Ci sono uomini dello sport che non gettano mai la spugna. È il caso di Rino Tommasi, 81 anni compiuti da poco, storico telecronista sportivo, massimo esperto di tennis e pugilato, che ha appena dato alle stampe, per le edizioni Gargoyle, la sua ultima fatica: Muhammad Ali. L’ultimo campione, il più grande? . Lo disturbiamo mentre segue in Tv gli ultimi colpi del match tennistico degli Open di Miami tra la svizzera Belinda Bencic e l’americana Sloane Stephens.
La sfida tra Manny Pacquiao e Floyd Mayweather è davvero il nuovo match del secolo?
Ne faranno almeno altri cinque di match del secolo (ride). Ma in verità questo epiteto vale solo per l’epopea sportiva di Muhammad Ali, nella trilogia di incontri con Joe Frazier, o per l’incontro con George Foreman a Kinshasa. In mancanza d’altro, e di pesi massimi degni di questo nome, ci dobbiamo accontentare della rivalità per il titolo dei pesi welter.
Resta comunque l’incontro più pagato della storia…
Naturalmente l’evento raccoglie molte attenzioni. E questo perché purtroppo siamo entrati in un secolo povero di boxe. Ci sono talmente poche occasioni per assistere a del pugilato di livello che quando si presenta un incontro come quello di Las Vegas è normale che piovano i soldi degli sponsor. Ma questo non ci consola. I ragazzi oggi non hanno più voglia di sporcarsi i guantoni e prendere pugni in faccia per provare a scalare le classifiche di questo sport, affascinante ma molto duro. Purtroppo siamo in una fase di declino generazionale del pugilato. E difficilmente riusciremo a riportare le lancette indietro.
Mancano personaggi di rilievo?
In parte sì, ma non del tutto. Pensiamo a Manny Pacquiao, che è un grande pugile e anche un personaggio anomalo e non solo perché proviene da un Paese, le Filippine, che non ha mai avuto una grande storia pugilistica. È uno sportivo e insieme un uomo indubbiamente interessante.
Ci sono Paesi che hanno tolto il bando al pugilato professionistico. Si allarga il bacino di sportivo: è un preludio alla rinascita?
Temo di no. La nota positiva è che il benessere si è diffuso a tal punto che il pugilato non è più una palestra dove coltivare il riscatto sociale. Quella negativa è che uno sport di grande tradizione sta morendo. Il pugilato è relegato nelle gabbie della Tv pay per view. E i tempi di questo sport, con un massimo di duetre incontri per pugile ogni anno, mal si accordano con la rapidità di consumo sportivo della contemporaneità.