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Il mio regno per un cavallo

È il grido disperato del Riccardo III di Shakespeare, rimasto solo e indifeso sul campo di battaglia di Bosworth Field, dove nessuno gli fornì il sospirato cavallo e il povero re perse pure il regno. Ma se qui siamo nel campo della letteratura, sono diversi i cavalli che, accanto a sovrani e condottieri, hanno fatto la Storia. Ecco i più celebri

BucefaloÈ il celebre e invitto stallone in sella al quale Alessandro Magno ha conquistato un impero esteso dall’Egitto all’India. Leggenda vuole che quando Alessandro, a 12 anni, gli montò in sella, nessuno fino ad allora avesse saputo domarlo, e che non si fece mai cavalcare da altri. Rimase ferito nell’ultima battaglia di Alessandro, contro il re indiano Poros, e morì, a 30 anni, sul fiume Idapse. Lì fu fondata la città di Bucefàlia.

IncitatusScrive Dione Cassio che l’imperatore Caligola «invitava Incitatus a pranzo, gli offriva chicchi di orzo dorato e brindava alla sua salute in coppe d’oro; giurava inoltre in nome della salvezza e della sorte di quello e aveva anche promesso che lo avrebbe designato console». Incitatus è insomma il famoso cavallo favorito di Caligola, quello che l’imperatore avrebbe appunto nominato senatore a vita.

MarengoEra lo stallone arabo completamente bianco di Napoleone, importato dall’Egitto dopo la battaglia di Abukir (1799). Alto solo 1,45 cm, era l’ideale per Napoleone, che non era molto alto e accanto a Marengo faceva comunque la sua figura. Nell’ultima battaglia di Waterloo finì nel bottino di guerra degli Inglesi, portato Oltremanica e acquistato dal generale dei granatieri J.J. Angerstein.

MarsalaÈ una delle poche “cavalle” della Storia, e ci salì in groppa Garibaldi dopo il suo sbarco nell’omonima cittadina siciliana, alla testa dei Mille. La cavalla accompagnò il generale nella sua “reconquista” d’Italia e morì a Caprera insieme al suo generale. Si dice che Garibaldi, quando la vedeva giù di tono, la curasse con mezzo secchio di marsala.

BabiecaIl suo nome deriva dal termine spagnolo per “stupido”, esattamente quel che − si narra − esclamò il padrino dell’eroe cristiano El Cid, quando questi da ragazzo lo scelse tra numerosi altri puledri apparentemente più promettenti.