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Lifestyle

Turisti delle stelle

Nonostante ritardi e incidenti, continua la corsa ai voli spaziali privati grazie all’appoggio del governo Usa. A far concorrenza a Richard Branson sono i grandi imprenditori del mondo digitale, da Elon Musk a Jeff Bezos. E c’è già chi ha costruito i primi alberghi extraterrestri…

Addio alle vacanze spaziali di Brad Pitt, Angelina Jolie e Leonardo DiCaprio.Le tre celebrità dello spettacolo, e conloro altri 800 ricconi possessori di un biglietto per le stelle da 200 mila dollari per posto a sedere, dovranno pazientare ancora un bel po’ per farsi un giro di sei minuti ai confini dell’atmosfera terrestre. La data di partenza al gate dello spazio-portodella Virgin Galactic, nel deserto del Mojave in California, è slittata più volte. Nel 2004 sono partite le prenotazioni, ma nel 2007 è arrivato il primo stop a causa di un incidente a terra. Di lì in poi, malgrado gli annunci di imminente decollo, è iniziata una vera e propria odissea per cercare di mantenere la promessa. E il tabellone della società del magnate Richard Branson, proprietario di Virgin, ha cominciato a dare i numeri. Il via è stato fissato prima per il 2013, poi per l’anno seguente e infine per quest’autunno. Ma l’ultimo incidente, accaduto 11 mesi fa in uno dei test di prova, che ha ucciso il pilota collaudatore della navicella SpaceShipTwo, ha mandato in frantumi – almeno per il momento – il sogno dei viaggi interstellari.

Nello spazio in mongolfiera

Da Torino all’universo

Per carità, il cielo può attendere. Se la Via Lattea splende magnificamente da 11 miliardi di anni, possiam ocredere che un paio d’anni di ritardo sulle ambizioni umane del turismo di massa spaziale non scalfiranno di una virgola la bellezza dell’universo. Ma l’ennesima retromarcia sta facendo sorgere seriinterrogativi sull’effettiva capacità dei privati di poter gestire, in tutta sicurezza, le rotte spaziali. A oggi i passeggeri che hanno messo il naso fuori dall’atmosfera sono solo sette, tutti con portafogli rilevanti. Ha cominciato per primo il miliardario Dennis Tito, che ha versato 20 milioni di dollari per un soggiorno di una settimana abordo della Stazione spaziale internazionale.La società che ha spedito il miliardari oamericano sull’Iss è l’americana Space Adventures, ma la gestione del lancio e del recupero è stata tutta statale, in capo alla Russia e al suo storico vettore Soyuz. Più che un turista, dunque, Tito è stato un finanziatore degli enti internazionali e ha ottenuto in cambio un posto da accompagnatore di astronauti professionisti.

Dal 2009 questa costosissima tipologia di viaggio è stata sospesa. Avrebbe dovuto riprendere questo mese con il lancio della cantante Sarah Brightman, la quale però ha rinunciato per “ragioni personali”. In realtà i tre incidenti che hanno comportato il fallimento delle operazioni di rifornimento e trasporto – la nostra Samantha Cristoforetti ha dovuto aspettare più di un mese che la riportassero a casa – hanno messo in quarantena i turisti. Tuttavia l’ente spaziale di Mosca ha affermato che dal 2018 questi lanci riprenderanno. A patto che si trovi qualcuno disposto a spendere una decina di milioni di euro. Mentre un viaggio sulla Luna, tecnicamente possibile, è offerto sul listino dell’agenzia Space Adventures al modico prezzo di 100 milioni di dollari.

IL CONGRESSO AMERICANO

HA ESTESO LE COPERTURE

STATALI FINO AL 2020

ZERO G Il progetto di Richard Branson, anche se limitato per raggio di azione perché rimane dentro i confini dell’atmosfera, resta comunque ancora il più visionario nella corsa alla conquista privata del cosmo. Quando, e se, Virgin sarà a regime, il volo suborbitale porterà i passeggeri a cento chilometri da terra dove i fortunati viaggiatori potranno ammirare la curvatura del nostro pianeta, galleggiare in assenza di gravità per qualche minuto e dare un’occhiata al nero dell’universo. Il vero balzo in avanti di Branson sta nell’idea di trasportare cittadini a costi “accessibili”, navigando per un periodo come vettore iper-esclusivo, quasi in analogia con i primi voli commerciali intercontinentali, per poi entrare nella fase Economy e infine nel turismo (quasi) di massa. Ma la battuta di arresto di Virgin non sta fermando i pionieri del trasporto interstellare.

Il Congresso Usa ha appena firmato una legge con la quale si estendono le coperture statali alle società del settore fino al 2020. Un sostegno non da poco. E che mette in letargo per altri cinque anni le severe regole della Federal Aviation per l’industria commerciale dell’aerospazio, che potrà continuare a sperimentare i suoi velivoli senza la gabbia di normative stringenti. Nell’ambiente una battuta: «Gli amatori parlano di tecnologie, i professionisti di assicurazioni». Con la progressiva privatizzazione del cosmo, per ora solo sul trasporto merci, sono entrati nel mercato moltissimi operatori. Ma il numero di incidenti conferma che l’approccio è tutt’altro che semplice. Dalla prima all’ultima missione della Nasa, il 5% degli astronauti ha perso la vita. Una percentuale di rischio che ovviamente non è accettabile all’interno di una proposta turistica.

NUOVI PIONERI Nell’era di Internet, però, sembrano essere i grandi imprenditori del mondo digitale quelli che soffrono di più la nostalgia delle stelle. I milionari “ragazzini” della Silicon Valley, quelli che hanno conquistato rapidamente successo e fortuna grazie ai bit, hanno voglia di rifarsi una vita nel segno dell’hardware, quasi a volersi mettere alla prova con i principi della fisica dell’industria pesante. Dopo aver messo alle strette l’editoria – oggi li trovi a gestire fieramente giornali cartacei, da The New Republic (Chris Hughes, co-fondatore di Facebook) al Washington Post (Jeff Bezos di Amazon) – sono pronti a salire in sella a un razzo. Magari riuscendo a tagliare il traguardo prima di Branson.

L’ultimo arrivato è quello che sta compiendo passi da gigante, tali da sorpassare tutti gli altri. Proprio lui, Jeff Bezos, che ha rivoluzionato il commercio al dettaglio mondiale con Amazon e che ora vuole conquistare pure il cosmo. A maggio la sua società spaziale Blue Origin ha effettuato con successo il primo test di lancio di una navicella scortata dal vettore New Shepard. All’interno non c’erano astronauti, ma in futuro, visti i risultati positivi, saliranno a bordo privati cittadini che vogliono provare l’emozione spaziale. Massimo sei posti per viaggio, anche qui è prevedibile la corsa feroce alle prenotazioni. La rotta è simile a quella di Virgin Galactic: un volo suborbitale fino a cento chilometri di altezza. Ma, a differenza di Branson, il vettore parte come un razzo da una piattaforma di lancio e non decolla come lo SpaceShipTwo.

Ecco perché oggi Blue Origin è la società più accreditata a portare, a breve termine, turisti nello spazio. Chi è già un esperto del settore è invece Elon Musk, l’inventore e businessman sudafricano che ha mandato in orbita i sistemi di pagamento digitale con Paypal, poi ceduto a eBay. L’imprenditore, ormai un guru del settore, è già attivo nel trasporto merci con i razzi Falcon e le navicelle Dragon della società SpaceX, dopo aver vinto diversi appalti di commesse Nasa per il rifornimento della Stazione spaziale internazionale. Ora Musk sfida tutti con una promessa, secondo alcuni molto difficile da mantenere: entro il 2020 porterà l’uomo su Marte. E ancora Paul Allen, cofondatore di Microsoft e che dunque potrebbe vivere “vacanze stellari” sulla Terra per il resto dei suoi giorni senza muovere un dito. Eppure lo spirito d’impresa è più forte. E, quindi, ha investito nel 2011 nella società Stratolaunch per un programma industriale che prevede i primi lanci nel 2018.

Imprenditore della vecchia guardia è, invece, Robert Bigelow, milionario grazie alle sue catene alberghiere Budget Suites of America. Mentre gli altri pionieri pensano a come mandare in orbita gli umani, Bigelow si preoccupa di come ospitare i primi turisti. E così ha fondato Bigelow Aerospace, un’avveniristica società che, a partire dal 2007, ha già spedito in orbita alcuni moduli gonfiabili per ospitare i viaggiatori. E allo studio ci sono anche i primi alberghi da montare per la futura colonizzazione della Luna.

L’UNICO SPAZIO-PORTO ATTIVO

È IN KAZAKISTAN

MA RUSSIA E CINA STANNO

COSTRUENDO I PROPRI

CHECK-IN STELLARE Resta il problema del “check-in” orbitale. Con l’addio – o almeno l’arrivederci – allo Shuttle e al programma di trasporto umano della Nasa, l’unico spazio-porto attivo sulla Terra è quello di Baikonur, in Kazakistan. Per spedire gli astronauti Usa ed europei, tocca ai rispettivi governi staccare assegni da diversi milioni di euro ai russi, i quali a loro volta pagano l’affitto al governo kazako. La situazione potrebbe presto cambiare: Mosca sta costruendo un suo scalo per le stelle a Vostocnyj, in Siberia, mentre i cinesi si stanno attrezzando per lanciare i taikonauti dall’isola di Hainan. E poi ci sono i nuovi spazio-porti privati in gara per diventare un giorno i più trafficati sulle rotte interstellari.

Virgin Galactic ha puntato sul New Mexico con il suo Spaceport, Blu Origin di Jeff Bezos invece ha preso casa a Van Horn, in Texas, mentre il miliardario Elon Musk realizzerà a Brownsville, nel Sud del Texas, a circa 600 chilometri dalla storica base della Nasa di Cape Canaveral, la prima rampa di lancio spaziale commerciale. La scelta di posizionare una pista di decollo/atterraggio e piattaforma di lancio porta con sé tutta una lunga filiera che fa gola a Stati e regioni. E procede a colpi di milioni di dollari di incentivi.