sport dell’aria sono tutte quelle discipline praticate in cielo e sono gestite dalla Federazione aeronautica internazionale che ha sede a Losanna. La maggior parte di esse ha origini non civili, ma militari, come è il caso del paracadutismo e del volo in aliante. E così anche per l’avventura del volo acrobatico, in squadra o individuale, che nasce agli albori dell’aeronautica con i piloti che si esercitavano nel combattimento aereo che, nella prima guerra mondiale, assomigliava un “corpo a corpo” ad alta quota. Tonneau, otto cubano, looping: in acrobazia, il velivolo compie tutte quelle manovre che ci sembrano innaturali. STAR AD ALTA QUOTA

IL PIÙ VELOCE CAMPIONATO MOTORSPORT CON LE ALI A tutto gas lungo un percorso a ostacoli definito da piloni alti 25 metri. È la Red Bull Air Race, la competizione di aeronautica di velocità lanciata nel 2003 e destinata ai migliori piloti in circolazione. Nella Red Bull Air Race World Championship (a più tappe, quest’anno dopo le gare in Abu Dhabi, Croazia, Malesia, restano da svolgersi quelle in Polonia e UK, negli Usa in Texas e in Nevada e poi in Cina), i concorrenti utilizzano le fuoriserie del volo acrobatico come lo Zivko Edge 540, l’MXS-R, e il Corvus Racer 540 con velocità di punta che vanno 406-444 km (la velocità massima consentita in ingresso nel tracciato è di 370 km/h). Dario Costa, classe 1980, è il più giovane istruttore di volo acrobatico italiano ed è entrato l’anno scorso nel team della Red Bull Air Race nelle vesti di Flight Operations Manager. Allievo di Sergio Dallan, il decano del volo acrobatico italiano, Costa è stato istruttore della disciplina all’aeroporto di Lugo di Romagna e Bresso (a Milano) dove ha fatto appassionare decine di allievi alle piroette nel cielo. «Intanto», spiega, «bisogna sfatare un po’ di miti su questo bellissimo sport, che certo non è per tutti, ma nemmeno così esclusivo come lo si vorrebbe far credere». Dopo il brevetto da pilota civile e dopo aver accumulato esperienze da pilota in comando, bisogna frequentare un corso, di minimo dieci ore, per potersi cimentare con l’attività acrobatica: volo rovescio, looping, tonneaux, otto cubano, vite, fieseler e altre spettacolari manovre. Sul fronte dei costi, il volo acrobatico non è più caro del volo amatoriale della domenica, intorno ai 200-250 euro l’ora minimo. «Con la notevole differenza che quando si pilota un aereo acrobatico si resta in volo non oltre 30 minuti, perché lo stress atletico, fisico e mentale è molto alto». Oltre che nei citati aeroporti di Ravenna e Bresso, in Italia la disciplina si può imparare anche a Roma-Urbe. Altra storia è la Red Bull Air Race, dove a gareggiare si indossano obbligatoriamente casco e tuta anti-G per sopportare meglio le accelerazioni di gravità (sino a un massimo consentito di 10G positivi) alle quali i piloti sono soggetti lungo il tracciato a bassa quota (la minima consentita è di 10m). «Entrare a far parte di questo team è sempre stato il mio sogno dal primo momento in cui vidi la Red Bull Air Race», racconta Costa. «Oggi il mio ruolo è operativo: lavoro per l’organizzazione delle gare, il collaudo e, per esempio, per far vivere a selezionati ospiti l’esperienza della Red Bull Air Race a bordo dei nostri velivoli da gara biposto. Allo stesso tempo continuo ad allenarmi per le competizioni di volo acrobatico». Le caratteristiche per diventare un pilota professionista (nel mondo non ce ne sono più di 30) sono «prima di tutto tanta passione per il volo e per questo sport, dedizione e disciplina ». E, soprattutto, non soffrire di mal d’aria.

OLIMPIADI DEL CIELO

SENZA FRENI (E MOTORI) Sono dieci le discipline degli sport dell’aria previste dalla Federazione aeronautica internazionale. Oltre all’acrobazia aerea, sono comprese le manovre in elicottero, general aviation, pallone aerostatico, ultraleggeri, astronautic records, paracadutismo, deltaplano e parapendio, volo a vela (alianti). Queste ultime quattro categorie non utilizzano motori, bensì si affidano al vento. Lo skydiving, il tuffo nel cielo, ossia il paracadutismo moderno, è tra le discipline dell’aria più diffuse; per lo più gli atleti si cimentano in stile (sei evoluzioni in un lancio da 2.200 m), precisione in atterraggio (l’obiettivo è centrare un bersaglio a terra), combinata (le due precedenti discipline insieme), paraski (atterraggio con paracadute e gara di slalo

VOLARE IN BICICLETTAm), formazioni in caduta libera (a squadre), free style (a corpo libero), skysurf (con uno snowboard ai piedi atterrando sulla neve). Per fare paracadutismo sportivo occorre una licenza rilasciata dall’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, dopo aver frequentato una scuola e aver fatto un minimo di 50 lanci, di cui almeno 15 negli ultimi 12 mesi. Molto diffusi sono anche il deltaplano e il parapendio, due differenti tipologie di “aquiloni” ai quali ci si imbraga per poi lanciarsi nel vuoto e sfruttare le correnti ascensionali per atterrare dolcemente. In Italia, nel 1976 è nata anche l’Associazione volo libero, che raggruppa le due discipline. I soci in attività sono circa 4.500, più o meno la metà dei piloti italiani di volo libero, e le scuole affiliate sono oltre 50. Secondo l’associazione, negli ultimi anni i praticanti di questo sport sono aumentati del 30%. Purtroppo non mancano gli incidenti, a volte anche mortali, ma secondo gli esperti i livelli di sicurezza, e di conoscenza dei piloti, sono tali che questi eventi sono sempre meno frequenti.

Le stime raccontano che in Italia circa il 5% della popolazione pratica sport estremi. Per gli psicologi, la ricerca di emozioni sempre più forti ha un’origine fisiologica, per la necessità di produrre ormoni, come serotonina e adrenalina, che procurano benessere e piacere. Lanciarsi nel vuoto con il paracadute è un po’ un caso scuola, perché questa attività va contro i naturali meccanismi di auto-protezione e forza quindi l’istinto di sopravvivenza, causando una forte scarica di adrenalina e un’accelerazione del battito cardiaco. Per definizione, lo sport estremo deve abbattere in continuazione nuove frontiere e andare oltre. Perciò non stupisce che un manipolo di avventurosi provi a valicare questi confini. Non solo Felix Baumgartner, che prima di lanciarsi dallo spazio, si tuffava col paracadute da monumenti e grattacieli. Charlotte Voce, giovane acrobatica del team Breitling, è una wingwalker, la camminatrice sulle ali degli aerei, specializzata in spettacoli aeronautici mozzafiato. Tra i vari record del mondo ci sono anche le passeggiate lungo una fune tesa tra due mongolfiere, volare con la moto tra le rive di un fiume (ci è riuscito lo stuntman Robbie Maddison in un volo parabolico di 85 metri) o i funamboli in bicicletta su funi sospese a 1.000 metri di altezza.

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