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Là dove anche i big sbagliano

Per qualcuno il putt è un vero gioco nel gioco. Per altri il momento più carico di tensione della partita. E qui sta la differenza tra mettere la palla in buca e fare un buco nell’acqua

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Dopo aver scoperto i segreti del chipping ed esplorato potenza e distanze tipiche del drive, oggi completiamo il nostro trittico tecnico con il colpo decisivo per antonomasia. Il putt è stato definito un gioco nel gioco. E infatti la capacità di mandare una palla in buca sul green non ha molto in comune con quella di colpire un drive potente o un ferro in maniera precisa. Viene effettuato utilizzando il putter, strumento decisamente diverso da qualsiasi altro all’interno della sacca, che, a differenza di tutti gli altri, serve per far rotolare, e non volare, la pallina. Con l’aiuto dell’istruttore Carlo Alberto Acutis approfondiamo la conoscenza di putt e putter, due termini spesso usati come sinonimi e che invece rappresentano due componenti ben distinte del golf, seppur strettamente correlate.

NON SOLO TECNICA

Il putting, stando alle statistiche (sia professionisti sia dilettanti), rappresenta in media il 40-45% del numero di colpi tirati in un giro di 18 buche e dovrebbe, quindi, essere una delle parti del gioco maggiormente praticate. Se questo è vero per i professionisti, che trascorrono ore in esercizi e allenamenti, i dilettanti sembrano invece avere una vera allergia alla pratica sul putting green.

Cosa è importante sapere affinché anche il putt ottenga la giusta attenzione da parte dei giocatori del week end?

La tecnica ha una grande importanza, ma ci sono tante variazioni possibili ed efficaci tali da rendere il discorso relativo al putt assai complesso. Mi riferisco al grip, all’address, a come allinearsi, allo swing e, quindi, a come si effettua l’impatto sulla pallina. Si può infatti impugnare il putter in vari modi, posizionarsi in maniera differente davanti alla palla e muovere il bastone correttamente e ottenere un buon risultato. L’importante è trovare il mix che produca il giusto feeling. Quello che ritengo particolarmente conveniente è, invece, guardare le poche caratteristiche che i buoni giocatori di putt hanno in comune.

Quali i punti su cui è possibile esercitarsi per acquisire la giusta fiducia quando ci si trova sul green?

Per prima cosa, gli occhi si devono trovare sopra la linea di tiro (foto 1), mentre la palla sarà posizionata sul piede sinistro (foto 2). Un aspetto fondamentale è mantenere il corpo assolutamente immobile (foto 3a e 3b) fino alla fine del colpo (foto 3c). Per il putt, infatti, colpo che si effettua a velocità piuttosto bassa, è decisivo che al momento dell’impatto la faccia del putter si muova perfettamente allineata con la linea di tiro scelta. In questo modo la pallina, colpita al centro della faccia del bastone (foto 4), proseguirà nella direzione e con la velocità scelte, senza effetti che la allontanerebbero dal target.

LEGGERE IL TERRENO

La peculiarità del putt è che, a differenza di ogni altro colpo, la pallina rotola, aderendo al terreno per tutta la sua traiettoria di cui il giocatore deve, quindi, valutare le eventuali pendenze, frontali e laterali.

C’è una tecnica per leggere le pendenze?

Una prima linea guida è ricordare che la maggioranza dei green sono costruiti con la parte più alta in fondo e la parte più bassa all’entrata del green. Questo fa sì che, se siete corti, il putt sarà quasi sempre in salita (di norma, la condizione migliore), se siete lunghi il putt sarà quasi sempre in discesa, se siete a destra della bandiera, sarà probabile che il vostro putt cali da destra a sinistra, se siete a sinistra della buca, la pendenza più frequente risulterà da sinistra a destra. Un altro aiuto per configurare la pendenza in vicinanza della buca può essere di immaginare il green allagato e trovare i punti di uscita dell’acqua. Ricordatevi anche di osservare tutto il green da lontano, perché da maggior distanza molte ondulazioni sono più visibili.

Pendenze e velocità del green, un binomio alla base dei grattacapi anche dei migliori puttatori…

La capacità di leggere bene le pendenze è indispensabile per fare “one putt”, ma la variabile di gran lunga più importante è il “pace”, e cioè la capacità di trovare la velocità giusta. Sono infatti i putt fuori misura lunghi o corti la causa principale dei tanto temuti tre putt che rovinano i risultati dei praticanti. A volte anche i bravi giocatori fanno tre putt (di solito ciò avviene su distanze molto grandi), mentre la maggior parte dei giocatori fa tre putt sovente anche da distanze ravvicinate. Le statistiche sul numero di putt per giro sono facilmente visibili a tutti per quanto riguarda i giocatori professionisti: è interessante notare che tra questi, nelle classifiche per numero di putt, coloro che fanno 29 putt di media per giro sono ultimi! Per i giocatori dilettanti non esistono statistiche precise, ma nel corso degli anni ho accumulato una grande quantità di dati e la mia stima è la seguente: i giocatori con handicap da 0 a 4 mediamente fanno da 31 a 34 putt per giro; i giocatori con handicap da 5 a 12 ne fanno in media 35/36; i giocatori da 12 a 24 invece fanno dai 36 ai 39 putt; e infine quelli con handicap sopra il 24 si aggirano sui 40 putt per giro.

È possibile farsi aiutare dai maestri per migliorarli, come nel gioco lungo?

Vi sono sicuramente delle eccezioni rispetto a queste stime, ma questi sono dati reali che fanno riflettere. Una mia considerazione è che il putt è forse il solo colpo in cui tutti possono eccellere ed è anche l’unico aspetto del gioco che si può migliorare da soli senza avere sempre l’aiuto di un maestro. Noi possiamo dare indicazioni su posizione, grip, allineamento e movimento del bastone, ma c’è una cosa che non possiamo insegnare a nessuno ed è il “feeling”, che viene solamente con una lunga pratica, per capire immediatamente quale sarà la lunghezza o la velocità del pendolo (il movimento di spalle e braccia nel putt) da effettuare per mettere la palla a distanza di sicurezza. Vedo molti giocatori che muovono il putter in maniera corretta, ma non hanno il senso della distanza. Questo perché si esercitano di rado. Il giocatore medio si esercita sul putting green solo quando c’è ritardo nella partenza del giro, ma non nei suoi allenamenti.

La pratica sul putting green risulta per molti di poca soddisfazione. Qualche esercizio per renderla meno noiosa?

Iniziamo da un buon suggerimento per migliorare il contatto: attaccate dei feltrini sulla faccia del putt lasciando libera la parte centrale (foto 5) e iniziate a colpire la palla. Se rotola normalmente, il vostro punto di contatto con lo sweet spot (il punto al centro esatto della faccia del bastone) è corretto. Se la palla schizza a sinistra avete tendenza a colpire la palla verso la punta e se schizza a destra la colpite verso il tacco. Una volta individuato e corretto l’eventuale errore al momento del contatto, un altro aspetto che può incidere sulla qualità del putting è migliorare la traiettoria: per fare questo, durante la pratica, appoggiate due ferri paralleli con la pallina in mezzo (foto 6a) e cercate di muovere il putter senza colpirli (foto 6b e 6c). Ripetete questo esercizio in modo da rendere naturale il movimento su questo “binario”. E poi provateci anche senza i ferri.

MIGLIORARE IL PACE

Come dicevamo, uno degli errori più frequentemente commesso sul green si riferisce alla distanza che rimane da coprire, dopo il primo putt, per mettere la pallina in buca. Se non è possibile puntare sempre al “one putt”, certamente l’obiettivo di tutti è evitare i “tre putt” che, oltre che sullo score, hanno effetti terribili sulla fiducia del giocatore.

Cosa si può fare per questo?

Migliorare il “pace”, cioè la velocità della pallina verso la buca, e mettersi nella condizione di avere, dopo il primo, un secondo putt “dato” (cioè a una distanza così breve dalla buca che elimina il rischio di errore) è l’obiettivo più importante una volta arrivati in green. Per ottenerlo, il requisito necessario è proprio quello relativo alla distanza e, quindi, alla forza da imprimere alla pallina. Per esercitarvi, appoggiate un ferro un metro dietro la buca, eseguite serie di cinque putt (foto 7) con un sistema di punteggio così concepito: se rimanete corti alla buca, assegnate 0 punti; se arrivate all’altezza della buca, un punto; se imbucate, tre punti; se arrivate tra la buca e il ferro dietro (zona ottimale per il pace), due punti; se toccate il ferro dietro, togliete un punto. Ripetete le serie cercando di migliorare il totale, cominciando da una distanza di tre-quattro metri e gradualmente continuando con distanze maggiori.

C’È PUTTER E PUTTER…

«Sono due le alternative al putter tradizionale (lunghezza media dello shaft 33-35”), il belly (da belly button, ombelico, shaft ca. 43”), che prevede che il colpo sia effettuato con il putter appoggiato all’ombelico, e il long putter, il cosiddetto “puttone” (shaft di ca. 50”) che prevede che il colpo sia effettuato con il putter appoggiato allo sterno. Possono essere valide per chi ha problemi di eccessiva azione di mani durante il colpo. Entrambi, infatti, rendono le mani più passive e sono un vantaggio per i putt medi e corti. Le controindicazioni riguardano maggiormente i putt lunghi dove il controllo della distanza è più difficile. Necessitano entrambi di una pratica assidua».

Credits Images:

Il golfista Rory McIlroy impegnato in un putt nel Wells Fargo Championship a Charlotte, in North Carolina, nel maggio scorso